Star Trek GDR

Versione completa: Chi non borbotta in compagnia...
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I don't need a doctor, damn it! I am a doctor!

Leonard McCoy Umano

Eravamo tornati in infermeria dopo la rocambolesca missione sul pianeta sottostante, in cui simpaticamente i romulani avevano cercato di farci la pelle. Avevo sacrificato il mio tricorder medico e odiavo non aver trovato una soluzione del guardiamarina Abe. Sapevo di non essere infallibile, ma odiavo quella parte del mio lavoro: odiavo non avere risposte, non sapere come reagire, ma ora sembrava andare meglio... però, dovevo essere onesto con me stesso, ero esausto. Probabilmente Spock (o forse Jim?) avrebbe detto un medice, cura te ipsum, dottore cura te stesso, ma allo stato attuale, volevo ubriacarmi e/o andare a letto e non alzarmi per un giorno intero. Sapevo cosa andavo incontro quando mi arruolai nella Flotta e ero ancora più conscio del fatto che mi ero messo in un ginepraio il giorno che divenni amico con Jim Kirk: le giornate non erano più le stesse.

Sotto la luce dell'infermeria dell'Enterprise, i suoni familiari dei monitor medici si intrecciavano con il lieve ronzio dei motori della nave. Ero stranamente molto serio, mentre mi concentravo sull'attività di cura nei confronti di Rekon, il tellarite burbero proveniente dal futuro e che avevo avuto modo di apprezzare.

«Sai, Rekon» cominciò McCoy, rompendo il silenzio «non posso fare a meno di riflettere su quanto accaduto là fuori. Un'anomalia spaziale che ci porta di fronte a Romulani e a un tellarite dal futuro non è proprio la giornata tipica dell'Enterprise. Onestamente non so se considerarla una benedizione oppure no, questo spezzare la monotonia.» ammisi.

«Hai le costole rotte, ti faceva male? Perché non me ne sono reso conto di quanto fosse grave la situazione.» dissi pacatamente.


Per

Scusa la brutta e corta apertura, spero di rifarmi ^^"

Rekon

Tellarite


A differenza di tanti altri ufficiali della Flotta Stellare – che erano sempre troppo impegnati o superiori per sottoporsi alle visite mediche prescritte dal Regolamento – Rekon sapeva perfettamente di non essere immortale né invincibile e non fuggiva alle punturine del dottore come tutte quelle femminucce dalla pelle rosa.

Ovviamente anche lui - nei momenti di crisi - aveva saputo stringere i denti e andare avanti con ferite sanguinanti e ossa rotte, specie durante la Guerra col Dominio, quando il rischio di essere annientati era costante e continuo, ma ciò non voleva dire che non sapesse quando era il momento di staccare e di farsi rattoppare da un segaossa.

Per questo motivo, una volta arrivato sull’Enterprise, si era attardato nell’hangar principale il tempo sufficiente per spiegare al Comandante Scott che genere di pericolo rappresentasse il motore di quella dannata navetta e come trattarlo affinché non apparisse un fo**uto buco nero nel mezzo della Sezione Motori, dopodiché aveva raggiunto l’infermeria e si era sdraiato su un bioletto ringraziando l’infermiera biondina per l’analgesico che gli aveva somministrato, attendendo pazientemente che il Dott. McCoy finisse di prestare soccorso alla ragazzina svenuta e si occupasse di lui.

Quando finalmente il Dottore prese un tricoder e lo visitò non disse nulla inizialmente, per lo meno fino a quando l’umano non gli domandò se le costole gli dolessero. La sua prima risposta fu un grugnito, al quale fece seguire un ironico ”Naah…figuriamoci se mi facevano male. Bisogna saper apprezzare dei pezzi d’osso che ti grattugiano ben benino i muscoli e gli organi interni!”

