04-09-2024, 08:14 PM
Dio forse esiste, Clary, o forse no, ma non credo che abbia importanza. In ogni caso ce la dobbiamo cavare da soli.
Polina Troi-Riker Mezza betazoide
La situazione in infermeria era tesa, ed io sentivo crescere dentro di me una morsa sempre più stretta. Non avevo mai avuto così tanta responsabilità sulle spalle, e il peso di ogni decisione che prendevo sembrava moltiplicarsi con il passare dei minuti. Cercavo di mantenere la calma, di tenere sotto controllo la mia natura betazoide, ma ogni tanto avvertivo delle onde di emozioni travolgenti che facevo fatica a ignorare.
Kaz sembrava immerso nel suo mondo, confuso e affaticato dalla febbre iktariana. Quando si lasciò cadere sulla sedia, il suo viso tirato, capii che era al limite, proprio come me. Ma mentre io cercavo disperatamente di tenere insieme i pezzi della situazione, lui lottava semplicemente per mantenere la lucidità. Lo osservai in silenzio, chiedendomi come avrebbe gestito le cose.
Quando parlò dell'autopsia, fui colta di sorpresa. «Riker, non perda tempo con quel programma, segnali il malfunzionamento ai tecnici e poi mi raggiunga giù in obitorio...» Le sue parole mi scossero, ma cercai di mantenere il controllo. Lo guardai mentre si alzava e lasciava la stanza, apparentemente più determinato dopo aver sintetizzato una dose extra del farmaco
Le parole di Nina mi riportarono alla realtà. Il malfunzionamento del sistema energetico e delle comunicazioni ci stava lasciando sempre più isolati. Il panico cominciava a farsi strada dentro di me, ma lo tenni sotto controllo a fatica. Kaz era il capo medico, ma chiaramente non in condizione di fare scelte lucide; mentre mi concentravo sulle parole di Nina, una possibilità si fece strada nella mia mente. Il tenente Kentar era un ingegnere e, stando alle analisi di Nina, stava rispondendo bene alla cura. Forse, solo forse, poteva aiutarci a sistemare la situazione. Sapevo, però, che Kaz non avrebbe approvato il risveglio di un paziente in fase di recupero. Esitavo, consapevole del rischio, ma non avevamo molte altre scelte.
«Nina... risveglia il tenente Kentar» dissi, con una calma che non sentivo davvero. «È la nostra unica possibilità. Se possiamo evitare di compromettere ulteriormente la situazione, dobbiamo farlo. Il dottor Kaz potrebbe non essere d'accordo, ma in questo momento dobbiamo agire per il bene dell'equipaggio. Se il dottore chiede qualcosa, sono pronta a prendermi la responsabilità».
Sentii un'ondata di determinazione attraversarmi mentre pronunciavo quelle parole. Mio padre mi avrebbe detto che il comando non era mai facile, ma che prendersi le responsabilità era ciò che definiva un vero ufficiale. Se tutto fosse andato storto, ne avrei affrontato le conseguenze ma per ora, dovevo pensare a salvare l'equipaggio. Dopo aver dato l'ordine, mi rivolsi rapidamente al terminale più vicino e segnalai il malfunzionamento del sistema energetico e delle comunicazioni ai tecnici, sperando che potessero intervenire il prima possibile.
Mi voltai di nuovo verso Nina, che si preparava a risvegliare il tenente Kentar. L'attesa mi sembrava interminabile. Fissavo il bioletto con ansia, pregando che il risveglio del tenente fosse senza complicazioni. Mi sentivo nervosa, ma cercavo di mascherare le mie emozioni dietro una facciata di calma. La mia parte betazoide faceva fatica a trattenere le sensazioni di paura e incertezza, ma non potevo lasciarmi andare al panico.
Finalmente, il monitor del bioletto emise un suono familiare, segno che il tenente Kentar si stava risvegliando. Respirai profondamente e mi avvicinai per verificare le sue condizioni. I suoi occhi si aprirono lentamente e, anche se sembrava ancora confuso, era sveglio. Mi preparai a spiegargli la situazione, ma sapevo che dovevamo agire in fretta. Le sue capacità ingegneristiche avrebbero potuto fare la differenza.
