01-08-2024, 09:14 PM
It's nice to have a family.
Carol Marcus Umana
Quando Jim scherzò sul suo livello di alfabetizzazione, risi, apprezzando il suo tipico umorismo autoironico. Era uno degli aspetti del suo carattere che mi affascinava di più: quella capacità di non prendersi troppo sul serio, pur essendo chiaramente più astuto e intelligente di quanto la maggior parte delle persone gli attribuisse. Mentre lui sistemava i piatti nel replicatore e spariva brevemente dietro la paratia, riflettevo su quanto la sua umiltà fosse in realtà un tratto distintivo molto forte.
Mentre sfogliava quell'antica copia di Amleto, la sua attenzione sembrava dividersi tra le pagine del libro e i pensieri più seri che quelle righe suscitavano in lui. Quando propose di non interpretare l'intera opera ma piuttosto di selezionare una scena, annuii, comprendendo il suo desiderio di non immergersi completamente in un ruolo così tormentato come quello di Amleto.
«Un libro di carta, è una meraviglia. Posso prenderlo in prestito e leggerlo? Prometto che non lo rovino» dissi, sfiorando la copertina con la punta delle dita
«Sì, certo, vediamo e poi scegliamo» risposi con un sorriso.
Mentre Jim preparava la riproduzione dello spettacolo, non potei fare a meno di osservarlo di sfuggita. Sembrava assorto, forse un po’ distratto dalle riflessioni che il testo di Shakespeare aveva suscitato. «Stai bene, Jim?» chiesi. Non era mia intenzione metterlo in imbarazzo, ma ero sinceramente preoccupata per la sua espressione.
La riproduzione iniziò e ci immergemmo nell'universo di Amleto, seguendo con attenzione le vicende del principe danese. La recitazione era intensa, le parole di Shakespeare vibravano nell'aria, ricreando l'atmosfera di un teatro antico. Man mano che lo spettacolo proseguiva, mi resi conto che trovavo delle similitudini sorprendenti nella mia vita. Mi sentii profondamente toccata dai temi proposti e non me lo aspettavo. La complessità del rapporto tra Amleto e suo padre mi ricordava le mie riflessioni su mio padre e le aspettative che non ero mai riuscita a soddisfare.
A un certo punto, un desiderio improvviso mi colse; sentii una voglia irrefrenabile di popcorn. «Mi alzo un attimo a replicare dei popcorn, ho proprio voglia di qualcosa di salato, ma non fermare la riproduzione, sono immersa nella storia» dissi, alzandomi dalla sedia e dirigendomi verso il replicatolre, dirigendomi verso il replicatore per poi tornare e mettere in mezzo a noi la ciotola che conteneva i popcorn, un po' più grande di quanto mi aspettassi.
«Non fare complimenti, Jim, prendine quanto vuoi» aggiunsi, per poi riaffondare nella sedia accanto a Jim e tornai a guardare lo schermo. La casualità di quel gesto, in mezzo a una serata così carica di significati profondi, mi fece sorridere da sola. Era strano come, nonostante la serietà dei temi trattati, ci fossero sempre momenti di leggerezza quotidiana a riportarci alla realtà.
La luce del monitor illuminava i suoi lineamenti concentrati mentre seguiva la trama, e io mi sentivo incredibilmente grata per quella serata insieme, per la possibilità di condividere con lui tanto il sublime quanto il banale della vita.
Alla fine dell'opera, guardai Jim. «Che cosa ne pensi?» chiesi, cercando di capire se anche lui avesse trovato dei paralleli nelle nostre esperienze. «È davvero una storia pesante. Forse dovremmo modificare qualche scena per alleggerirla un po', magari cambiare il finale, renderlo meno tragico. Oppure, se preferisci, possiamo cercare un'altra rappresentazione, magari una commedia... anche se ho il timore che Shakespeare sia una fregatura e sia troppo pesante. Che ne dici se facessimo una scena da "Canto di Natale"? Anche se Natale è ancora lontano, potrebbe essere divertente e meno pesante. Ho una mezza idea di quale potrebbe essere una scena carina. Sempre se per te può andare bene, mi è tornata in mente prima e...» dissi, ricordando una rappresentazione a cui avevo partecipato quando ero più giovane, poi ammettere «Scusa l'entusiasmo, ma mi sono ricordata di questa storia che adorai da adolescente e forse so come potremmo modificarla» ammisi.