Quindi, consapevole che le parole dell’uomo erano solo un modo per introdurre un discorso, scoppiò a ridere – benedetto analgesico – e aggiunse dando all’umano dalla divisa azzurra una manata sulla spalla ”Sto scherzando, Dottore, non si preoccupi! Sì facevano un male cane, ma in quella situazione mi sono fatto bastare l’analgesico che mi ha dato. D’altra parte, quando hai dei fo**uti Diavoli dalle orecchie a punta che cercano insistentemente e ripetutamente di farti la pelle…beh… diciamo che le priorità tendono ad essere altre…”

Quindi, più seriamente, rispose alla prima frase con cui McCoy aveva cercato di rompere il ghiaccio, dicendogli ”Beh, un bel complotto da parte della più bellicosa potenza del Quadrante Beta è sicuramente un modo sicuro di rompere la routine, specie se lo shakera con un piccolo incidente temporale e ci schiaffa pure due gocce di rischio di guerra galattica…”

Quindi scosse la criniera striata di grigio e – mentre le ossa si risaldavano sotto l’effetto del rigeneratore maneggiato dal Dottore – aggiunse ”Se può consolarla, comunque, stamattina mi trovavo su un diavolo di cargo, mentre riparavo un orologio a pendolo vecchio di tre secoli mentre aspettavo che quella specie di carretta a pedali mi portasse sulla nave sulla quale sarei dovuto venire imbarcato. Il mio primo incarico operativo dopo che avevo ritirato la domanda di congedo ed ero tornato in servizio attivo… Ed eccomi qui, dopo aver trascorso un paio delle ore più assurde della mia vita su di una specie di palla di ferro fluttuante nello spazio …”

E concluse con un borbottio intraducibile o che – forse – il traduttore si rifiutò per pudore di tradurre.

I don't need a doctor, damn it! I am a doctor!

Leonard McCoy Umano

A differenza di tanti altri ufficiali della Flotta Stellare, che sembravano considerare le visite mediche come un fastidio piuttosto che un bisogno, Rekon dimostrava un approccio più saggio alla propria salute. Capivo il suo punto di vista. Nessuno è invincibile, e anche il più duro dei duri può finire per avere bisogno di qualche "riparazione", volendo rimanere in tema meccanico.
Ascoltai le parole del tellarite e sorrisi, decidendo di fare un po' di sarcasmo. Se volevo, o quanto meno dovevo, tornare me stesso, dovevo pur cominciare da qualche parte e se in un primo momento alzai un sopracciglio alle sue parole riguardo il fatto che apprezzava i pezzi d'osso che grattugiavano i muscoli e gli organi interni, preoccupandomi leggermente, sospirai sollevato quando mi disse che stava scherzando.
«Mi consola che a quanto pare, non manca il senso dell'umorismo e il fatto che le ossa spezzate non sono esattamente una passeggiata neanche per chi ha viaggiato nel tempo, ma mi dispiace non aver avuto un tricorder sotto mano, ma almeno ci ha salvato la vita in un altro modo, meno ordinario.» ammisi con un sospiro, per guardare il volto del tellarite, osservando il suo volto, per poi borbottare «Romulani! Sempre a rovinare la giornata a tutti quanti.»

Non potei fare a meno di sbuffare mentre manipolavo il tricorder e il rigeneratore. «Be', mi sembra che oggi sia stata una di quelle giornate in cui la routine è stata completamente trascinata via; ma volte è proprio quando ci troviamo di fronte a sfide inimmaginabili che abbiamo l'opportunità di mostrare chi siamo davvero.»

La conversazione si è poi spostata verso il passato di Rekon e le esperienze che aveva vissuto prima di arrivare sull'Enterprise e le parole di Rekon sulla sua esperienza personale mi colpirono. Era passato attraverso molte sfide e situazioni fuori dal comune, eppure era qui, ancora in piedi, pronto ad affrontare ciò che veniva gettato sul suo cammino. Mi ritrovai a pensare che le esperienze che ci modellavano, i momenti che ci fanno crescere, sono ciò che ci rendono veramente umani, nonché era proprio questa umanità che ci dava la forza di continuare a esplorare, nonostante tutti i rischi e gli ostacoli... la vita ha un modo interessante di portarci in luoghi inaspettati.

