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TFB [2257] Scelte di vita - Versione stampabile

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[2257] Scelte di vita - Tenebra - 19-04-2012

Shiarrael Logan Volskiar

Human/Romulan

Parte prima: la calma e la rabbia

La cerea e polverosa superficie lunare rifletteva la luce del Sole appena sorto, diventando bianco-argentea e opalescente; il cratere si riempì per metà del fulgore della stella che metteva in evidenza i loro bordi gibbosi e irregolari.
La città era ancora silente, ma già in movimento: in effetti, non si fermava nè dormiva mai, è sempre in fermento come ogni grande metropoli: Tycho City, la capitale lunare, era comunque lontana dalla realtà dei secoli scorsi, lontana dall'inquinamento e dai rumori assordanti di strani mezzi a combustione su due o quattro ruote. I veicoli erano tutti elettrici o magnetici, gioielli tecnici che garantivano zero emissioni e scarso rumore.
Tuttavia, quella quiete non era destinata a durare: qualche minuto dopo un fragoroso rombo riverberò nella città, facendo voltare molte persone -evidentemente non più familiari a certe cose- appena in tempo prima che venissero travolte da una scheggia nera che sfrecciava sulla strada. Quello strano mezzo chiassoso non era altro che una moto da corsa di vecchia fattura risalente al ventunesimo secolo, curata nei minimi dettagli e cavalcata da una figura altrettanto oscura dotata di casco integrale.
Laddove passava si creava il vuoto: le persone correvano come delle forsennate sui marciapiedi, strepitando ingiurie di varia natura e lingua dirette al noncurante pilota.
Pochi isolati più avanti, la porta di una elegante ma sobria abitazione si aprì: ne uscì una donna sulla quarantina, espressione accigliata e mani sui fianchi. Le orecchie a punta tradirono la sua natura Romulana, così come quella scintilla di irritazione nei suoi occhi scuri. Non fece un passò, rimase semplicemente ritta sulla porta di casa, troneggiando minacciosa come la statua di un conduttiero in mezzo a una piazza.
E, da brava emula, era già sul piede di guerra, peggiorando man mano che il chiasso si avvicendava alla casa.
Il piede della donna iniziò a battere sulla pietra quando vide la sagoma della moto saettare in quella direzione. Rallentò, fermandosi nel viale, e venne poi spenta. Il ruggito morì piano piano mentre il conducente smontava dalla sella. La donna prese un bel respiro, ma non per calmarsi, solo per assicurarsi di avere una riserva d'aria sufficiente a rimproverare la figlia.
"Shiarrael Rhian Logan Valentine Volskiar!" proferì minacciosa muovendo i suoi passi verso la figura femminile. "Con che coraggio ti ripresenti a casa a quest'ora? Ti rendi conto di che ore sono?" era come un vulcano ce aveva appena iniziato ad eruttare. Gli occhi erano appena fuori dalle orbite, le mani appena alzate, pronte a gesticolare senza senso all'indirizzo dela ragazza, che, d'altro canto, pareva la calma fatta a persona. Sospirò semplicemente mentre alzava le mani guantate per togliersi il casco.
Una cascata di once corvine ricadde sul viso diafano dai lineamenti dolci e proporzionati, oscurandolo abbastanza da far risaltare il delicato grigio argenteo delle sue iridi. La donna scosse appena la testa e uscò la mano libera per ravviarsi i capelli alla meglio, con studiata lentezza. quando guardò la madre nei suoi occhi non c'era ombra di timore o di pentimento: al massimo un accenno di stanchezza per la lunga nottata.
"Sono le sei meno cinque minuti, Katara Volskiar nei Valentine." rispose in tutta tranquillità avviandosi verso la porta d'ingresso, ma la madre fu più svelta. Si frappose tra la figlia e l'uscio, mettendole una mano sulla spalla, in maniera tutt'altro che rassicurante. Logan sbuffò colgendo lo sguardo al cielo. Arrivava la paternale. Anzi, la maternale.
"Oh? La principessina sospira? E con che diritto lo fai? Ti rendi conto di quanto tu ci faccia preoccupare..." e da lì iniziò una filippica apparentemente infinita sulla responsabilità, sul rispetto dei propri cari, sulle solite vecchie cose. Tutto era già stato detto, già stato sentito. E ovviamente ignorato il più delle volte.
