RE: Non mi piace stare all'inferno -
@Les - 01-01-2024
Korinna allargò le braccia in un moto di frustrazione: avrebbe volentieri dato una mano, ma quelli che si ritrovava davanti erano geroglifici incomprensibili. In un'altra situazione avrebbe forse provato uno per uno i comandi finché fosse riuscita a far rispondere la nave in qualche modo, ma al momento l'unica cosa che riusciva a capire dalle luci rosse che lampeggiavano ovunque, era che più di una cosa non funzionava. Cosa devo fare? chiese, cercando di seguire alla meno peggio le indicazioni dell'altra donna. Aveva seguito diversi corsi di pilotaggio in Accademia e se si fosse trattato di una navetta federale sarebbe molto probabilmente riuscita a farla atterrare, ma in quel momento si pentì amaramente di non aver seguito qualche corso di klingon, invece.
Fortunatamente, nonostante la situazione apparentemente disperata, Seeth riuscì a mantenere la calma abbastanza da darle qualche istruzione e, una volta compresi i comandi principali, Korinna riuscì quantomeno a non peggiorare la situazione. L'impatto fu comunque violento: la navetta colpì terra una prima volta e un ampio squarcio si aprì nella paratia laterale. La betazoide si aggrappò con tutta la forza che aveva alla console che aveva di fronte, ma fu comunque sbalzata all'indietro. Fortunatamente la poltrona che aveva dietro di sé la trattenne prima che andasse a sbattere violentemente contro una delle paratie. La navetta rimbalzò una seconda volta, poi si capovolse e rimbalzò una terza, prima di arrestarsi contro un cumulo di neve a breve distanza da un profondo dirupo.
Korinna attese qualche istante per accertarsi che la navetta fosse realmente ferma, poi si guardò prudentemente attorno: c'erano rottami ovunque e la navetta era stata letteralmente sventrata. Rahnaz!? chiamò, non riuscendo a vedere nessuno dei due klingon che erano assieme a lei. Una folata di aria gelida le sferzò il volto e una goccia di sangue macchiò la neve che la circondava. Se avesse avuto uno specchio si sarebbe accorta di avere una ferita superficiale alla testa, ma tra il freddo, l'incidente e le sensazioni che quel luogo le trasmetteva era troppo intontita per rendersene conto. Si prese qualche istante, poi si tirò in piedi, felice di constatare che non sembrava avere niente di rotto. Rahnaz!? chiamò di nuovo, non avendo sentito risposta.
RE: Non mi piace stare all'inferno -
Neris - 04-01-2024
Victory is not achieved if an Empire is destroyed in order to win a war, and it is not failure if a battle is backed away from in order to preserve an Empire.
Seeth Rahnaz Mezza Klingon
Riprese coscienza lentamente, con la vaga sensazione che qualcuno la stesse chiamando. Le ci volle qualche istante perché i suoi occhi mettessero a fuoco il luogo in cui si trovava, quasi abbagliati dal bianco della neve che sembrava essersi infilata ovunque in quello che rimaneva della navetta, e qualche momento ancora perché il suo cervello riuscisse a capire, a ricordarsi, di dove si trovava e cosa le era successo. Suder, sono qui! Chiamò con voce roca, alzando la mano buona oltre il tumolo di neve ghiacciata che miracolosamente non l'aveva sommersa. A quanto sembrava, nell'impatto era stata sbalzata dal suo posto: non piacevole, considerando il dolore al braccio sinistro, ma decisamente il male minore visto com'era accartocciata la parte anteriore della navetta. Ancora viva, anche se credo di essermi lussata una spalla. Ha visto Xennik? Domandò mentre si alzava barcollante in piedi, chiedendosi che fine avesse fatto il loro pilota. L'uomo aveva preso una brutta botta all'esplosione delle bombe, ma i klingon erano particolarmente resistenti quindi... ghuy'. Imprecò. Niente, l'ho trovato. O, più correttamente, aveva trovato il suo corpo mezzo maciullato sotto una lamiera. Non si avvicini, non è una bella visione. L'avvertì.
