You brought me here because I speak Klingon. Then let me speak Klingon.
Nyota Uhura Umana
Comunicazione con la Saratoga aperta. Avvertì, mentre continuava a monitorare le comunicazioni sul pianeta. Seguì solo parzialmente la conversazione tra Jim e il capitano T'Dal, troppo intenta ad assicurarsi che non scoppiasse una guerra mondiale appena sotto di loro, ma le fu più che sufficiente per comprendere il piano: attirare l'attenzione nemica sull'Enterprise e far scendere sul pianeta l'ambasciatore Elieth. Un piano decisamente da Jim ma che aveva la sua approvazione. La priorità era risolvere l'incidente diplomatico prima che si arrivasse al punto di non ritorno: se per farlo era necessario attirare il fuoco nemico sull'Enteprise, così fosse.
Ricevuta l'autorizzazione, Nyota si mise subito all'opera. Il responso delle due fazioni non fu esattamente entusiastico, come se - in fondo, in fondo - stessero cercando una scusa per mandare all'aria le trattative e partire alla conquista dell'altra parte, ma nessuno sembrava pronto a inimicarsi le due grandi navi aliene in orbita attorno al loro pianeta. Almeno ufficialmente.
Capitano, Chiamò Jim. ho notificato le due fazioni e hanno accettato di non intervenire. Per sicurezza, continuerò a monitorare le loro comunicazioni. Accettare di non intervenire non significava necessariamente non farlo. Tra l'altro, ancora non avevano capito a quale fazione appartenessero le navette che li stavano attaccando. Essere cauti non faceva mai male.
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James T. Kirk | Human
Jim mosse un cenno di assenso in direzione della vulcaniana Sulu, ci porti il più vicino possibile alla Saratoga annunciò, preferendo evitare di sovraccaricare i sistemi dell'Enterprise più del necessario. Scotty, mi serve massima potenza agli scudi. informò l'ingegnere, affrettandosi a chiudere la comunicazione con la sala macchine prima che l'altro avesse tempo di discutere. Nel frattempo, Uhura sembrava essere riuscita a far calmare le acque almeno sul pianeta Ricevuto. rispose Jim accennando un sorriso: certo, era un po' presto per cantar vittoria, ma la situazione, specialmente se paragonata ai giorni precedenti, sembrava relativamente tranquilla nonostante l'attacco in corso.
Ambasciatore Elieth, buona fortuna. disse prima che il vulcaniano lasciasse la plancia della Saratoga. La Saratoga è all'interno dei nostri scudi. annunciò Chekov. Capitano T'Dal, potete abbassare i deflettori... Uhura, comunichi agli elkariani che stiamo prendendo a bordo l'ambasciatore e che tra pochi minuti saremo di ritorno alla conferenza. disse, sperando che le navette elkariane stessero monitorando le loro comunicazioni con il pianeta o, almeno, che chiunque ci fosse dietro a tutta quella storia li avrebbe avvertiti del trasferimento, perché di certo non potevano chiamare i loro assalitori per chiedere di interrompere l'attacco e sperare nella loro collaborazione.
Un colpo centrò in pieno i deflettori, scuotendo la plancia. Scudi al 94% annunciò Chekov, senza destare grande preoccupazione nel capitano: avrebbero potuto starsene tranquillamente fermi lì a far da bersaglio per un po', prima che quell'attacco rischiasse di rivelarsi pericoloso. ... ancora qualche istante... disse Jim, calcolando mentalmente il tempo necessario a rendere credibile quella manovra anche per una specie che poco o nulla conosceva della loro tecnologia mentre faceva segno di attendere ai suoi. Sulu, tracci una rotta per la la luna di Elkar IV. Saratoga, voi procedete in direzione opposta. Preparatevi a rialzare i deflettori tra 10 secondi. 9... 8... contò per tutti.
