25-08-2024, 02:27 PM
Dio forse esiste, Clary, o forse no, ma non credo che abbia importanza. In ogni caso ce la dobbiamo cavare da soli.
Polina Troi-Riker Mezza betazoide
Le parole del dottore mi avevano messo in agitazione. Era evidente che stava lottando per mantenere il controllo, per ricordare chi fosse e quale fosse il suo ruolo. Quando mi afferrò per il braccio, cercai di mostrargli un sorriso rassicurante, ma dentro di me l'ansia stava crescendo. Dovevo tenerla a bada, altrimenti rischiavo di trasmetterla anche a lui. Sentivo la sua confusione come una marea che cercava di trascinarmi con sé, ma non potevo permettermi di cedere.
«Va tutto bene, dottore» gli dissi con voce calma, anche se avrei voluto correre fuori di lì. O magari svegliarmi da quel brutto incubo, perché doveva essere un incubo vero? «L'infermeria è da questa parte.» Lo guidai lungo il corridoio mentre le luci continuavano a sfarfallare, creando ombre inquietanti. Ogni tanto, un rumore metallico riecheggiava in lontananza, come se qualcosa o qualcuno si stesse muovendo nelle viscere della nave. Era una situazione che avrebbe messo a dura prova i nervi di chiunque, ma per Kaz, che stava già combattendo contro la sua stessa mente, doveva essere ancora più difficile.
Quando finalmente arrivammo in infermeria, mi sentii sollevata nel vedere Nina ancora lì, anche se il suo stato instabile mi preoccupava. Il fatto che fosse capace di percepire una sorta di “sollievo” al nostro arrivo mi fece quasi sorridere. Era strano pensare a un programma olografico come a qualcosa di più di un semplice strumento, ma in quel momento avevamo bisogno di lei più che mai.
«Non so cosa sia successo alle comunicazioni» risposi, cercando di mettere in ordine le informazioni nella mia testa mentre parlavo. «Abbiamo bisogno di stabilizzare gli emettitori olografici, altrimenti rischiamo di perdere anche te e senza di te, non possiamo andare avanti con l'autopsia né monitorare i pazienti in sicurezza.» per poi guardare Kaz.
«Dottore, possiamo occuparci della situazione tecnica mentre lei riprende in mano il controllo dell'infermeria,» dissi con un tono che speravo fosse fermo e sicuro. «Se riusciamo a mantenere Nina attiva, possiamo completare l’autopsia e capire cosa stia accadendo con il virus. Forse troveremo qualcosa che ci permetta di elaborare una nuova strategia, magari con il ritorno della dottoressa Saff.» dissi, non credendoci nemmeno un istante di un ritorno a breve termine della squadra di sbarco.
Mi resi conto che stavo parlando più a me stessa che a lui. Cercavo di convincermi che avevamo ancora delle opzioni, che potevamo ancora fare qualcosa, ma con le comunicazioni interrotte e l’accesso limitato, dovevo essere creativa. Almeno avevo l'impressione di rendermi utile in un mometo del genere.
«Nina, ci serve un modo per attirare un tecnico qui. Forse possiamo inviare un segnale d’emergenza direttamente attraverso i sistemi della nave, bypassando le comunicazioni principali. Se c'è qualcuno ancora operativo nei livelli inferiori, potrebbe riceverlo e aiutarci.» dissi, ricordando una cosa che avevo origliato da una delle discussioni di mio padre che aveva fatto qualche anno prima, non ricordavo fosse stato con lo zio Jean-Luc o con Sorek. Forse dati i miei ricordi, non troppo nitidi a riguardo, la prima opzione era quella corretta. Sarebbe andato a buon fine? Sarebbe riuscito a qualcosa? Non ne avevo idea.
Mentre aspettavo che Nina processasse l’idea, sentii un nodo allo stomaco. Dovevo mantenere il controllo, non solo per me stessa, ma per l'intero equipaggio. Avrei potuto crollare in un secondo, ma non era il momento per farlo.
«Va tutto bene, dottore» gli dissi con voce calma, anche se avrei voluto correre fuori di lì. O magari svegliarmi da quel brutto incubo, perché doveva essere un incubo vero? «L'infermeria è da questa parte.» Lo guidai lungo il corridoio mentre le luci continuavano a sfarfallare, creando ombre inquietanti. Ogni tanto, un rumore metallico riecheggiava in lontananza, come se qualcosa o qualcuno si stesse muovendo nelle viscere della nave. Era una situazione che avrebbe messo a dura prova i nervi di chiunque, ma per Kaz, che stava già combattendo contro la sua stessa mente, doveva essere ancora più difficile.
Quando finalmente arrivammo in infermeria, mi sentii sollevata nel vedere Nina ancora lì, anche se il suo stato instabile mi preoccupava. Il fatto che fosse capace di percepire una sorta di “sollievo” al nostro arrivo mi fece quasi sorridere. Era strano pensare a un programma olografico come a qualcosa di più di un semplice strumento, ma in quel momento avevamo bisogno di lei più che mai.
«Non so cosa sia successo alle comunicazioni» risposi, cercando di mettere in ordine le informazioni nella mia testa mentre parlavo. «Abbiamo bisogno di stabilizzare gli emettitori olografici, altrimenti rischiamo di perdere anche te e senza di te, non possiamo andare avanti con l'autopsia né monitorare i pazienti in sicurezza.» per poi guardare Kaz.
«Dottore, possiamo occuparci della situazione tecnica mentre lei riprende in mano il controllo dell'infermeria,» dissi con un tono che speravo fosse fermo e sicuro. «Se riusciamo a mantenere Nina attiva, possiamo completare l’autopsia e capire cosa stia accadendo con il virus. Forse troveremo qualcosa che ci permetta di elaborare una nuova strategia, magari con il ritorno della dottoressa Saff.» dissi, non credendoci nemmeno un istante di un ritorno a breve termine della squadra di sbarco.
Mi resi conto che stavo parlando più a me stessa che a lui. Cercavo di convincermi che avevamo ancora delle opzioni, che potevamo ancora fare qualcosa, ma con le comunicazioni interrotte e l’accesso limitato, dovevo essere creativa. Almeno avevo l'impressione di rendermi utile in un mometo del genere.
«Nina, ci serve un modo per attirare un tecnico qui. Forse possiamo inviare un segnale d’emergenza direttamente attraverso i sistemi della nave, bypassando le comunicazioni principali. Se c'è qualcuno ancora operativo nei livelli inferiori, potrebbe riceverlo e aiutarci.» dissi, ricordando una cosa che avevo origliato da una delle discussioni di mio padre che aveva fatto qualche anno prima, non ricordavo fosse stato con lo zio Jean-Luc o con Sorek. Forse dati i miei ricordi, non troppo nitidi a riguardo, la prima opzione era quella corretta. Sarebbe andato a buon fine? Sarebbe riuscito a qualcosa? Non ne avevo idea.
Mentre aspettavo che Nina processasse l’idea, sentii un nodo allo stomaco. Dovevo mantenere il controllo, non solo per me stessa, ma per l'intero equipaggio. Avrei potuto crollare in un secondo, ma non era il momento per farlo.