I sensi di colpa c'erano, era innegabile, ma sapeva bene che non c'era stato il tempo di mettere in sicurezza l'uomo. Con un sospiro, Seeth si riscosse. Non c'era molto che poteva fare per i morti, così si sarebbe concentrata sui vivi. Combattendo un giramento di testa, scavalcò il mucchio di neve per raggiungere Suder. Tutto a posto? Domandò, notando del rosso sulla testa della betazoide. Sangue. Non che Seeth credesse di essere messa molto meglio: quando aveva controllato il suo braccio sinistro, ancora dolorante e poco responsivo, aveva notato delle macchie rosate sulla manica del suo giaccone. Era però indubbio che una botta alla testa potesse essere pericolosa, quindi era meglio darvi un'occhiata. Dovrebbe esserci un kit medico qui da qualche parte. Disse, cercando di orientarsi in quello che rimaneva della navetta. ..e abbigliamento termico. Per quanto già indossassero abbigliamento idoneo, la loro destinazione avrebbe dovuto essere un complesso carcerario riscaldato e non un ghiacciaio. Era stata però considerata la possibilità che si fossero trovate costrette a visitare le miniere, così il dovuto equipaggiamento era stato caricato sulla navetta. Dovevano solo sperare che non fosse finito in mille pezzi.
RE: Non mi piace stare all'inferno -
@Les - 04-01-2024
Il vento sferzava sulla superficie ghiacciata del pianeta, coprendo gli altri suoni. Se non fosse stato per la mano che vide spuntare tra la neve, difficilmente Korinna sarebbe riuscita ad individuare la collega. Provò un moto di sollievo quando la vide rialzarsi: per quanto la betazoide avesse seguito il rigoroso addestramento della Flotta Stellare, l'ide di ritrovarsi da sola, su un pianeta alieno e inospitale, circondata da criminali, non era esattamente la sua idea di giornata piacevole... avere dalla sua parte qualcuno che conosceva la cultura di quella gente ed era in buoni rapporti con loro, faceva sembrare l'intera situazione un po' più gestibile.
Temo di no... fu costretta a rispondere, quando l'altra le chiese se avesse visto il pilota della navetta. Il velivolo era completamente sventrato, ma considerando che loro sembravano essersela cavata non c'era alcuna ragione di immaginare il peggio. Almeno finché la klingon non imprecò: quella era una delle poche parole che Korinna aveva già imparato, e anche se così non fosse stato il tono di voce della Rahnaz non lasciava intendere niente di buono. Korinna si alzò prudentemente, incrociando le braccia nel tentativo di proteggersi dal freddo sto bene, non si preoccupi per me... rispose sincera la betazoide. Forse si trattava del freddo, forse dei postumi di quel brutto volo, forse il fatto che non era distratta da mille pensieri e discorsi o forse ancora il fatto che erano atterrate più lontane del previsto dalla zona di detenzione, ma le sue percezioni si erano fatte meno intense e finalmente iniziavano a darle tregua.
C-come procediamo? si informò, tremando per il freddo pungente. Sapeva di essere lì solo per supportare la klingon ed ogni decisione relativa a quel caso spettava a lei. Cautamente la donna si arrampicò all'interno del relitto per raggiungere il kit medico. Non fu del tutto sorpresa di scoprire che non conteneva nemmeno un tricorder. Non aveva idea di cosa si trovasse all'interno dei flaconi presenti nel kit, ma aveva la netta impressione che fossero rimedi assai rudimentali. Vuole che le immobilizzi quel braccio? si informò in direzione della collega, attendendo la risposta prima di aiutarla ad infilare la giacca pesantemente imbottita, in grado di resistere alle rigide temperature di quel mondo.
RE: Non mi piace stare all'inferno -
Neris - 15-01-2024
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Seeth Rahnaz Mezza Klingon
Seeth odiava il freddo. Essere mezza klingon la rendeva più forte di un tipico trill ma, dall'altro lato della medaglia, le dava una minore tolleranza alle basse temperature... e, su Rura Penthe, faceva freddo. Dannatamente freddo. Mm... preferirei avere entrambe le braccia funzionali. Considerò, alla domanda di Suder, mentre dava un'occhiata al kit medico da lei trovato. Notata l'assenza del tricorder medico, Seeth si ritrovò a maledire mentalmente il modo di pensare dei suoi compatrioti, che tendevano a sottovalutare l'importanza di mantenere aggiornato quel tipo di kit d'emergenza. Con un sospiro, la mezza klingon recuperò con la mano buona un piccolo flacone. Controllata la data di scadenza, lo inserì nel hypospray e se lo iniettò nel braccio. C'erano guerrieri che avrebbero rifiutato quell'iniezione ma Seeth non era così masochista da tentare quella manovra senza essere sotto l'effetto di un antidolorifico.