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T'Dal Zayrus Vulcaniana
Mentre l'Enterprise manovrava per posizionarsi al nostro fianco, il ponte di comando della Saratoga era un vortice di attività coordinata. Le comunicazioni tra il mio equipaggio e l'Enterprise fluivano costanti, ognuno consapevole della posta in gioco. Con la Saratoga ora sicura all'interno degli scudi dell'Enterprise, mi sentivo leggermente sollevata, ma la preoccupazione non aveva abbandonato la mia anima. «Abbassate i deflettori» ordinai, preparandoci per la prossima fase del piano. La nostra missione era chiara: proteggere l'ambasciatore Elieth e garantire il successo del suo trasferimento sul pianeta, nonostante il rischio di attacco.
«La ringrazio, capitano Kirk» disse mio fratello guardando l'uomo e io guardai mio fratello. «Fai attenzione.» dissi con un tono che sapevo trasmettesse sia la mia fiducia sia la mia preoccupazione fraterna. Elieth, sempre impeccabile nella sua compostezza vulcaniana, si avvicinò brevemente. «Anche tu e mantieni la nave al sicuro» rispose, alzando leggermente un sopracciglio in quel modo che conoscevo così bene. Con un cenno della testa, confermò la sua prontezza prima di dirigere verso la sala del teletrasporto.
Appena Elieth lasciò il ponte, ascoltavo Jim che dall'altro lato della comunicazione coordinava la nostra manovra diversiva. «Preparatevi a eseguire la manovra su mio segnale.» Gli ufficiali annuirono, ognuno attento ai propri strumenti, pronti a reagire rapidamente.
Il conto alla rovescia di Kirk continuava, e io sentivo la tensione crescere. Nonostante la situazione critica, c'era una parte di me che rifletteva sulla natura del nostro impegno: proteggere la pace, difendere i nostri alleati, e svolgere il nostro dovere con onore. Queste erano le responsabilità che portavo come capitano della Saratoga, e mentre guardavo il mio equipaggio lavorare con precisione e dedizione, non potevo fare a meno di sentirmi orgogliosa della loro resilienza e del loro coraggio
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Nyota Uhura Umana
Non era semplice filtrare quanto loro serviva tra le varie comunicazioni che venivano scambiate sul pianeta. La situazione in orbita era sicuramente l'evento di maggior interesse per le due fazioni, e non pareva che nessuna delle due avesse intenzione di rivelare il proprio coinvolgimento con l'attacco ancora in corso. Mentre l'Enterprise e la Saratoga si mettevano in posizione, Nyota interruppe la sua ricerca attiva di comunicazioni sospette per comunicare agli elkariani quanto riferitole da Jim.
Aveva appena finito di parlare quando un colpo centrò i loro scudi deflettori. Chiusa la comunicazione, si affrettò a controllare quanto registrato dai sistemi della sua console. Lei poteva aver smesso di monitorare attivamente le comunicazioni, ma il computer di bordo aveva continuato a lavorare. Purtroppo, i sistemi non avevano intercettato nulla che potesse sembrare una comunicazione dal pianeta alle navette occultate. Non che potesse dirsi sorpresa dalla mancanza di risultati: era possibile che i loro attaccanti stessero come lei monitorando le comunicazioni, o che avessero considerato la manovra della Saratoga sospetta. Non era strettamente necessario che qualcuno sul pianeta li avesse avvertiti del (fittizio) trasferimento dell'ambasciatore Elieth sull'Enterprise.
3... 2... Mentre il conto di Jim si avvicinava allo zero, Nyota sentì la tensione accumularsi in lei. Quando la Saratoga avesse lasciato i loro scudi, per un breve istante sarebbero stati più vulnerabili. La Saratoga avrebbe dovuto riattivare i suoi scudi, l'Enterprise ritrarre quelli che aveva espanso per avvolgere l'altro vascello. Non credeva che gli elkariani avessero la tecnologia necessaria per approfittare di quel preciso momento, ma non poteva far a meno di rimanere in allerta.
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James T. Kirk | Human
Lo sguardo di Jim era puntato sull'immagine dello spazio elkariano che occupava lo schermo principale, in cerca di un qualunque segno che potesse tradire la presenza dei loro assalitori. C'era qualcosa di profondamente sbagliato in quell'intera situazione e l'impressione che gli stesse sfuggendo qualche dettaglio importante era difficile da ignorare 2... 1... ora! ordinò il capitano. Una frazione di secondo dopo i deflettori dell'Enterprise lasciarono la Saratoga e prima ancora che le due navi riuscissero a separarsi una scarica di siluri si abbatté contro gli scudi dell'Enterprise.
