30-05-2012, 12:02 AM
T'Kaat
Vulcan/Q
Dovrebbe ormai essere evidente che quello che si muove dentro una scorza dai caratteri di specie definiti ed inconfondibili è uno spirito estremamente versatile. Date a questo spirito qualcosa di nuovo, intrigante e stuzzicante, e assumerà presto le sembianze di un folletto sbarazzino. È giovane, è curioso, conosce la disciplina ma... fino a che punto degli insegnamenti arrivati dopo possono avere potere su un insieme di istinti in origine lasciati liberi nel modo più assoluto? Colei di cui parliamo, in fin dei conti, è la prima figlia, dai dubbi natali, di una comunità di dissidenti, su quello che è probabilmente il pianeta più disinibito della galassia. Insomma, tutta questa introduzione per render chiaro quello che in questo contesto può essere generato quando uno sguardo diverso proviene da qualcuno che già inconsciamente abbiamo cominciato ad apprezzare.
Ha cominciato a muoversi con naturalezza, ma il suo corpo si è sentito osservato, e ha reagito aumentando il grado della sua già caratteristica sinuosità. Se fosse stato più maturo, probabilmente avrebbe aspirato alla vera e propria sensualità.
Per ora, in altre parole, è come se ci fosse un’interferenza nell’unità di mente e corpo. Un’interferenza umana, troppo umana - o, per essere più precisi, umanoide, troppo umanoide.
In un primo momento, è ancora la mente a detenere la supremazia, e la ragazza ascolta, immobile ed in silenzio, ascolta tutto: l’osservazione sulla logica, quella sul suo sorriso, il discorso sui turni e il Capitano. Quando il Comandante la supera, volta appena il capo, guardandolo con la coda dell’occhio. Mentre lui fa scattare le ossa delle dita, poi, finalmente scioglie le proprie dal loro posto dietro la schiena, lasciando andare le braccia lungo i fianchi. Lui si volta, lei si volta. Ora sono vicini, quasi l’uno di fronte all’altro, lei un po’ più sulla sua sinistra. Ed è questo il frangente in cui è lo spirito animale ad assumere per un attimo il controllo. Non che possa fare molto, da solo, non essendo ancora perfettamente sviluppate le condizioni fisiologiche che la natura ha predisposto per il suo completo e maturo manifestarsi, ma il volto della ragazza è rivolto verso il basso e la bocca, appena dischiusa, si occupa momentaneamente della respirazione, diventando presto umida, mentre gli occhi sembrano impegnati nell’esame delle mani di questo nuovo essere.
« Il suo nome è Salkhar, vero? » Un pensiero che ha deciso da solo di diventare sussurro.
« Comandante, Comandante Salkhar. » Improvviso, al punto da risultare quasi stridente sul principio, il suono della sua voce torna al volume e all’intonazione soliti. Il volto si solleva, gli occhi tornano a guardare gli occhi, le guance particolarmente tinte di verde sono l’unica cosa che non può tornare immediatamente immacolata. « Le esprimo la mia comprensione e il mio appoggio in merito a questa questione. Vedo anche che ha deciso di usare una via molto cauta. Senza dubbio, nella sua posizione potrebbe... » Un suggerimento, appena accennato e appena complice. Un incipit che, piccolo e lento, viene seminato da un discorso che rivendica con molta più forza di essere terminato. Il risultato è che il movimento precedente finisce troncato, e questo inizia in levare.
« Non posso darle ragione su un punto. “Questo non mi rende particolarmente diverso dai nostri consanguinei”, lei dice. Eppure io sono stata in grado di individuare la sua diversità grazie ad una domanda e ad una risposta. »
È tentata di interrompere qui il proprio parlare, meramente per osservare per bene l’effetto di queste poche parole ardite su colui che, nonostante tutto, aveva fatto ben intendere anche quanto ci tenesse a non essere particolarmente diverso.
La provocazione ormai è lanciata, un pungolo diretto in piena consapevolezza. Un pungolo che, però, è anche un dato di fatto meritevole di una spiegazione razionale.
« Non mi fraintenda: secondo i presupposti del mio ragionamento non ha alcuna importanza quali sono, in un individuo, gli elementi di mescolanza. La natura è intelligente, e la mescolanza produce risultati straordinari. Kol-Ut-Shan: infinita diversità in infinite combinazioni. I suoi schemi mentali sono troppo dinamici per essere frutto di una sola influenza. Lo consideri pure il mio postulato. »
Gli angoli della sua bocca si curvano questa volta entrambi, in maniera più delicata rispetto a prima, come se avessero appena deciso di dimostrare di saper anche non essere ‘sinistri’.
« Quanto a me... », sospira, solleva leggermente lo sguardo. Le sue dita si muovono, strofinandosi un po’ le une con le altre, come se ora non sapessero che farsene dell’esser lasciate lì lungo i fianchi. « Mia madre è sicuramente vulcaniana. Fa parte di una comunità che ha rigettato la dottrina di Surak e si è stabilita inizialmente su Delta IV, dove sono nata e ho speso gran parte dell’infanzia. Non ho idea, invece, di chi sia mio padre. In realtà, credo che nemmeno mia madre lo sappia. Ed il mio tutore su Nuovo Vulcano è mezzo umano. » Anche le sue ultime parole suonano particolarmente piatte, probabilmente perché sono sempre le stesse, ripetute tante volte.