Immagino che una certa dottoressa mi sgriderà ma... mi dia una mano a sistemare questa spalla. Stringendo i denti, si costrinse ad iniziare la manovra necessaria per riportare la testa omerale nella sua posizione naturale. Non era un'azione ideale, in quanto non era un ufficiale medico e non aveva potuto controllare la situazione della sua spalla con un tricorder, ma non era così anomala per un klingon. Il suo popolo era pieno di fanatici della guerra pronti a fare qualsiasi cosa per poter tornare a combattere con rapidità. Non che Seeth approvasse quello stile di pensiero, ma non aveva idea di cosa le aspettasse su quel pianeta. Meglio un braccio semi-funzionante ora e problemi futuri, che un braccio quasi completamente bloccato in una situazione di emergenza.
Se tutto fosse andato per il meglio, avrebbe chiesto a Suder di aiutarla a bendare la spalla in modo tale da evitare una nuova dislocazione ma senza compromettere eccessivamente i suoi movimenti, poi si sarebbe finalmente rifugiata nella giacca imbottita.
Credo abbiamo due opzioni: o attendere i soccorsi Non esattamente il modo di fare klingon, ma il suo lato trill considerava l'idea particolarmente sensata. o cercare di raggiungere la struttura più vicina. Non che ci sia molto su questo pianeta oltre al complesso carcerario e le varie miniere... Disse, mentre estraeva con qualche fatica il tuo security tricorder e attivava la sua funzione di scansione per generare una mappa dell'area e cercare di capire dove diamine fossero finite.
RE: Non mi piace stare all'inferno -
@Les - 15-01-2024
Korinna non era certo un medico, ma allo stesso tempo per impressionarla sarebbe servito ben più di qualche graffio; sarebbe stata disponibile ad aiutare la klingon con quella procedura, se solo avesse capito in tempo cosa fosse successo e come aiutarla. Purtroppo le sue abilità telepatiche al momento erano fuori uso e non si era mai realmente abituata ad intuire le intenzioni altrui senza farvi ricorso. Non che normalmente quell'abilità sarebbe stata di una qualche utilità, ma c'erano rari casi come quello attuale in cui, al contrario, avrebbero potuto risparmiare un po' di sofferenze, tipo quelle che la klingon aveva deciso di autoinfliggersi contorcendosi a quel modo.
Lo sa che poteva chiedermi una mano, vero? chiese paziente, mentre srotolava una delle bende attorno al braccio della collega per bloccarlo in posizione. L'addestramento militare della Flotta non sarà al pari di quello klingon, ma le assicuro che ho visto di peggio. fece notare, aiutando la donna ad infilare la giacca, prima di mettere via ciò che rimaneva del kit di pronto soccorso.
Crede che qualcuno verrà a cercarci? Per quanto ne sanno potremmo essere morti nell'impatto. si informò Korinna, dando un'occhiata rapida a ciò che rimaneva del pannello delle comunicazioni. Non le serviva certo conoscere il klingon per intuire che fosse inutilizzabile. Per eventuali soccorritori sarebbe sicuramente stato più semplice ritrovarle se non si fossero allontanate dal luogo dell'impatto e probabilmente sarebbero riuscite a recuperare, tra i rottami della navetta, qualcosa che consentisse loro di accendere un fuoco e mantenere una temperatura accettabile per qualche ora... ma poi? Se nessuno fosse arrivato in loro soccorso, rischiavano che quella scelta le portasse ad assiderare. La betazoide tremò leggermente e nemmeno lei avrebbe saputo dire esattamente se fosse per il freddo, per quella prospettiva, o entrambe.
L'idea di andarsene in giro, tuttavia, poteva rivelarsi altrettanto rischiosa: nella neve era difficile distinguere una direzione dall'altra e, per quanto la riguardava, non aveva alcuna idea della planimetria della struttura che stavano cercando di raggiungere: il rifugio più vicino avrebbe potuto essere in qualunque direzione. Non conosceva i rischi che avrebbero potuto incontrare in quell'ambiente, né aveva idea di come l'avrebbero presa i klingon se avessero iniziato a girovagare per quel loro pianeta prigione. Temo di non avere abbastanza elementi per poter prendere una decisione disse, guardandosi attorno. Mi fido del suo giudizio. decise mentre si stringeva nella propria giacca. Qualunque sarebbe stata la decisione finale, era il caso che si dessero una mossa se non volevano diventare due pupazzi di neve.