"Mamma." iniziò a dire la ragazza passandosi il casco da una mano all'altra. "Dici sempre le stesse cose. Non puoi stare zitta per una volta?"
Ecco la goccia che fece traboccare il vaso. La donna iniziò a gesticolare, gli occhi iniettati di sangue saettavano tutt'intorno. "Ti pare il modo di rivolgerti a tua madre?! Come osi dire una cosa del genere?! Ti ripeterò queste cose finchè non saranno entrate in quella tua testa dura! Finchè abiti qui segui le regole che ti vengono date! Hai capito?!" strepitò, non capendo come sua figlia potesse essere così noncurante, così... Fredda, in un certo senso.
Il più delle volta sembrava che non le importasse di dare preoccupazioni alle sua famiglia, quindi se ne andava a spasso chissà dove a fare chissà cosa. Ma mai era tornata a casa con una volante della polizia: una lancia da spezzare in suo favore. Tuttavia, la madre pensava che era molto più probabile che non si facesse prendere.
Logan guardà la madre negli occhi. "Posso entrare?" disse ignorando il fiume di parole che l'aveva investita finora.
Katara rimase ancora una volta senza parole. Era talmente furiosa da essere paralizzata. Le avrebbe tirato volentieri uno schiaffo, ma sapeva che sarebbe stato deleterio. Solo non riusciva a spiegarsi perchè la figlia si comportasse così; lo aveva fatto sin da piccola, ma con l'età era peggiorata. Era inafferrabile come una nuvola, e imprevedibile come il mare. E come il mare, aveva una forza -anche di volontà- soverchiante. L'unica cosa che potè fare per il momento fu annuire e spostarsi appena per permetterle l'accesso alla casa.
Logan entrò senza fiatare, appendendo casco e giubbotto di pelle all'appendiabiti.
Proprio in quel momento, il padre scese dalle scale: quando la vide affrettò il passo, finchè non si trovò davanti a lei. Incrociò le braccia muscolose e la guardò dall'alto con fare intimidatorio, nonostante i suoi occhi blu non trapelassero nessuna emozione. Sapeva che con la figlia era un metodo più efficace rispetto a quello usato dalla moglie.
"Dove sei stata signorinella?"
Lei, d'altra parte, gli restituì lo stesso sguardo, e a sua volta incrociò le braccia, come a schernirlo. "Fuori."
"Dove sei stata?" ripetè, anche se stavolta il tono era venato da una sottile minaccia.
"Fuori." Nessuna reazione.
"Esigo sapere dove sei stata, cosa hai fatto, e con chi eri. E voglio saperlo adesso. Non giocare alla figlia ingrata, nè a fare la dura. Lo sai che non funziona." la madre intanto si era appropinquata al marito, e fissava la figlia con sguardo autoritario.
Lei guardò prima uno, poi l'altra, e sospirò.
"Sono stata fuori città, a Copernicus City con degli amici. Non abbiamo fatto nulla di moralmente deplorevole. Siamo riusciti ad ottenere un ingaggio in un locale, abbiamo suonato, poi siamo stati un po' in giro. Contenti adesso?"
I genitori si guardarono rassegnati. "Sicura che sia tutto? Non ci nascondi nulla, vero?" Logan annuì poggiando l'avambraccio contro il muro. "Abbiamo guadagnato qualcosa." aggiunse sbadigliando appena. "Cento crediti a testa. Non male per una serata, no?" aggiunse con tono piatto, non voleva incoraggiarli a crederle o a essere entusiasti: erano adulti e perfettamente in grado di gestire le loro emozioni.
Il padre inclinò appena la testa. "Ti costava tanto dircelo prima?" osservò guardandola torvo.
A quel punto la ragazza emise una risata composta. "Sì, certo, come se non sapessi che voi disapprovate questa mia scelta di carriera. Se me l'aveste detto, mi avreste fermata." disse guardandoli con scherno.
Il padre tossicchiò appena per avvertirla di moderare i toni e il comportamento. "L'avremmo fatto, sì. Ma so che avresti trovato il modo per scappare e andare, Non avremmo comunque avuto il timore di pensarti chissà dove a fare chissà cosa. Almeno avremmo saputo dov'eri."
"Mi sarei risparmiata la paternale. E avreste avuto comunque il timore perchè sapevate dov'ero e cosa stavo facendo. Una preoccupazione al posto di un'altra." rispose guardando verso la cucina.
"La stessa cosa vale per te. Una paternale al posto di un'altra. Hai fatto anche tu la tua scelta, direi."