Queste che vengono, invece, sembrano covare al proprio interno un particolare calore. Una confessione, per chiudere il cerchio, e tornare all’osservazione fatta poco prima dal giovane ufficiale: « Un individuo straordinario, l’Ambasciatore Spock. E mi ha insegnato che la logica... è solo l’anticamera della saggezza. »
Ha cominciato a muoversi con naturalezza, ma il suo corpo si è sentito osservato, e ha reagito aumentando il grado della sua già caratteristica sinuosità. Se fosse stato più maturo, probabilmente avrebbe aspirato alla vera e propria sensualità.
Per ora, in altre parole, è come se ci fosse un’interferenza nell’unità di mente e corpo. Un’interferenza umana, troppo umana - o, per essere più precisi, umanoide, troppo umanoide.
In un primo momento, è ancora la mente a detenere la supremazia, e la ragazza ascolta, immobile ed in silenzio, ascolta tutto: l’osservazione sulla logica, quella sul suo sorriso, il discorso sui turni e il Capitano. Quando il Comandante la supera, volta appena il capo, guardandolo con la coda dell’occhio. Mentre lui fa scattare le ossa delle dita, poi, finalmente scioglie le proprie dal loro posto dietro la schiena, lasciando andare le braccia lungo i fianchi. Lui si volta, lei si volta. Ora sono vicini, quasi l’uno di fronte all’altro, lei un po’ più sulla sua sinistra. Ed è questo il frangente in cui è lo spirito animale ad assumere per un attimo il controllo. Non che possa fare molto, da solo, non essendo ancora perfettamente sviluppate le condizioni fisiologiche che la natura ha predisposto per il suo completo e maturo manifestarsi, ma il volto della ragazza è rivolto verso il basso e la bocca, appena dischiusa, si occupa momentaneamente della respirazione, diventando presto umida, mentre gli occhi sembrano impegnati nell’esame delle mani di questo nuovo essere.
« Il suo nome è Salkhar, vero? » Un pensiero che ha deciso da solo di diventare sussurro.
« Comandante, Comandante Salkhar. » Improvviso, al punto da risultare quasi stridente sul principio, il suono della sua voce torna al volume e all’intonazione soliti. Il volto si solleva, gli occhi tornano a guardare gli occhi, le guance particolarmente tinte di verde sono l’unica cosa che non può tornare immediatamente immacolata. « Le esprimo la mia comprensione e il mio appoggio in merito a questa questione. Vedo anche che ha deciso di usare una via molto cauta. Senza dubbio, nella sua posizione potrebbe... » Un suggerimento, appena accennato e appena complice. Un incipit che, piccolo e lento, viene seminato da un discorso che rivendica con molta più forza di essere terminato. Il risultato è che il movimento precedente finisce troncato, e questo inizia in levare.
« Non posso darle ragione su un punto. “Questo non mi rende particolarmente diverso dai nostri consanguinei”, lei dice. Eppure io sono stata in grado di individuare la sua diversità grazie ad una domanda e ad una risposta. »
È tentata di interrompere qui il proprio parlare, meramente per osservare per bene l’effetto di queste poche parole ardite su colui che, nonostante tutto, aveva fatto ben intendere anche quanto ci tenesse a non essere particolarmente diverso.
La provocazione ormai è lanciata, un pungolo diretto in piena consapevolezza. Un pungolo che, però, è anche un dato di fatto meritevole di una spiegazione razionale.
« Non mi fraintenda: secondo i presupposti del mio ragionamento non ha alcuna importanza quali sono, in un individuo, gli elementi di mescolanza. La natura è intelligente, e la mescolanza produce risultati straordinari. Kol-Ut-Shan: infinita diversità in infinite combinazioni. I suoi schemi mentali sono troppo dinamici per essere frutto di una sola influenza. Lo consideri pure il mio postulato. »
Gli angoli della sua bocca si curvano questa volta entrambi, in maniera più delicata rispetto a prima, come se avessero appena deciso di dimostrare di saper anche non essere ‘sinistri’.
« Quanto a me... », sospira, solleva leggermente lo sguardo. Le sue dita si muovono, strofinandosi un po’ le une con le altre, come se ora non sapessero che farsene dell’esser lasciate lì lungo i fianchi. « Mia madre è sicuramente vulcaniana. Fa parte di una comunità che ha rigettato la dottrina di Surak e si è stabilita inizialmente su Delta IV, dove sono nata e ho speso gran parte dell’infanzia. Non ho idea, invece, di chi sia mio padre. In realtà, credo che nemmeno mia madre lo sappia. Ed il mio tutore su Nuovo Vulcano è mezzo umano. » Anche le sue ultime parole suonano particolarmente piatte, probabilmente perché sono sempre le stesse, ripetute tante volte.
Queste che vengono, invece, sembrano covare al proprio interno un particolare calore. Una confessione, per chiudere il cerchio, e tornare all’osservazione fatta poco prima dal giovane ufficiale: « Un individuo straordinario, l’Ambasciatore Spock. E mi ha insegnato che la logica... è solo l’anticamera della saggezza. »