Oh, adesso ci considerano! scherzò Jim vediamo per quanto riusciamo a tenerli impegnati. Chekov, al prossimo attacco fingiamo un malfunzionamento del deflettore colpito. Se riusciamo a convincerli a concentrare il fuoco su un punto preciso, dovrebbe essere più semplice individuarli e colpirli quando disattiveranno l'occultamento per attaccare valutò, considerando che le posizioni da cui avrebbero potuto fare fuoco su quel singolo settore sarebbero state comunque inferiori rispetto a quelle che potevano assumere per un attacco portato ad un punto qualunque della nave. Con un po' di fortuna, questo avrebbe non solo tenuto gli elkariani occupati il tempo necessario alla Saratoga per raggiungere il pianeta, ma avrebbe dato all'Enterprise qualche chance in più per centrare finalmente gli avversari.
Io farei che riusciamo a colpire almeno una delle due navi, così possiamo allungare il brodo indagando su quello che rimane per cercare di capire che sta succedendo, se invece spariscono come sono arrivati non aggiungono molto alla trama... ma lascio a voi gli esiti, as always.
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T'Dal Zayrus Vulcaniana
Mentre l'Enterprise coordinava le sue difese e il conto alla rovescia di Jim si avvicinava al termine, un'ondata di tensione mi attraversava, amplificata dal silenzio elettrico del ponte di comando. La Saratoga era ormai quasi pronta a far scendere mio fratello e riattivare i propri deflettori, in un momento di vulnerabilità che non potevamo evitare.
«Riattivare i deflettori» dissi al mio ufficiale, la voce calma ma ferma. Il mio cuore batteva in maniera controllata, il prodotto di anni di addestramento vulcaniano per mantenere la compostezza anche nelle situazioni più pericolose.
Pochi secondi prima che potessimo completare la manovra, un colpo di siluri colpì la Saratoga. Un brivido corse attraverso la struttura della nave, un ruggito sordo che echeggiava attraverso i corridoi. Il ponte tremò leggermente sotto l'impatto, ma i danni furono minimi, gestibili. «Rapporto sui danni» ordinai, mentre i miei occhi guardavano il mio ufficiale alle armi.
«Scudi al 92%, nessun danno critico ai sistemi primari, capitano» rispose. Respirai un sospiro interiore di sollievo; la nostra nave era ancora forte, ancora capace di portare a termine la missione.
In quel momento, più che mai, mi mancava la presenza di Jor. La sua abilità nel gestire le situazioni di crisi con un'intuizione quasi sovrannaturale avrebbe reso questi momenti meno gravosi. Tuttavia, ero consapevole che dovevamo affidarci alle nostre attuali risorse e competenze.
Con logica e determinazione, ordinai: «Rafforzate gli scudi, monitorate continuamente le comunicazione. Dobbiamo mantenere la nave stabile e sicura per permettere ad Elieth di completare la sua missione, ma bisogna capire cosa vogliano da noi gli elkariani. Aprire le comunicazioni» Ogni decisione che prendevo era calcolata per massimizzare la sicurezza e l'efficacia, seguendo il mio addestramento vulcaniano che mi istruiva a rimanere distaccata e analitica, anche sotto pressione.
Mentre la nave si stabilizzava e i deflettori si rialzavano, il ponte di comando rimase in uno stato di allerta elevata, ogni ufficiale al suo posto, ogni schermo e pannello un lembo del tessuto più ampio della nostra missione. Come capitano della Saratoga, era il mio dovere garantire che ogni variabile fosse considerata, che ogni rischio fosse calcolato. E in quei momenti di tensione e attesa, la logica vulcaniana era il faro che guidava ogni mia decisione, ogni mio comando.
«Nessuna risposta capitano.» disse il mio ufficiale alle comunicazioni e sospirai.