"Non esattamente. Nel mio caso le due cose sarebbero state le stesse. Sarebbero cambiate solo le modalità." osservò lei rimettendosi composta e spostando il peso da un piede all'altro, impaziente di andare a mangiare qualcosa e andare a dormire. "Avreste comunque disapprovato, no?"
Il padre fece una pausa. "E non ti chiedi perchè?"
Oh no, di nuovo quella storia. "Ogni giorno."
"Devi scegliere cosa fare della tua vita, Logan. Non puoi andare in giro a cercare ingaggi temporanei che non ti assicurano nessuna stabilità economica o sociale. Hai bisogno di qualcosa di fisso, che ti renda sicura, che ti permetta di costruirti un futuro. E per farlo ti servono basi solide." disse lentamente, come ad assicurarsi che quelle cose che ha detto entrassero nella testa della figlia, o che almeno le mettessero la pulce nell'orecchio.
La ragazza lo guardò, apparentemente senza nessuna emozione, ma non rispose.
"Logan... Siamo preoccupati per te. Perchè non tenti l'ammissione all'Accademia della Flotta?" azzardò a dire con tono diplomatico: la moglie gli diede uno sguardo fugace, poi volse il suo sguardo verso la figlia.
"La Flotta? Ma siete impazziti? Non ho intenzione di sottostare a quell'artefatto del capitalismo e colonialismo universale." disse con sprezzo.
I due si irrigidirono appena lla sue parole. "Quell'artefatto del capitalismo e colonialismo universale ci dà sostentamento. E cos'è questa storia? Il capitalismo non esiste più, mia cara." intervenne la madre.
Logan rise di nuovo avviandosi verso la cucina. "Non potete essere così ingenui. La Federazione ha anche una propria valuta, ha un governo 'supremo' per tutti i pianeti che ha un enorme potere decisionale, direi schiacciante nei confronti dei singoli governi planetari, ha un suo esercito e chissà quali servizi segreti rimediano alle sue onte, o infanga i suoi misfatti. Inoltre, è in continua espansione, e ogni volta impone il proprio sistema politico ed economico con la scusa di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni. Devo aggiungere altro?" disse iniziando a prepararsi una tazza di caffè.
Ancora una volta i due coniugi si trovarono senza parole, sopraffatti dalla cruda pragmatica della figlia che spesso la portava a simili conclusioni su praticamente qualsiasi cosa. Infatti, aveva un bellissimo pregio: trovare difetti in tutto, soprattutto se doveva farlo per spregio.
Il padre fu il primo a riprendersi. "Non dico che la Federazione sia un'organizzazione utopica, ma sicuramente ha portato numerosi vantaggi a molte persone, e questo non puoi negarlo. Il governo ci garantisce un certo comfort, in cambio di poco. La libertà è lo scotto da pagare per una vita serena." disse, suscitanto ancora più sprezzo nella figlia.
"La libertà non ha prezzo. La politica è solo una scusa per privarci di essa, mentre i politici si accaparrano tutto."
La madre non aveva alcuna intenzione di continuare quel discorso politico, che tuttora condivideva nel suo intimo. "A proposito, domani nonno Sarik ci farà visita." disse tentando di sviare l'argomento. Riuscendoci, finalmente.
Logan la guardò avvicinando la tazza colma di caffè bollente alle labbra. "Il nonno?" chiese prima di prendere il primo sorso.
La madre annuì, poggiandosi al bancone vicino a lei, mentre il padre si sedeva su uno sgabello di fronte. "E' ansioso di vedere sua nipote."
"Molla il suo prezioso lavoro per me? Che privilegio mi concede..." disse sarcastica.
Gli occhi della madre si riempirono di rabbia a quelle parole. "Smettila col tuo cinismo gratuito, Logan. Lo sai che il nonno ti vuole bene. Perchè devi smontare sempre tutto e tutti?" asserì con tono secco, guardandola con rimprovero.
Logan non rispose. Si limitò a finire la sua tazza di caffè e poggiarla nel lavandino.
"Se permettete vado a dormire." disse avviandosi verso il piano superiore della casa. "Buona giornata a voi."
Michael, il padre, guardò sua moglie rassegnato. "Che dobbiamo fare con lei?" la madre sospirò e andò verso di lui, circondandogli le spalle con le braccia.
"Non lo so... Proprio non lo so." gli sussurrò abbassando appena lo sguardo. Lui le carezzò la guancia con fare rassicurante. "Non temere, Katara. Alla fine tutto andrà per il meglio. Chissà che tuo padre non riesca a persuaderla..."
La donna rise amaramente. "Lo sai che non sarà così."