Ascoltai le sue parole sulla sua esperienza su quella "palla di ferro fluttuante nello spazio", annuendo con comprensione. «Ognuno di noi ha la sua storia da raccontare. E sebbene il viaggio possa sembrare inusuale e talvolta irrazionale, credo che sia proprio in quei momenti che troviamo la forza di andare avanti.»

Mentre i macchinari completavano il loro lavoro, ho osservato Rekon per un attimo, riconoscendo che nonostante le differenze, eravamo uniti dall'esperienza umana di fronteggiare l'ignoto. In quel momento, il mio pensiero si è volto al passato, alle battaglie e alle sfide che avevo affrontato, e ho sorriso leggermente, sapendo che eravamo tutti legati da un filo comune di coraggio e speranza.

Rekon

Tellarite


Rekon annuì alle parole di McCoy, borbottando un qualcosa di non facile comprensione, ma che poteva comunque sembrare una forma di assenso, dato il tono.

Il vecchio Tellarite rimase comunque un lungo momento a rimuginare su quelle parole, prima di affermare gravemente ”Sa, Dottore…la mia gente crede che l’Universo sia un enorme, fo**utissimo e perfetto ingranaggio, una ruota dentata mossa da miliardi di ingranaggi più piccoli che si muovono l’uno accanto all’altro, in certi momenti toccandosi e poi allontanandosi…”

Si fermò, mentre la mente correva rapida alla figura della sua ormai persa famiglia…era stato bello il periodo che avevano trascorso insieme, un periodo così importante che non rimpiangeva l’aver lasciato la Flotta per condividerlo con loro. Ma quel periodo era il passato. I loro ingranaggi si erano staccati da lui troppo presto…

Con un movimento del capo scosse la pelliccia ingrigita, come a volersi scrollare dalla mente quel ricordo o – più probabilmente – le emozioni ad esso associate, quindi aggiunse mentre lo scanner del Dottore lo esaminava in cerca di ulteriori ferite da curare ”Visti sotto questa luce, anche gli incontri più assurdi e le tragedie più gravi che un uomo può vivere…beh…assumono una prospettiva diversa…”

Scrollò il capo, mostrando le zanne in una sorta di sorriso ironico mentre aggiungeva ”Mi piacerebbe crederci, sa? Credere che tutte le schifezze che ho visto in sessant’anni di vita siano comunque servite. Che tutti i ragazzini che ho visto saltare in aria abbiano contribuito a qualcosa di grandioso che…”

Fece un cenno con la manona, come a dire di lasciar perdere, quindi concluse ”Ma sono troppo vecchio per queste stron*ate… ormai sono giunto ad una conclusione mia: quando capita una cosa brutta non è perché te la sei cercata, o perché era propedeutica ad un destino più grande. Succede e basta…che sia un guasto ad un motore, una guerra o una invasione. Succede perché siamo schegge impazzite in un universo troppo grande. Quel che possiamo fare…” e gli diede una pacca sulla spalla ”E’ cercare di mantenere in ordine le nostre immediate vicinanze. Né più né meno. E se non basta, berci sopra un goccetto aiuta!”


Mentre scansioni Rekon ti rendi conto che ha subito numerosi importanti interventi di chirurgia ricostruttiva, ancorché enormemente avanzata rispetto al tuo tempo: fegato e polmoni sono stati totalmente sostituiti da organi artificiali, così come buona parte dell’esofago e dell’apparato digerente. Inoltre un occhio è artificiale, anche se il tuo tricoder non riesce ad analizzarne la tecnologia.
Di sicuro deve essere stato soggetto ad uno o più traumi fisici di notevole entità e – probabilmente – ad un processo lungo di riabilitazione. E’ sorprendente sia considerabile abile al servizio attivo.
I don't need a doctor, damn it! I am a doctor!