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Nyota Uhura Umana
..e, invece, ne avevano approfittato. Nyota corrugò la fronte, perplessa. Occultamento e conoscenza del funzionamento degli scudi. L'attacco elkariano non aveva provocato gravi danni, anzi poteva essere considerato poco più di un ronzare fastidioso, ma le due navette erano un'anomalia unica. Gli elkariani avevano veramente quel livello di tecnologia? Il dubbio aleggiò per un istante nella sua mente poi la donna fu distratta da un suono captato dal sistema di comunicazione. A differenza di Jim, Nyota non aveva avuto molti contatti con gli elkariani: per lei era difficile, se non impossibile, interpretare quelle anomalie come l'interferenza aliena che erano. Così, mise da parte i suoi dubbi e si concentrò sul suo lavoro, recuperando con fatica lo strano segnale che aveva attirato la sua attenzione.
Di primo acchito, sembrava un semplice rumore di fondo. Si mimetizzava quasi alla perfezione tra i rumori tipici dello spazio e le interferenze dovute alle comunicazioni sul pianeta. Se ad occupare la console di comunicazione in quel momento non fosse stata lei ma un suo collega, probabilmente sarebbe passato inosservato. Eppure, Nyota non era una comune addetta alle comunicazioni: quando incappava in un sistema di comunicazione, per quanto anomalo, era dannatamente brava a riconoscerlo. L'azione delle navette elkariane non era improvvisata: magari non stavano ottenendo i danni desiderati, ma si stavano muovendo con una strategia. Quando una navetta usciva dall'occultamento per attaccare, l'altra era pronta a supportarla. Stavano comunicando tra loro, organizzando attacco dopo attacco. Se lei fosse riuscita ad individuare la fonte di quel rumore di fondo, avrebbe trovato le navette. Occultate o meno che fossero.
Capitano, ho intercettato quello che sembra essere una comunicazione tra le due navette. Disse quindi. Per decriptarla ci vorrebbe tempo ma, coi dati dei sensori, potrei riuscire a identificare da dove parte e così localizzare la posizione delle navette.
Ho buttato giù un possibile modo per localizzare le navette. Decidete voi se il tentativo di Uhura ha successo o meno (e agite di conseguenza ).
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James T. Kirk | Human
L'attacco verso le due navi federali fu portato quasi in contemporanea. Per quanto i danni riportati con ogni colpo fossero lievi, era evidente che non avrebbero potuto continuare in quel modo all'infinito. Con un po' di pazienza gli elkariani sarebbero effettivamente riusciti a far cedere i deflettori e, a quel punto, la scelta sarebbe stata tra abbandonare il sistema elkariano o farsi lentamente distruggere. Due prospettive che non suonavano esattamente allettanti. Passò qualche istante prima che le navi federali fossero sufficientemente lontane perché gli aggressori fossero costretti a compiere una scelta: continuare l'attacco contro la Saratoga, rinunciare al loro bersaglio per colpire l'Enterprise o cambiare la loro strategia e dividersi. Fu in quel momento che gli attacchi improvvisamente cessarono. Probabilmente la scelta più sensata che gli avversari avevano fatto dall'inizio di quell'attacco. Senza sapere dove fossero, per la Saratoga sarebbe stato troppo rischioso abbassare i deflettori per far scendere l'ambasciatore sul pianeta.
Fu allora che Uhura annunciò di aver intercettato qualcosa e Jim lanciò una rapida occhiata nella sua direzione buona idea convenne speranzoso. Ormai era questione di istanti perché la Saratoga fosse sufficientemente vicina al pianeta da poter effettuare il teletrasporto e se non fossero riusciti a scoprire che fine avevano fatto il loro assalitori, sarebbero stati costretti a trovare un altro modo per portare il vulcaniano alla conferenza. Fortunatamente l'intuizione di Uhura si rivelò corretta, le due navi elkariane sembravano localizzate in una posizione intermedia tra le due navi federali, evidentemente troppo lontane per poter attaccare una qualunque delle due. Gli avversari dovevano aver deciso che, nel dubbio, la loro opzione migliore fosse raggiungere nuovamente il pianeta, ma i loro motori, antiquati rispetto a quelli federali, non avevano ancora consentito loro di raggiungere la posizione.
