14-05-2012, 01:32 AM
Salkhar
Vulcan/Romulan
Scosse appena il capo, alle parole della Trill, in una movenza che la invitava a non scomodarsi a ringraziare, e non aggiunse altro sull’argomento. Aveva già dato sfoggio a sufficienza delle sue conoscenze musicali, ma d’altronde, come vulcaniano, non era solito porsi il problema di poter apparire arrogante. Egocentrismo, solipsismo e perfino umiltà e modestia erano concetti sconosciuti ai sangue-verde che il giovane genio aveva imparato a conoscere – non ad applicare – solo sulla Terra. E aveva anche imparato a capire che fossero atteggiamenti pericolosi. Non ne era completamente sicuro, eppure la loro causa sembrava essere legata ad una profonda sofferenza, il più delle volte inconscia. Il processo era logico, in fondo: egocentrico era chi aveva uno sfrenato bisogno di apparire agli occhi degli altri, di essere apprezzato; modesto era chi ne aveva abbastanza di rispondere a delle aspettative di cui neppure aveva potere decisionale. Ciò a cui, invece, non trovava un senso era la ragione di questo dolore. Forse era la paura di essere dimenticati, o forse era il timore di deludere le persone care. Di quante sensazioni inutili erano capaci le creature emozionali. Tanti sforzi e per cosa, poi? Per un piedistallo fatto di sangue e di cadaveri? Per una bara fatta di rabbia e di lacrime? Alle volte si riteneva così fortunato ad essere nato vulcan e ad aver avuto un padre intransigente e tanto razionale da avergli risparmiato lo strazio delle passioni, ciò che, invece, paradossalmente, suo padre prima di lui aveva inseguito per tutta la vita. T’maekh gli aveva sempre parlato del nonno come di un traditore, un V’tosh ka’tur che aveva rifiutato la pace di Surak e che aveva addirittura sposato una romulana. Suo padre aveva dovuto pagare con la società per gli errori dei suoi genitori e aveva dovuto pagare per quella somiglianza fisica che lo rendeva troppo simile a sua madre. Lui, T’Mana e pure i loro due piccoli. Ma aveva rimediato – forse non del tutto – nonostante le cose non fossero state semplici. E ora che lui era svanito assieme a Vulcano, chissà come stavano Senak e la sua amata ex-decurione. Probabilmente da dio, visto che non avevano mai provato a contattare lui e Sorak nemmeno una volta, negli ultimi quattro anni. Meglio così. Lui e suo fratello non avevano niente da dire ad un traditore.
Vrrr! Vrrr!
Una vibrazione nella tasca interna dei pantaloni dell’alta uniforme catturò l’attenzione del giovane vulcan. Chi diavolo poteva essere? Mancava ancora un po’ alla partenza, se aveva fatto bene i conti, ma, se così non fosse stato, presumeva che anche la Heparel si sarebbe beccata una bella lavata di capo al primo giorno di servizio. Solo una volta estratto il dPad realizzò che si trattava di un messaggio, da parte di Sorak. Il testo conteneva solo poche parole.
“Rom-halan, Salkhar. Dif-tor heh smusma.”
Deglutì mentre ancora fissava il display luminoso, ma non azzardò altro e neppure pensò di rispondere. Ripose, invece, l’oggetto al suo posto, si schiarì la gola lievemente occlusa e tornò a concentrarsi sulla conversazione che, nel frattempo, aveva preso tutt’altra piega: si era spostata sull’attuale impiego della dottoressa Dax.
“Dunque è il Timoniere della U.S.S. Constellation.” Ripeté tra sé e sé, espediente per fare mente locale, aggrottando le sopracciglia. “Mi corregga se sbaglio, ma ‘Constellation’ non è anche il nome della Nave Stellare di cui s’è tanto voficerato recentemente?” Giravano dicerie, in Accademia, secondo cui alcuni membri della leggendaria Sezione 31 avessero fatto un po’ di casino sulla Luna. Dicerie parecchio insistenti, benché spesso contrastanti, che lasciavano supporre ci fosse qualcosa di veramente grosso sotto. Personalmente, riteneva che solo un cretino potesse credere che la Federazione fosse del tutto pulita, considerando casi simili nel corso della storia. Umanità è anche interesse politico, economico, tradimento e semplice follia, tutti intenti che l’informazione federale si guardava bene dal rendere pubblici, per salvarsi la faccia. “Pare che il Capitano in carica fosse invischiato in faccende scomode alla Federazione, ma non sono che semplici dicerie, attualmente.” Stavolta, poi, sembrava fossero coinvolti pure i Klingon. Non c’era nulla di esatto, ma, stando alle voci, questi erano riusciti ad installare una base segreta nel Settore 001. Non che fosse un fatto impossibile. Benché la filosofia Klingon si fondasse principalmente sull’Onore, la loro subdola tecnologia militare era una prova sufficiente a dimostrare che fossero avversari temibilmente astuti e assolutamente degni di rispetto.