Leonard McCoy Umano

Mentre scandagliavo Rekon con il mio tricorder, le letture mi lasciarono senza parole: era evidente che aveva subito interventi di chirurgia ricostruttiva avanzatissima, molto al di là di quanto avrei potuto fare con la tecnologia a mia disposizione e mi sentivo un pezzo da museo, antiquato. Polmoni, fegato, tratti dell'apparato digerente, persino un occhio artificiale, ma la tecnologia era così avanzata che il mio tricoder non riusciva a svelarne i segreti... Era come se il suo corpo fosse stato ricostruito da zero, alcune tecniche erano molto più avanzate rispetto alle pratiche mediche che conoscevo.
«Incredibile.» dissi piano, non c'era dubbio che Rekon avesse subito gravi traumi fisici, e probabilmente aveva passato attraverso un lungo e doloroso processo di riabilitazione.. Come poteva un individuo che aveva subito simili interventi di chirurgia avanzata essere ancora abile al servizio attivo? La sua determinazione e la forza di volontà dovevano essere fuori dal comune. Era come se avesse sfidato il destino, mettendo insieme i pezzi del suo corpo e della sua vita con tenacia. Era una testimonianza della resilienza umana... o tellarite, nel suo caso.
Rekon annuì alle mie parole, con un borbottio che sembrava essere un consenso. Rimasi in silenzio per un attimo, osservando il vecchio Tellarite, immaginando quali cicatrici, fisiche e non, potesse portare con sé. Era chiaro che aveva visto molto, che aveva attraversato eventi che lo avevano formato in modo profondo.

Quando finalmente parlò, le sue parole avevano un peso. La sua visione dell'universo come un intricato ingranaggio sembrava riflettersi nel modo in cui aveva vissuto la sua vita. Mi ricordò che ognuno di noi è solo un piccolo ingranaggio in questo vasto e complesso universo, che ci muoviamo tra eventi e situazioni che sono spesso al di là del nostro controllo; ma poi, il suo tono si fece più serio e riflessivo. Parlava del passato, di una famiglia che aveva perso, di momenti che aveva condiviso con loro. Potevo percepire il dolore e la nostalgia nelle sue parole, come se stesse rievocando un capitolo della sua vita che aveva segnato profondamente.

Le sue parole sulla prospettiva mi colpirono. «Visti sotto questa luce, anche gli incontri più assurdi e le tragedie più gravi che un uomo può vivere…beh…assumono una prospettiva diversa…»  E aveva ragione. A volte, solo quando riflettevamo su ciò che avevamo attraversato, riuscivamo a vedere le cose in una luce diversa. Ma potevo anche percepire il suo sforzo nel cercare di mettere da parte l'emozione che lo aveva invaso, come se lottasse contro i sentimenti che quei ricordi avevano scatenato.

Le sue parole finali mi fecero sorridere. L'idea di cercare di mantenere in ordine le proprie vicinanze, di affrontare ciò che potevamo controllare, era una filosofia che avevo spesso abbracciato. «Né più né meno» risposi con un sorriso sincero, apprezzando il suo pragmatismo.

E quando concluse con l'invito a berne un goccetto, non potei fare a meno di ridere. «Beh, Rekon, sembra che abbiamo almeno una cosa in comune e credo che un buon goccetto ogni tanto possa aiutarci a tenere a bada quelle schegge impazzite dell'universo. Tengo qualcosa nella mia riserva personale, giusto per... proposito medico, ovviamente. Dici di contattare anche il capitano?» chiesi con un mezzo sorriso, mentre il mio tricorder continuava a lavorare per scansionare il suo corpo, mi resi conto che c'era molto di più dietro a questo Tellarite che aveva visto così tanto. Aveva condiviso frammenti della sua storia con me, e mentre continuavo a prendere nota delle sue condizioni mediche, sapevo che avrei portato a lungo con me queste riflessioni, insieme alla consapevolezza che ogni individuo ha una storia profonda e complessa da raccontare.