Sulu, rotta di intercettazione, massimo impulso. Chekov, appena saremo a portata faccia fuoco con i phaser. Un solo colpo per ogni nave. decise: nonostante la tecnologia di occultamento che stavano utilizzando i loro avversari sembrasse avanzata, qualcunque altro dato sulla tecnologia elkariana pareva invece concordare con le informazioni ricevute: le loro armi riuscivano a fare poco più che il solletico ai loro scudi, la loro velocità indicava che la potenza dei loro motori non era diversa da quanto dichiarato e il fatto che le loro comunicazioni avessero tradito la loro posizione, lasciava intendere che, nonostante tutto, non conoscevano la tecnologia di quel sistema di occultamento bene come ritenevano. L'ipotesi più plausibile era che l'occultamento non fosse farina del loro sacco. Seguendo la stessa linea di ragionamento, attaccarli con più di un colpo di phaser rischiava di provocare la distruzione immediata della nave elkariana e Jim aveva tutta l'intenzione di evitarlo se possibile: aveva una o due domande che gli sarebbe piaciuto fare ai loro assalitori.
Ci fu un'esplosione nel momento esatto in cui il colpo dell'Enterprise andò a segno. Subito il sistema di occultamento cedette e la nave divenne visibile, assieme ad una serie di esplosioni a catena: evidentemente perfino quel colpo di phaser, preso in pieno, era stato troppo per loro. Giù i deflettori, teletrasportate a bordo chiunque riusciate ad agganciare. Sicurezza in sala teletrasporto! ordinò Jim in rapida sequenza. In quello stesso istante anche la seconda nave elkariana ritornò visibile, doveva essere stata colpita di striscio, perché una grossa falla si era aperta su una fiancata, alterando l'assetto della nave. Gli elkariani, tuttavia, non sembravano intenzionati ad arrendersi, infatti mentre la prima nave cominciava a perdere integrità strutturale sotto l'effetto delle continue esplosioni, la seconda cambiò la propria rotta, puntando dritta contro l'Enterprise.
Erano ormai troppo vicini per riuscire ad evitarli con una manovra evasiva e l'impatto contro una nave di quelle dimensioni sarebbe riuscito a causare diversi danni anche con gli scudi in funzione. Invertire la polarità del raggio traente, proviamo a respingerli! decise Jim, valutando ad occhio in una frazione di secondo che con un po' di fortuna la loro posizione era tale da riuscire a raggiungerli con il raggio traente e riuscire quantomeno a rallentarli se non a deviare il loro percorso. Alzare gli scudi! Prepararsi all'impatto! aggiunse mentre sullo schermo l'immagine della nave elkariana si faceva sempre più vicina.
... se con quel raggio traente riusciamo a fermarli invece che farli schiantare contro l'Ent sarebbe più carino, primo perché Scotty non mi uccide, secondo perché così ci rimane qualcosa da analizzare una volta che li abbiamo convinti a smettere di cercare di farci saltare in aria. Ner, vedi tu se siamo riusciti a teletrasportare qualche elkariano a bordo. T, a te lasciamo il compito di portare Elieth sul pianeta. Divertiti alla conferenza.
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T'Dal Zayrus Vulcaniana
Mentre il caos si scatenava intorno a noi, il mio compito come capitano della Saratoga e mia responsabilità principale rimaneva la sicurezza di Elieth e il successo della sua missione diplomatica sul pianeta. Era chiaro che la situazione non era semplice, e gli elkariani mostravano una conoscenza sorprendente del funzionamento dei nostri scudi; nonostante gli attacchi fossero più fastidiosi che dannosi, rappresentavano una seria minaccia alla nostra sicurezza e a quella dell'Enterprise.
Mentre la situazione si complicava nello spazio attorno a noi, il mio focus rimaneva inalterato: garantire la sicurezza di Elieth e il successo della sua missione diplomatica. Non avendo informazioni dettagliate su quanto stava accadendo sull'Enterprise, mi affidavo alle nostre procedure standard di sicurezza e alla competenza del mio equipaggio per navigare attraverso l'incertezza.