RE: Non mi piace stare all'inferno -
Neris - 25-01-2024
Victory is not achieved if an Empire is destroyed in order to win a war, and it is not failure if a battle is backed away from in order to preserve an Empire.
Seeth Rahnaz Mezza Klingon
Questo è vero, Ammise, mentre controllava il risultato della scansione del tricorder. ma ci troviamo su un pianeta carcerario. Anche se ci credessero morte, sarebbe comunque loro dovere assicurarsi di ripulire l'area di qualunque tecnologia o attrezzatura che potrebbe diventare un'arma nelle mani dei prigionieri. Arriveranno di sicuro. L'unico quesito è se rimanere qui sia l'opzione più sicura.
Mentre parlava, porse il tricorder alla betazoide perché anche lei potesse vedere i risultati della scansione. La mappa era imprecisa e piena di errori, e non c'era modo di sapere se le forme di vita rilevate (alcune delle quali parevano in avvicinamento) fossero animali o umanoidi, ostili o alleate. Anche per la tecnologia klingon, quello era un pessimo risultato per la scansione di un tricorder. Poteva significare solo una cosa... Interferenze. Ci troviamo quasi certamente all'interno di uno dei campi magnetici. Questo da una parte è positivo, in quanto significa che siamo vicine ad una delle miniere, dall'altra significa che abbiamo scanner e comunicatori fuori uso. Col sistema di comunicazioni della navetta avrebbero, con ogni probabilità, potuto superare le interferenze ma era andato distrutto durante l'impatto. In altre parole, non solo non avevano modo di contattare i soccorsi ma erano anche cieche. Per quanto ne sapevano, c'era la stessa possibilità che i segnali di vita rilevati dal tricorder appartenessero a soccorritori che a carnivori nativi del pianeta. Sempre che non fossero semplici errori dovuti alle interferenze.
Propongo di esplorare l'area circostante, alla ricerca di un riparo o di segni di civiltà. Provò a dire, insicura su come agire quanto Suder. Solo capendo cosa avevano attorno avrebbero potuto decidere se rimanere in zona, in attesa dei soccorsi, o dirigersi verso l'eventuale miniera, se l'avessero trovata. Si ricordi solo una cosa, difficilmente i prigionieri saranno nostri alleati. Se sono umanoidi e non sono guardie, con ogni probabilità si tratta di nemici.
RE: Non mi piace stare all'inferno -
@Les - 25-01-2024
Korinna mosse un cenno di assenso: non era un'esperta di sistemi carcerari, men che meno di quelli Klingon, ma l'idea che, di lì a poco, qualcuno sarebbe andato a controllare il luogo dell'impatto non sembrava affatto una brutta notizia per quanto riguardava loro e le loro probabilità di sopravvivenza. Con le proprie sensazioni completamente sopraffatte dai troppi stimoli, tuttavia, non le era facile capire per quale ragione la Klingon non sembrasse altrettanto felice di quella notizia. Temo di essermi persa qualcosa... confessò c'è qualcosa oltre al freddo di cui dobbiamo preoccuparci? chiese. Sì, certamente non avrebbero fatto una grande impressione a chiunque dirigesse quel carcere schiantandosi ben lontano dal luogo assegnato loro per l'atterraggio, ma niente che un po' di sana diplomazia non potesse correggere.
Ancora non riusciva a decifrare se la Klingon fosse preoccupata per qualcosa, semplicemente indolenzita per il brutto volo o se quello sguardo tanto corrucciato fosse semplicemente la sua espressione naturale. Non poterla percepire era frustrante e la situazione incerta di certo non aiutava a migliorare l'umore della betazoide, che in quel momento avrebbe tanto desiderato potersi godere un bel bagno caldo... in tal caso... presumo sia meglio restare assieme decise Korinna, allontanando l'allettante pensiero dell'acqua calda che dubitava avrebbe visto anche nel caso in cui fossero riuscite a ritornare vive alla nave.