Rekon

Tellarite


”Adesso sì che parla la mia lingua, Dottore!” ridacchiò il vecchio ingegnere, il tono volutamente alto e chiassoso, al punto da chiedersi se si trattasse di allegria reale o di un tentativo di scacciare brutti pensieri simulando l’allegria fino ad autoconvincersi di essere in tale stato d’animo.

La pacca sulla spalla fu però determinata e abbastanza forte da far barcollare per un istante McCoy, segno che quel corpo tozzo poteva anche essere vecchio e pesantemente rammendato, ma decisamente era ancora tenace ”Per anni ho cercato di spiegare ai suoi colleghi su parecchie navi che una buona predisposizione di spirito…” e calcò decisamente la parola spirito ”è propedeutica a qualsiasi processo di guarigione e molto più efficace di consiglieri, strizzacervelli e di parecchi tipi di medicine, ma niente da fare…un MOE a volte è meno testardo di alcuni dottori. Bah…”

Ovviamente quel McCoy non poteva sapere cosa fosse un MOE, dato che sarebbero trascorsi ancora molti anni prima dell’invenzione dei Medici Olografici di Emergenza, ma Rekon aveva letto la biografia di Lewis Zimmerman e sapeva che l’Ammiraglio in pensione McCoy era stato uno dei 47 chirurghi le cui competenze e procedure erano state caricate nel primo modello. E, a quanto pareva, all’inaugurazione del Programma MOE l’arzillo centenario aveva anche espresso alcuni commenti piuttosto irriverenti sul prototipo! ”E poi dicono che noi ingegneri siamo degli Zucconi…”

Si alzò dal bioletto facendo cenno a McCoy di precederlo, comunque sinceramente lieto di aver trovato qualcuno disponibile a chiacchierare come si fa tra persone civili, senza robacce syntalcoliche tra i piedi, ma con una vecchia, sana bottigila di…beh, di qualunque cosa, purché fosse buona per accompagnare due chiacchiere allegre e tenaci. Il Dottore, infatti, gli aveva dato da subito l’idea di una persona dalla lingua tagliente, qualcuno con cui una bella discussione sarebbe stata interessante e distensiva.

Questa era una cosa che mancava alla maggior parte delle razze della Federazione, pensava Rekon: nella propria spinta a crescere, espandersi ed accogliere nuove genti, gli abitanti della Federazione avevano perso il gusto dello scontro verbale e della discussione, in favore di approcci accomodanti ed aperti alla visione dell’altro.

Non che fosse una cosa sbagliata, in termini assoluti, ma a volte c’era bisogno di scontrarsi, di sbattere le corna come facevano i grandi predatori su Tellar. Perché dal modo in cui una persona difende le sue idee è possibile capire molte cose, molte più che da ore di colloqui formali in punta di forchetta. Era per questo che spesso i Tellariti si portavano verbalmente all’attacco, quando volevano conoscere o capire i loro interlocutori.

Per questo e per l’inebirante piacere di discutere per ore di qualsiasi cosa!

McCoy propose a quel punto di estendere l’invito anche al Capitano della nave, e Rekon allargò le braccia rispondendo ”Mio caro Dottore, io conosco il suo Capitano da quel che i libri di storia dicono di lui, ma – appunto – parliamo del Capitano Kirk. Sinceramente non so dirle se l’Uomo James Kirk apprezzi o meno questo tipo di terapie…o la compagnia di un vecchio brontolone come il sottoscritto!”

E scoppiò in una nuova risata, che scosse la figura bassa e tozza attirando l’occhiata curiosa dell’infermiera biondina che – nonostante a tarda ora – stava lavorando ad un tavolo di sintesi, probabilmente intenta ad analizzare qualcosa.