Comunque decise non fosse il caso di aggiungere altro. Se la Constellation aveva davvero qualcosa a che fare col presunto attentato alla Luna, Elina Dax non ne sapeva niente, o non avrebbe incautamente ammesso di esserne il Timoniere. E, se qualcosa sapeva, non l’avrebbe certamente raccontata a loro.
Dal momento che intese lasciar morire la questione, il suo sguardo si spostò sulla betazoide, che appariva a dir poco entusiasta di averlo come compagno di esperienze ancora una volta, forse al ricordo dei momenti piacevoli trascorsi assieme all’Accademia. Momenti piacevoli che terminavano, la maggior parte delle volte, con la drastica diminuzione della sua scorta di foglie di tè vulcaniano. Gli era stato chiaro fin dal principio che quella roba, per l’etnologa, fosse peggio di una droga, da cui andava facilmente in astinenza. E, proprio sapendo di questo suo piccolo vizio, non era mai stato un problema, per lui, fornirgliene ogni volta che la giovane ne avesse avuto voglia.
“Ritengo che Lei approfitti fin troppo della mia disponibilità, dottoressa Heparel.” Non mancò, comunque, di appuntarle in quello che suonò come un commento tanto acido quanto inespressivo. Ma solo Tan-Kantlya tra i presenti lo conosceva bene a sufficienza da capire che quella voleva essere solo una battuta simpatica. Il fatto, poi, che gli fosse venuta fuori tanto male era imputabile alla sua educazione vulcan. “Ma La riterrei meno obbligata se mi concedesse in prestito quei CD dei Talking Heads a cui mi ha accennato qualche tempo fa, per sdebitarsi.” La sua era evidentemente una richiesta esplicita, di cui, nel gesto di sollevare le sopracciglia, non mancò di sottolineare la retorica. Forse fu per un particolare effetto dell’illuminazione artificiale che sembrò impercettibilmente accennare ad un sorriso, quando tornò a voltarsi verso la Trill.
"No, non sbaglia, dottoressa Dax, la Sua informazione è esatta." Le confermò, alzando appena il mento. Per quanto poco ne sapesse sul nuovo equipaggio della U.S.S. Eternity, era certo di aver sentito dire che il Capitano fosse proprio Edward Harris. La risposta della Heparel arrivò come la definitiva conferma e, a quanto pareva, non era il solo a non saperne molto a riguardo. “Neppure io ho avuto modo di conoscere personalmente il Capitano Harris, ma ho sentito dire che, prima di essere assegnato all’Eternity, abbia prestato servizio come massimo dirigente della U.S.S. Essex in una missione quinquennale.” Insomma, non era esattamente un novellino.
Vrrr! Vrrr!
Una vibrazione nella tasca interna dei pantaloni dell’alta uniforme catturò l’attenzione del giovane vulcan. Chi diavolo poteva essere? Mancava ancora un po’ alla partenza, se aveva fatto bene i conti, ma, se così non fosse stato, presumeva che anche la Heparel si sarebbe beccata una bella lavata di capo al primo giorno di servizio. Solo una volta estratto il dPad realizzò che si trattava di un messaggio, da parte di Sorak. Il testo conteneva solo poche parole.
“Rom-halan, Salkhar. Dif-tor heh smusma.”
Deglutì mentre ancora fissava il display luminoso, ma non azzardò altro e neppure pensò di rispondere. Ripose, invece, l’oggetto al suo posto, si schiarì la gola lievemente occlusa e tornò a concentrarsi sulla conversazione che, nel frattempo, aveva preso tutt’altra piega: si era spostata sull’attuale impiego della dottoressa Dax.