Mentre sfogliava quell'antica copia di Amleto, la sua attenzione sembrava dividersi tra le pagine del libro e i pensieri più seri che quelle righe suscitavano in lui. Quando propose di non interpretare l'intera opera ma piuttosto di selezionare una scena, annuii, comprendendo il suo desiderio di non immergersi completamente in un ruolo così tormentato come quello di Amleto.
«Un libro di carta, è una meraviglia. Posso prenderlo in prestito e leggerlo? Prometto che non lo rovino» dissi, sfiorando la copertina con la punta delle dita
«Sì, certo, vediamo e poi scegliamo» risposi con un sorriso.
Mentre Jim preparava la riproduzione dello spettacolo, non potei fare a meno di osservarlo di sfuggita. Sembrava assorto, forse un po’ distratto dalle riflessioni che il testo di Shakespeare aveva suscitato. «Stai bene, Jim?» chiesi. Non era mia intenzione metterlo in imbarazzo, ma ero sinceramente preoccupata per la sua espressione.
La riproduzione iniziò e ci immergemmo nell'universo di Amleto, seguendo con attenzione le vicende del principe danese. La recitazione era intensa, le parole di Shakespeare vibravano nell'aria, ricreando l'atmosfera di un teatro antico. Man mano che lo spettacolo proseguiva, mi resi conto che trovavo delle similitudini sorprendenti nella mia vita. Mi sentii profondamente toccata dai temi proposti e non me lo aspettavo. La complessità del rapporto tra Amleto e suo padre mi ricordava le mie riflessioni su mio padre e le aspettative che non ero mai riuscita a soddisfare.
A un certo punto, un desiderio improvviso mi colse; sentii una voglia irrefrenabile di popcorn. «Mi alzo un attimo a replicare dei popcorn, ho proprio voglia di qualcosa di salato, ma non fermare la riproduzione, sono immersa nella storia» dissi, alzandomi dalla sedia e dirigendomi verso il replicatolre, dirigendomi verso il replicatore per poi tornare e mettere in mezzo a noi la ciotola che conteneva i popcorn, un po' più grande di quanto mi aspettassi.
«Non fare complimenti, Jim, prendine quanto vuoi» aggiunsi, per poi riaffondare nella sedia accanto a Jim e tornai a guardare lo schermo. La casualità di quel gesto, in mezzo a una serata così carica di significati profondi, mi fece sorridere da sola. Era strano come, nonostante la serietà dei temi trattati, ci fossero sempre momenti di leggerezza quotidiana a riportarci alla realtà.
La luce del monitor illuminava i suoi lineamenti concentrati mentre seguiva la trama, e io mi sentivo incredibilmente grata per quella serata insieme, per la possibilità di condividere con lui tanto il sublime quanto il banale della vita.
Alla fine dell'opera, guardai Jim. «Che cosa ne pensi?» chiesi, cercando di capire se anche lui avesse trovato dei paralleli nelle nostre esperienze. «È davvero una storia pesante. Forse dovremmo modificare qualche scena per alleggerirla un po', magari cambiare il finale, renderlo meno tragico. Oppure, se preferisci, possiamo cercare un'altra rappresentazione, magari una commedia... anche se ho il timore che Shakespeare sia una fregatura e sia troppo pesante. Che ne dici se facessimo una scena da "Canto di Natale"? Anche se Natale è ancora lontano, potrebbe essere divertente e meno pesante. Ho una mezza idea di quale potrebbe essere una scena carina. Sempre se per te può andare bene, mi è tornata in mente prima e...» dissi, ricordando una rappresentazione a cui avevo partecipato quando ero più giovane, poi ammettere «Scusa l'entusiasmo, ma mi sono ricordata di questa storia che adorai da adolescente e forse so come potremmo modificarla» ammisi.