Ma ormai Rekon si era incuriosito, così aggiunse ”Mi dica…com’è il suo Capitano? Sembra così dannatamente giovane…eppure ha un carisma notevole ed una sicurezza di sé che ho conosciuto Ammiragli ucciderebbero per avere. Certo, parliamo di Ammiragli che sono perfetti relegati a terra in un ufficio nel quale vengono giornalmente rinchiusi dai loro attendenti con montagne di inutili scartoffie preparate appositamente per tenerli impegnati affinché non possano combinare danni, si capisce, ma pur sempre gente coi suoi bei due/tre chili di spille e spillette sul bavero dell’uniforme…”
I don't need a doctor, damn it! I am a doctor!

Leonard McCoy Umano

Risposi al tono scherzoso e al sorriso di Rekon con uno sguardo compiaciuto. Avevo riconosciuto in lui un'anima affabile, nonostante la dura scorza da Tellarite. Era sorprendente come l'umorismo potesse diventare un baluardo contro le difficoltà della vita, un modo per tenere a bada i brutti pensieri. Ero quasi certo che quella risata fosse genuina, e aveva un effetto contagioso su di me.

La sua pacca sulla spalla era decisa e confesso che mi aveva fatto sobbalzare un po'. Quel corpo tozzo e fortemente rammendato nascondeva ancora una notevole forza. Le sue parole sul MOE e dei miei colleghi mi fecero sorridere. Avevo sempre sostenuto che il buon umore e la prospettiva positiva erano spesso più efficaci delle medicine, ma sembrava i miei colleghi medici del futuro non la pensassero come me, non tutti per lo meno. «Non so cosa sia un MOE, ma so cosa intendi. Ho avuto le mie dispute con colleghi testardi anch'io e talvolta per gli stessi motivi; ma sai, la testardaggine fa parte del nostro mestiere. A volte crediamo di sapere la soluzione, ma talvolta non ci avviciniamo nemmeno.»

La sua menzione degli ingegneri mi fece ridere. «Ah, gli ingegneri! Possono essere molto testardi, forse esattamente come i medici, ma sono anche coloro che mantengono queste navi funzionanti. È una professione difficile, ma qualcuno deve farla e vale per entrambe le professioni» dissi allegro.

Quando Rekon mi faceva cenno di precederlo, gli feci cenno di seguirmi, per andare nella parte dell'infermeria dove tenevo l'alcool. Era evidente che Rekon apprezzava una buona conversazione senza le distrazioni delle bevande sintalcoliche. La sua voglia di discutere, di confrontarsi verbalmente, era un tratto che mi sembrava familiare. Era come se avessimo entrambi uno spirito da... polemisti.

Mentre facevo strada a Rekon fuori dall'infermeria, riflettevo sul fatto che queste conversazioni a cuore aperto erano qualcosa che mancava spesso nella Federazione. Eravamo diventati così aperti al dialogo e alla comprensione reciproca che a volte avevamo perso il gusto per il confronto e la discussione. Rekon, con il suo spirito combattivo, sembrava portare un po' di quella vecchia scuola a bordo dell'Enterprise.

«Sono sicuro che Jim sarebbe felice di unirsi a noi per un bicchierino se ha un attimo di tempo; senza contare che ha già un amico brontolone ed è nientemeno che il sottoscritto. È un tipo straordinario, e sono sicuro che apprezzerebbe la tua compagnia..» dissi con un sorriso, per poi avvicinarmi al comunicatore da parete.

«Jim, qui McCoy. Stavo parlando con Rekon, il nostro ospite Tellarite. Abbiamo pensato che potrebbe essere una buona idea condividere un bicchierino e una chiacchierata. Che ne dici? Ti unisci a noi?» chiesi per poi tornare a guardare il nostro ospite.

