17-02-2025, 03:20 PM
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 17-02-2025, 03:22 PM da Neris.)
It is worthwhile studying other peoples, because every understanding of another culture is an experiment with our own.
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Haruka Abe Umana
Haruka comprendeva pienamente la frustrazione di Davies. Se solo avessero avuto tra le mani una chiave di lettura, qualcosa di equivalente a quello che la Stele di Rosetta era stata per la lingua egizia, avrebbero potuto risolvere il mistero davanti a loro. La presenza di computer era però promettente. Molto. Non solo forniva loro un indizio sul livello di tecnologia della civiltà che stavano studiando, ma era possibile che al loro interno ci fosse qualcosa in grado di aiutarli: video o audio che fornissero loro esempi della lingua parlata o, se fossero stati fortunati, un qualche sistema di traduzione in una lingua a loro familiare. Se l'analisi dei simboli non poteva fornire loro ulteriori indizi, forse valeva la pena concentrarsi sui computer.
Il problema era: avevano con loro qualcuno di esperto in archeologia della tecnologia? Il capitano stava cercando di attivare uno dei terminali, ma Haruka non aveva idea se potesse essere una buona idea toccarli senza fare prima analisi approfondite. Non sarebbe meglio... Iniziò a dire ma, prima che potesse completare la frase, il capitano fece scattare una leva e un sibilo attraversò la stanza. La giapponese trattenne il respiro, sopraffatta da una sensazione di calamità incombente. La fine del mondo che temeva però non avvenne: la struttura resse e non scattò alcuna trappola. L'unico cambiamento fu l'apertura parziale di una porta nascosta. Si era aperta solo di uno spiraglio ma, ora che sapevano della sua esistenza, non sarebbe stato difficile forzarla.
La preoccupazione sostituita dalla curiosità, Haruka si affrettò a recuperare il treppiede richiesto dal capitano. Non era esattamente pensato per essere usato come leva, ma fece il suo lavoro. Una volta che il varco fu sufficientemente largo per poter passare, il treppiede era diventato inutilizzabile. Visto com'era ridotto, Haruka immaginava che sarebbe finito direttamente nel sistema di riciclaggio della nave. Sarebbe stato più rapido replicarne uno analogo che tentare di ripararlo.
Al di là del varco, l'ambiente era buio. Haruka provò ad illuminarlo con la torcia, rendendo visibili quelli che sembravano alti parallelepipedi in metallo. Erano posti in maniera regolare appena al di là della porta, ai due lati di un passaggio delimitato da piastrelle di colore più chiaro. Sono... monoliti? Si ritrovò a dire, pensierosa, mentre la sua mente cercava collegamenti utili. Che avessero un qualche valore religioso? Si avvicinò ad uno di essi, attenta a non toccarlo, e scoprì che la sua superficie era riflettente. Non quanto uno specchio, ma abbastanza per permetterle di vedersi.
Il problema era: avevano con loro qualcuno di esperto in archeologia della tecnologia? Il capitano stava cercando di attivare uno dei terminali, ma Haruka non aveva idea se potesse essere una buona idea toccarli senza fare prima analisi approfondite. Non sarebbe meglio... Iniziò a dire ma, prima che potesse completare la frase, il capitano fece scattare una leva e un sibilo attraversò la stanza. La giapponese trattenne il respiro, sopraffatta da una sensazione di calamità incombente. La fine del mondo che temeva però non avvenne: la struttura resse e non scattò alcuna trappola. L'unico cambiamento fu l'apertura parziale di una porta nascosta. Si era aperta solo di uno spiraglio ma, ora che sapevano della sua esistenza, non sarebbe stato difficile forzarla.
La preoccupazione sostituita dalla curiosità, Haruka si affrettò a recuperare il treppiede richiesto dal capitano. Non era esattamente pensato per essere usato come leva, ma fece il suo lavoro. Una volta che il varco fu sufficientemente largo per poter passare, il treppiede era diventato inutilizzabile. Visto com'era ridotto, Haruka immaginava che sarebbe finito direttamente nel sistema di riciclaggio della nave. Sarebbe stato più rapido replicarne uno analogo che tentare di ripararlo.
Al di là del varco, l'ambiente era buio. Haruka provò ad illuminarlo con la torcia, rendendo visibili quelli che sembravano alti parallelepipedi in metallo. Erano posti in maniera regolare appena al di là della porta, ai due lati di un passaggio delimitato da piastrelle di colore più chiaro. Sono... monoliti? Si ritrovò a dire, pensierosa, mentre la sua mente cercava collegamenti utili. Che avessero un qualche valore religioso? Si avvicinò ad uno di essi, attenta a non toccarlo, e scoprì che la sua superficie era riflettente. Non quanto uno specchio, ma abbastanza per permetterle di vedersi.