“Dunque è il Timoniere della U.S.S. Constellation.” Ripeté tra sé e sé, espediente per fare mente locale, aggrottando le sopracciglia. “Mi corregga se sbaglio, ma ‘Constellation’ non è anche il nome della Nave Stellare di cui s’è tanto voficerato recentemente?” Giravano dicerie, in Accademia, secondo cui alcuni membri della leggendaria Sezione 31 avessero fatto un po’ di casino sulla Luna. Dicerie parecchio insistenti, benché spesso contrastanti, che lasciavano supporre ci fosse qualcosa di veramente grosso sotto. Personalmente, riteneva che solo un cretino potesse credere che la Federazione fosse del tutto pulita, considerando casi simili nel corso della storia. Umanità è anche interesse politico, economico, tradimento e semplice follia, tutti intenti che l’informazione federale si guardava bene dal rendere pubblici, per salvarsi la faccia. “Pare che il Capitano in carica fosse invischiato in faccende scomode alla Federazione, ma non sono che semplici dicerie, attualmente.” Stavolta, poi, sembrava fossero coinvolti pure i Klingon. Non c’era nulla di esatto, ma, stando alle voci, questi erano riusciti ad installare una base segreta nel Settore 001. Non che fosse un fatto impossibile. Benché la filosofia Klingon si fondasse principalmente sull’Onore, la loro subdola tecnologia militare era una prova sufficiente a dimostrare che fossero avversari temibilmente astuti e assolutamente degni di rispetto.
Comunque decise non fosse il caso di aggiungere altro. Se la Constellation aveva davvero qualcosa a che fare col presunto attentato alla Luna, Elina Dax non ne sapeva niente, o non avrebbe incautamente ammesso di esserne il Timoniere. E, se qualcosa sapeva, non l’avrebbe certamente raccontata a loro.
Dal momento che intese lasciar morire la questione, il suo sguardo si spostò sulla betazoide, che appariva a dir poco entusiasta di averlo come compagno di esperienze ancora una volta, forse al ricordo dei momenti piacevoli trascorsi assieme all’Accademia. Momenti piacevoli che terminavano, la maggior parte delle volte, con la drastica diminuzione della sua scorta di foglie di tè vulcaniano. Gli era stato chiaro fin dal principio che quella roba, per l’etnologa, fosse peggio di una droga, da cui andava facilmente in astinenza. E, proprio sapendo di questo suo piccolo vizio, non era mai stato un problema, per lui, fornirgliene ogni volta che la giovane ne avesse avuto voglia.
“Ritengo che Lei approfitti fin troppo della mia disponibilità, dottoressa Heparel.” Non mancò, comunque, di appuntarle in quello che suonò come un commento tanto acido quanto inespressivo. Ma solo Tan-Kantlya tra i presenti lo conosceva bene a sufficienza da capire che quella voleva essere solo una battuta simpatica. Il fatto, poi, che gli fosse venuta fuori tanto male era imputabile alla sua educazione vulcan. “Ma La riterrei meno obbligata se mi concedesse in prestito quei CD dei Talking Heads a cui mi ha accennato qualche tempo fa, per sdebitarsi.” La sua era evidentemente una richiesta esplicita, di cui, nel gesto di sollevare le sopracciglia, non mancò di sottolineare la retorica. Forse fu per un particolare effetto dell’illuminazione artificiale che sembrò impercettibilmente accennare ad un sorriso, quando tornò a voltarsi verso la Trill.
"No, non sbaglia, dottoressa Dax, la Sua informazione è esatta." Le confermò, alzando appena il mento. Per quanto poco ne sapesse sul nuovo equipaggio della U.S.S. Eternity, era certo di aver sentito dire che il Capitano fosse proprio Edward Harris. La risposta della Heparel arrivò come la definitiva conferma e, a quanto pareva, non era il solo a non saperne molto a riguardo. “Neppure io ho avuto modo di conoscere personalmente il Capitano Harris, ma ho sentito dire che, prima di essere assegnato all’Eternity, abbia prestato servizio come massimo dirigente della U.S.S. Essex in una missione quinquennale.” Insomma, non era esattamente un novellino.