«Tenente Kentar, abbiamo bisogno del suo aiuto. Il sistema energetico e le comunicazioni sono compromessi, e siamo bloccati. Può fare qualcosa per sistemare la situazione?», gli chiesi con un tono deciso ma rassicurante.
Kaz sembrava immerso nel suo mondo, confuso e affaticato dalla febbre iktariana. Quando si lasciò cadere sulla sedia, il suo viso tirato, capii che era al limite, proprio come me. Ma mentre io cercavo disperatamente di tenere insieme i pezzi della situazione, lui lottava semplicemente per mantenere la lucidità. Lo osservai in silenzio, chiedendomi come avrebbe gestito le cose.
Quando parlò dell'autopsia, fui colta di sorpresa. «Riker, non perda tempo con quel programma, segnali il malfunzionamento ai tecnici e poi mi raggiunga giù in obitorio...» Le sue parole mi scossero, ma cercai di mantenere il controllo. Lo guardai mentre si alzava e lasciava la stanza, apparentemente più determinato dopo aver sintetizzato una dose extra del farmaco
Le parole di Nina mi riportarono alla realtà. Il malfunzionamento del sistema energetico e delle comunicazioni ci stava lasciando sempre più isolati. Il panico cominciava a farsi strada dentro di me, ma lo tenni sotto controllo a fatica. Kaz era il capo medico, ma chiaramente non in condizione di fare scelte lucide; mentre mi concentravo sulle parole di Nina, una possibilità si fece strada nella mia mente. Il tenente Kentar era un ingegnere e, stando alle analisi di Nina, stava rispondendo bene alla cura. Forse, solo forse, poteva aiutarci a sistemare la situazione. Sapevo, però, che Kaz non avrebbe approvato il risveglio di un paziente in fase di recupero. Esitavo, consapevole del rischio, ma non avevamo molte altre scelte.
«Nina... risveglia il tenente Kentar» dissi, con una calma che non sentivo davvero. «È la nostra unica possibilità. Se possiamo evitare di compromettere ulteriormente la situazione, dobbiamo farlo. Il dottor Kaz potrebbe non essere d'accordo, ma in questo momento dobbiamo agire per il bene dell'equipaggio. Se il dottore chiede qualcosa, sono pronta a prendermi la responsabilità».
Sentii un'ondata di determinazione attraversarmi mentre pronunciavo quelle parole. Mio padre mi avrebbe detto che il comando non era mai facile, ma che prendersi le responsabilità era ciò che definiva un vero ufficiale. Se tutto fosse andato storto, ne avrei affrontato le conseguenze ma per ora, dovevo pensare a salvare l'equipaggio. Dopo aver dato l'ordine, mi rivolsi rapidamente al terminale più vicino e segnalai il malfunzionamento del sistema energetico e delle comunicazioni ai tecnici, sperando che potessero intervenire il prima possibile.
Mi voltai di nuovo verso Nina, che si preparava a risvegliare il tenente Kentar. L'attesa mi sembrava interminabile. Fissavo il bioletto con ansia, pregando che il risveglio del tenente fosse senza complicazioni. Mi sentivo nervosa, ma cercavo di mascherare le mie emozioni dietro una facciata di calma. La mia parte betazoide faceva fatica a trattenere le sensazioni di paura e incertezza, ma non potevo lasciarmi andare al panico.
Finalmente, il monitor del bioletto emise un suono familiare, segno che il tenente Kentar si stava risvegliando. Respirai profondamente e mi avvicinai per verificare le sue condizioni. I suoi occhi si aprirono lentamente e, anche se sembrava ancora confuso, era sveglio. Mi preparai a spiegargli la situazione, ma sapevo che dovevamo agire in fretta. Le sue capacità ingegneristiche avrebbero potuto fare la differenza.
«Tenente Kentar, abbiamo bisogno del suo aiuto. Il sistema energetico e le comunicazioni sono compromessi, e siamo bloccati. Può fare qualcosa per sistemare la situazione?», gli chiesi con un tono deciso ma rassicurante.