Quando parlò del Capitano Kirk, il mio sguardo si illuminò. Era chiaro che il tellarite avesse un'opinione positiva su di lui. «Il Capitano Kirk è un uomo straordinario, Giovane, sì, ma con un carisma e una determinazione fuori dal comune. È un leader nato, capace di prendere decisioni rapide e coraggiose, anche se talvolta io e Spock non siamo esattamente concordi con il suo modo di agire, ma onestamente sono contento di servire sotto di lui.» risposi con orgoglio

Ricordai le molte volte in cui ero stato al suo fianco in situazioni difficili e come aveva sempre trovato un modo per superarle. «E sì, ha sicuramente una personalità forte, non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, ma è anche un uomo di grande compassione e umanità. Si preoccupa sinceramente per il suo equipaggio e farebbe qualsiasi cosa per proteggerli.»

Poi mi fermai un attimo e gli sorrisi. «E sì, a volte può essere piuttosto... impulsivo, ma è proprio quello che lo rende così affascinante. Nonostante la sua giovane età, ha un talento naturale per risolvere le situazioni complesse e per vedere le opportunità dove gli altri vedono solo ostacoli.»

Continuammo a camminare, e la conversazione fluiva con naturalezza. Era un piacere parlare con Rekon, un uomo che apprezzava una buona discussione tanto quanto me. Mentre ci dirigevamo verso il luogo in cui avremmo condiviso una bevanda e qualche altra chiacchierata, riflettevo su come la diversità delle esperienze e delle prospettive potesse arricchire la nostra comprensione del mondo e dell'universo che ci circondava. Era una notte insolita, ma mi stavo godendo ogni istante di questa conversazione inaspettata con un vecchio e saggio Tellarite.


non so se vuoi unirti anche tu alla fine Tongue
Where I come from, if someone
saves your life, you don't stab them in the back.

James T. Kirk | Human

Era stata una lunga giornata, l'escursione sul pianeta aveva creato tutta una serie di complicazioni fuori programma tra i romulani e i loro progetti, un viaggiatore del tempo venuto dal futuro, gli alieni che si erano ritrovati letteralmente il pianeta invaso senza poter fare nulla per difendersi... e l'interfono. Jim tirò mentalmente un sospiro di sollievo nello scoprire che non si trattava di altro lavoro o di una qualche emergenza. Ci puoi scommettere. rispose con un sorriso, mentre il suo sguardo cadeva distrattamente sullo schermo del computer raggiungetemi nel mio ufficio, ho una cosa da finire... ma non ci vorrà molto promise.

Rekon

Tellarite


Rekon seguì tranquillo il buon dottore, che lo guidava con sicurezza lungo i corridoi dell'Enterprise.

Era il turno di notte e c'era poca gente in giro, cosa che consentiva loro di camminare praticamente affiancati, senza ostacolare il viavai ordinario dell'equipaggio.

Era sempre sembrata una cosa strana a Rekon: nello spazio non c'erano giorno e notte, quindi perché prevedere un turno a bassa illuminazione, con meno gente attiva rispetto agli altri?

Forse era una questione fisiologica, o almeno così gli pareva di avere letto: gli umanoidi erano abituati a cicli giorno-notte e il riprodurli gli consentiva di abituarsi meglio alle ovvie limitazioni che la vita nello spazio richiedeva.

Lasciando perdere quella riflessione oziosa rispose invece al dottor McCoy, dicendogli "Beh, per certi versi i nostri lavori sono simili: entrambi passiamo la maggior parte del nostro tempo a cercare di impedire che ciò che ci è stato affidato - la salute dell'equipaggio per lei, i sistemi della nave per me - si guastino. E poi, quando succede, dobbiamo correre per sistemare il guaio..."

Istintivamente si toccò l'occhio che McCoy sapeva essere artificiale, poi aggiunse "Certo, il suo lavoro è più difficile, perché una astronave può essere sostituita e una vita no, ma anche lì dipende dalla situazione..."

Non sempre una nave non più riparabile poteva essere infatti abbandonata per tempo salvandone l'equipaggio e - in determinate circostanze sfortunate - la distruzione di una nave poteva costare anche molte vite innocenti, o interi pianeti.