Armi non ne abbiamo, eh? si informò, tornando rapidamente verso la carcassa della navetta in cerca di qualcosa che potesse fungere a tale scopo: la Klingon, per quanto abile potesse essere nel combattimento, era ferita. Korinna era piuttosto intontita, per il freddo o per la situazione poco cambiava: difficilmente sarebbe riuscita da sola ad affrontare una banda di carcerati Klingon arrabbiati, disperati e in cerca di una via di fuga. L'opzione migliore per la loro sopravvivenza era evitare di incontrarli. La betazoide si costrinse a recuperare quel poco di lucidità che poteva, riportando alla mente il proprio addestramento. Continui a tenere d'occhio quel segnale, mi avvisi se comincia ad avvicinarsi all'altura. disse in direzione della Rahnaz.
Sapeva che, tecnicamente parlando, la Klingon era un suo diretto superiore, ma sospettava che se il suo piano le avesse tirate fuori di lì tutte intere, la Rahnaz non si sarebbe fermata troppo a sindacare su chi delle due avesse il diritto di prendere decisioni. Senza perdere altro tempo, Korinna si infilò all'interno della navetta sventrata in cerca dei collettori di plasma, con l'intenzione di convertirli in un esplosivo portatile in grado di fornire loro una minima difesa... o di aprire loro una via se necessario. Sebbene il popolo betazoide preferisse combattere con le parole, l'idea di girarsene in un pianeta prigione armate solo delle rispettive lingue non sembrava un'idea particolarmente brillante nemmeno per una pacifista convinta. E in ogni caso... meglio in mano loro che in quelle dei carcerati.
RE: Non mi piace stare all'inferno -
Neris - 08-02-2024
Victory is not achieved if an Empire is destroyed in order to win a war, and it is not failure if a battle is backed away from in order to preserve an Empire.
Seeth Rahnaz Mezza Klingon
Oltre a freddo e prigionieri, direi che dobbiamo preoccuparci di neve e ghiaccio... e magari della fauna locale. Col senno di poi riconosceva che fosse stato un grosso errore non informarsi adeguatamente sulla fauna di Rura Penthe, ma il loro obiettivo era stato visitare il complesso carcerario e non farsi una passeggiata per i ghiacciai. C'è la possibilità che le guardie non prendano bene il nostro 'atterraggio' in zona non autorizzata ma, fin tanto non lo scambiano per un tentativo di liberare i prigionieri, non dovrebbero esserci problemi.
La domanda sulle armi le ricordò che Suder tendeva a girare disarmata. Si trattava di una decisione che come klingon non riusciva a comprendere ma che come diplomatica aveva imparato a rispettare. Ho con me un disgregatore e un pugnale, Essendo in missione diplomatica (e non volendo dare l'impressione sbagliata alle guardie carcerarie) aveva optato per il minimo indispensabile. Un klingon non girava mai disarmato ma nemmeno si portava dietro un'intera armeria (a meno che non stesse partendo per la guerra). ma dovrebbe esserci qualcosa qui sulla navetta. Col kit medico non era andata benissimo ma i suoi colleghi erano dei veri e propri fanatici del combattimento: Seeth non solo era sicura che ci fossero armi a bordo, ma anche che gli fosse stata fatta regolare manutenzione.
E, nel caso peggiore, c'è il disgregatore di Xennik. Pensò, non pienamente sicura che la betazoide avrebbe apprezzato di usare un'arma sporca del sangue di un morto. Il suo timore svanì quando Seeth si rese conto cosa esattamente Suder stesse costruendo. Un sorriso spuntò sulle sue labbra, mezzo smorzato dal dolore al braccio e dal disagio dovuto al freddo. Dopo aver controllato un'altra volta il tricorder, lo passò con qualche fatica nella mano sinistra in modo da avere il braccio buono libero. Cercando di orientarsi nella navetta, raggiunse quel che rimaneva dell'armadietto delle armi. Aprire lo sportello non fu semplice ma portò ai risultati sperati. Ho trovato almeno un disgregatore... e dovrebbe esserci qualche pugnale intatto qui in mezzo. La avvisò, osservando con dispiacere una bat'leth che era stata piegata dall'impatto. Non che avrebbe potuto usarla, considerando come era ridotto il suo braccio, ma era comunque un peccato.
A che punto è con l'esplosivo? Non voglio farle fretta ma il segnale si sta avvicinando. Ormai non c'erano dubbi: la sua destinazione era il luogo dell'impatto.