Il compito di portare Elieth sul pianeta pesava su di me con una gravità che sentivo in ogni decisione che prendevo. Ogni ordine che davo era calcolato per massimizzare la sicurezza e l'efficienza, attenendomi strettamente alla logica e alla prudenza che la mia formazione vulcaniana imponeva. «Prepariamo il teletrasporto per l'ambasciatore» ordinai con voce calma ma ferma, mentre la Saratoga manteneva una posizione stabile per garantire un trasferimento sicuro, a quel punto decisi di scendere anche io, per sicurezza; dato che la situazione temporaneamente sotto controllo e i deflettori nuovamente alzati dopo l'attacco, fu possibile procedere con il teletrasporto di Elieth. Nonostante il caos orbitale, sulla superficie del pianeta la conferenza procedeva, con negoziatori di diverse fazioni che tentavano di trovare un terreno comune.
Con un'efficienza impeccabile, il mio equipaggio eseguì il teletrasporto e vedere la figura di Elieth svanire dalla sala teletrasporto, mi sentii per un momento sollevata, ma consapevole che il nostro lavoro non era ancora finito. La Saratoga avrebbe continuato a monitorare la situazione, pronta a intervenire se necessario, mentre Elieth avrebbe lavorato per costruire ponti di pace che potevano rivelarsi più duraturi di qualsiasi scudo o arma a nostra disposizione.
Con Elieth ora al sicuro sul pianeta, il mio pensiero si rivolse ai negoziati che lo attendevano. Non avrei avuto dettagli su ciò che stava succedendo nella conferenza, ma la sua capacità di navigare attraverso le complessità diplomatiche, mi dava fiducia; in quanto sapevo che ogni movimento che mio fratello maggiore faceva era misurato e ogni parola ponderata per favorire la pace e l'armonia.
Nel frattempo, sul ponte della Saratoga, continuavamo a vigilare attentamente. Anche se Elieth era ormai sul pianeta, la nostra missione non era conclusa. «Mantenete alta la vigilanza, monitoriamo attentamente ogni segnale e restiamo pronti a intervenire se la situazione dovesse richiederlo» dissi al mio equipaggio
Il mio ruolo come capitano in quel momento si dimostrava non solo nel comando durante una crisi, ma anche nel sostenere silenziosamente gli sforzi di pace di Elieth attraverso la nostra presenza vigilante e protettiva. In quel momento di quiete relativa, riflettevo su quanto fosse essenziale il nostro lavoro per la sicurezza della Federazione e la stabilità della regione. Con Elieth al lavoro sul pianeta e la Saratoga a guardia dall'orbita, lavoravamo come un unico organismo, coordinato e determinato a preservare la pace.
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Nyota Uhura Umana
Nyota aveva collaborato coi colleghi per alcuni interminabili momenti, sfruttando al massimo le funzioni del sistema di comunicazioni e dei sensori. Il suo impegno aveva dato i risultati previsti: una volta individuata la posizione delle navette, abbatterle non fu più un problema. Evitare di distruggerle completamente, eliminando in un solo colpo sia gli attentatori che le prove, si rivelò invece più ostico. Uno a bordo. Nyota segnalò l'esito del teletrasporto appena ne ebbe conferma dalla sicurezza. Gravemente ferito. Stanno cercando di rianimarlo in questo momento. Venir teletrasportato durante l'esplosione della propria navetta non era una cosa da nulla: oltre a possibili errori del teletrasporto dovuti alle interferenze, c'era da considerare i danni subiti prima di venir smaterializzati. Nyota poteva solo sperare che sarebbe sopravvissuto. Non che avesse il tempo di preoccuparsene.
Con la distruzione della prima navetta, la seconda si era diretta a massima velocità verso di loro in quello che era un evidente attacco suicida. Mentre i suoi colleghi tentavano di fermarlo, Nyota si affrettò ad avvisare l'intera nave della situazione in modo che anche il resto dell'equipaggio potesse prepararsi al possibile impatto. Un avvertimento che risultò non necessario, in quanto il raggio traente riuscì a fermare la navetta a pochi centimetri dai loro scudi deflettori.
Sono stata brava e non vi ho distrutto la navetta. Non siamo totalmente fuori pericolo, perché esiste anche l'autodistruzione. O il suicidio del pilota, se la navetta non è dotata di autodistruzione. Perché mi vengono tutte queste brutte idee, oggi? Sarà perché è venerdì 17?