"E poi, saltuariamente, ti capita anche il momento lieto in cui fai nascere un bambino o vari una nave, no?" chiese ridacchiando, mentre si trovava a chiedersi se le due emozioni fossero comparabili. In fondo era stato emozionante avviare per la prima volta il reattore della Nova, dopo averlo progettato e costruito...forse un medico sentiva la stessa cosa facendo nascere un bambino!

Nel frattempo avevano cambiato argomento e, mentre si incamminavano verso l'ufficio del Capitano, McCoy cominciò a parlargli dell'uomo dietro la leggenda.

Rekon ascoltò in silenzio, sinceramente colpito dalla lealtà e dal rispetto che le parole del medico trasmettevano. Lui avrebbe potuto parlare altrettanto bene dei numerosi Capitani che aveva avuto?

Forse no, si trovò ad ammettere. Erano stati tutti brave persone, brillanti e abili...ma nessuno era diventato una leggenda, nessuno aveva quel qualcosa in più che gli avrebbe permesso di imprimere la propria figura nella storia.

Fece un lungo cenno di assenso, prima di concludere "Beh, siete stati un equipaggio fortunato, allora... Sta descrivendo un tipo di comandante raro da trovare..."

Erano giunti davanti alla porta del Capitano e lasciò fosse McCoy a suonare, ma intanto concluse "Ma non glielo dica mai troppo chiaramente...i Capitani devono sempre essere tenuti un po' sul chi vive, per rendere al meglio..."

E scoppiò a ridere, non rendendo così chiaro quanto fosse serio circa l'argomento.

I don't need a doctor, damn it! I am a doctor!

Leonard McCoy Umano

Mi piaceva camminare lungo i corridoi dell'Enterprise durante il turno di notte. C'era una tranquillità che mi faceva apprezzare ancora di più la bellezza della nave e il silenzio spaziale che la circondava. Era un momento in cui potevo riflettere senza le distrazioni della vita diurna.Le parole di Rekon mi fecero sorridere. Era interessante come entrambi avessimo lavori che richiedevano attenzione costante per evitare guasti e problemi. «Concordo. Entrambi ci occupiamo di mantenere le cose in ordine; e sì, ci sono momenti in cui tutto sembra crollare intorno a noi e dobbiamo correre per risolvere il caos.»
Quando Rekon toccò l'occhio artificiale, immaginai che stava riflettendo sulla sua professione. «È vero, il mio lavoro può essere più difficile in certi casi, ma come hai detto, dipende dalla situazione. E in fondo, entrambi cerchiamo di preservare la vita e il benessere delle persone, o delle navi, che ci sono affidate.» concordai.
La sua domanda sulla gioia di assistere a nuove nascite o alla creazione di qualcosa di nuovo mi fece sorridere. «Si, è vero, ci sono momenti di gioia nel mio lavoro, come quando assisto a una nascita o quando vedo un paziente riprendersi da una grave malattia. E immagino che sia simile per te quando riesci a riparare una nave o a farla funzionare meglio di prima. Sono quei momenti che ci fanno apprezzare il lavoro che facciamo.»
Continuammo a camminare mentre Rekon rifletteva sulle parole che avevo detto riguardo al Capitano Kirk. Era evidente che aveva una profonda ammirazione per il mio amico e Capitano. Le sue parole mi fecero sentire orgoglioso di far parte dell'equipaggio dell'Enterprise.
Quando arrivammo davanti alla porta del Capitano, Rekon fece un commento scherzoso sulla necessità di mantenere i Capitani sul chi vive. Annuii con un sorriso divertito. «Sarà fatto, ma devo ammettere comunque io mi diverto troppo a contestare di tanto in tanto.» Poi suonai il campanello per annunciare la nostra presenza, ansioso di vedere come sarebbe andato l'incontro tra il sottoscritto, Rekon e il Capitano Kirk.
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