RE: Non mi piace stare all'inferno -
@Les - 09-02-2024
Non sono del tutto certa di volerlo sapere... ma di che "fauna locale" stiamo parlando? si informò Korinna, mentre un senso di incertezza cominciava a crescere dentro di lei: se c'era una cosa che aveva compreso rapidamente nel corso della sua permanenza tra i klingon, era che qualunque cosa avesse a che fare con loro aveva la tendenza ad essere straordinariamente letale. La fauna in grado di sopravvivere su un pianeta come quello molto probabilmente non avrebbe fatto eccezione. Fortunatamente in quel momento la betazoide era troppo concentrata nel cercare un modo per uscire viva da quella situazione per avere il tempo di fermarsi e preoccuparsi davvero per la loro situazione.
Bene. rispose, quando la collega confermò di avere delle armi a disposizione. In realtà in altre circostanze avrebbe avuto qualche domanda sul perché le avesse ritenute necessarie e portate con sé in una missione diplomatica, ma data la situazione decise di soprassedere. Cerchi di recuperare dal relitto tutte le armi o ciò che potrebbe essere utilizzato come tale disse alla collega, cercando di lavorare quanto più rapidamente possibile, ma il freddo rendeva il lavoro particolarmente complesso: nonostante si fosse fermata più volte per cercare i riscaldare le mani, ormai erano talmente congelate che quasi non le sentiva più.
Ho quasi fatto... rispose alla klingon con una calma innaturale nel tono di voce. Il rapido avvicinarsi del segnale indicava che di qualunque cosa si trattasse era sicuramente più veloce di loro... per un breve istante considerò l'idea di abbassare le proprie difese mentali il tempo necessario a cercare di percepire cosa stava arrivando... ma subito allontanò l'idea. I pensieri e le emozioni che affollavano quel pianeta erano troppi e troppo violenti, ammesso e non concesso che riuscisse a tollerarli, era improbabile riuscire ad estrarne uno solo, per quanto vicino. Riesce ad avere una conferma visiva? Di cosa si tratta? si informò invece, riluttante a detonare le cariche. Poteva trattarsi di qualche animale che dovevano tenere alla larga, di prigionieri malintenzionati che avevano tutto l'interesse a spaventare... ma allo stesso tempo poteva trattarsi semplicemente dei funzionari della stazione, che avevano notato la loro deviazione dal percorso previsto ed erano lì per recuperarle. Farli saltare in aria in quel caso non avrebbe dato una buona impressione...
RE: Non mi piace stare all'inferno -
Neris - 16-02-2024
Victory is not achieved if an Empire is destroyed in order to win a war, and it is not failure if a battle is backed away from in order to preserve an Empire.
Seeth Rahnaz Mezza Klingon
Mi piacerebbe poterle dare una risposta, ma temo di non esserne informata. Ammise Seeth.
So solo che l'abbigliamento dei prigionieri è composto da pelli lavorate sul luogo Probabilmente dai prigionieri stessi, ma quello preferì non dirlo.
e che la fauna locale è, dopo al freddo, la maggiore causa di morte tra i detenuti.
Ok, quell'ultimo frammento d'informazione non prometteva bene. Se Seeth fosse stato il tipico guerriero klingon, avrebbe considerato un combattimento contro predatori sconosciuti come una sfida eccitante ma quello che lei provava era semplice preoccupazione. Non aveva solo se stessa a cui pensare, e non sarebbe stato accettabile se il simbionte Sef fosse morto in quell'inferno ghiacciato.
Tenendo il più possibile d'occhio i segnali in avvicinamento, la mezza klingon cercò di forzare il pannello nel tentativo di recuperare altre armi. Tra i cumuli di neve che si erano infilati ovunque e i danni causati dall'impatto, non le ci volle molto per comprendere che non c'era molto che potesse fare... quantomeno non nel tempo che rimaneva loro prima dell'arrivo della fonte di quei segnali. Recuperato il possibile, lo portò dalla betazoide in modo che potesse scegliere le armi più adatte a lei, per poi concentrarsi sull'ultima domanda della collega.
Sembrerebbero degli animali, un piccolo branco. Canidi, forse? Non poteva avere certezze sulla loro specie e sul loro numero da quella distanza, ma ormai era più che evidente che non fossero umanoidi. Se fosse stata più vicina e avesse avuto una conoscenza più approfondita di Rura Penthe, avrebbe potuto riconoscerli come
ngavyaw' o mastini sciacallo [fonte:
X e
X]. Grossi canidi dal pelo bianco e grandi denti, erano una specie carnivora nativa del pianeta. Alcuni esemplari venivano allevati dalle Guardie per svolgere il ruolo di cani da guardia, ma per di più erano selvatici... e pericolosi.