07-05-2012, 01:04 AM
Salkhar
Vulcan/Romulan
Era evidente che l’autore dello spintone non intendesse andarci leggero, ma per un umano, anche particolarmente dotato, sarebbe stato difficile far perdere l’equilibrio al vulcaniano anche se c’avesse impiegato tutta la forza che aveva in corpo. Mettere al tappeto quel giovane mezzosangue, all’apparenza così gracile, non era certo un’impresa semplice, a meno che non si possedesse la forza di un Klingon. E forse neppure sarebbe stato sufficiente. D’altronde, le condizioni climatiche ed atmosferiche di Vulcano erano ben note a tutti gli studenti che avessero anche solo un minimo d’interesse per la storia e la geografia dei pianeti della Federazione, anche se non proprio tutti potevano essere a conoscenza dell’importanza che i vulcaniani attribuivano all’indipendenza. Riuscire a sopravvivere in condizioni estreme, mettersi continuamente alla prova, superare se stessi erano, per i vulcaniani, condizioni necessarie, già da molto piccoli, a temprare mente e spirito e solo i più forti restavano in vita per essere riconosciuti quali parte integrante della loro gente. Così era stato all’inizio tempi e così sarebbe stato anche in futuro e nessuno aveva mai pensato fosse il caso di cambiare le cose. Anzi, era indispensabile non dover gravare sulle spalle del prossimo, nemmeno su quelle dei propri genitori, in una società che aveva posto la Logica alla base di tutto, della vita e dell’essere stessi. Cosa potevano rappresentare una spintarella e un paio di offese in confronto al ricordo dei giorni del Kahs Wan, trascorsi in completa solitudine nel deserto della Fornace, con neppure il minimo indispensabile a disposizione e all’età di soli sette anni? Perfino l’addestramento militare dell’Accademia sembrava una passeggiata al parco, al confronto. Ciononostante un risultato l’umano era riuscito ad ottenerlo: adesso doveva rifarsi tutta la fila se aveva intenzione di mettere qualcosa sotto i denti. Il solo pensiero avrebbe fatto rabbrividire anche il più virtuoso degli individui, visto quanto c’aveva messo per mettere assieme un paio di pietanze scialbe, che in tutta probabilità neppure avevano tutto questo sapore, per lui. Ma non era la prima angheria di quel tipo che subiva dal fantastico trio dei co*****i repressi (due umani ed un andoriano), come molti studenti solevano soprannominarli. Ormai c’aveva fatto il callo a tal punto da non avere neppure più voglia di controbattere. “Sei superiore.” Gli aveva ripetuto Sorak ogni volta che s’erano trovati a parlarne. “Gli emotivi compiono spesso atti illogici.” E aveva ragione. Più conviveva con umani, orioniani, bajoriani, più se ne rendeva conto. Atti di violenza gratuita, offese, follia improvvisa, rifiuto del criterio, su Vulcano costavano l’emarginazione, se non l’esilio dal pianeta, com’era accaduto per suo nonno, mentre sulla Terra erano eventi all’ordine del giorno. E ora che si trovava ad osservare quello che era solo il lontano ricordo del suo pranzo, si chiedeva se quello spreco non fosse un cazzotto in pieno viso a tutti quelli che, in passato, avevano dovuto patire la fame. Un sopracciglio si sollevò, forse di interdizione, al sol pensiero. “Illogico.” Esordì dal nulla, suscitando le risate dei membri del terzetto, uno dei quali (il più grosso), avanzò di qualche passo solo per afferrargli una spalla e spintonarlo nuovamente, tanto che il giovane genio fu costretto ad indietreggiare di un paio di passetti.
“Che hai detto, vulcan?” Che Sanders usasse quel nome come un dispregiativo era ormai chiaro anche al giovane mezzosangue. “Adesso vorresti dare la colpa a noi perché tu sei una mammoletta?” Sbatté le palpebre un paio di volte, il mezzosangue, mentre si chiedeva che bisogno avesse il bullo di alzare la voce a quel modo quando poteva sentirlo benissimo, a mezzo metro di distanza. Ah, certo... Quasi dimenticava che sbraitare minacce infondate fosse il modo degli umani di dimostrare autorità e potere.
“Affascinante.” Rifletté tra sé e sé, la voce atona. “Perfetti esempi viventi di homo sapiens, direi.” La sua fu una semplice constatazione, espressa con una calma insolitamente piatta e che gli diede l’opportunità di osservare da vicino il repentino cambiamento emotivo del suo aggressore. Non era necessario essere campioni di sensibilità per capire che a Sanders non aveva fatto particolarmente piacere il commento e avrebbe sferrato un pugno ben assestato sulla mascella del vulcaniano, se una giovane sconosciuta non avesse pensato che fosse il caso di darci un taglio. Si frappose tra loro, quella che all’apparenza sembrava solo un altro essere umano, ma Salkahr aveva già avuto a che fare con altri betazoidi ed era troppo acuto per lasciarsi sfuggire anche il più insignificante dei particolari. E, in questo caso, dal momento che la studentessa si rivolgeva a lui guardandolo dritto negli occhi, era impossibile si sbagliasse.
“Le assicuro che non sarebbe accaduto se…” Non ebbe la possibilità di concludere. La voce della nuova venuta, con quello sguardo che la rendeva così poco incline ad ammettere giustificazioni, si sovrappose alla sua, zittendolo istantaneamente. Gli ci vollero pochi istanti per realizzare che quello della betazoide fosse un piano per tirarlo fuori da quella situazione scomoda e lo sguardo saettò prima verso il furibondo Sanders, poi tornò sulla figura della giovane donna. E ora? Che diavolo doveva fare? Affrontare la situazione e rischiare di scatenare una rissa o mentire per la prima volta nella sua vita? “A-ah, io, ecco…” La decisione più difficile della sua giovane vita! Se ne avesse avuto la possibilità, avrebbe volentieri chiesto consiglio a Sorak su quale fosse la cosa più logica da fare! Ma parve aver deciso la betazoide per entrambi: l’invito a seguirla dava poche possibilità di tirarsi indietro e, non poté che annuire in risposta, il vulcaniano che, se non fosse stato per l’incertezza momentanea, non avrebbe dato motivo a nessuno di sospettare di nulla. “Mi-mi dispiace, arrivo sub…” Ancora una volta fu interrotto nel mezzo, quando d’improvviso la betazoide gli volò addosso, letteralmente – per l’esattezza, qualcuno ce la spinse – facendogli quasi perdere l’equilibrio per la sorpresa. “E levati di mezzo, tu!” Anche questa volta l’autore, che aveva chiaramente alluso alla giovane donna, era un personaggio originariamente estraneo alla discussione. Ma per lo meno indirettamente coinvolto. Un tipo piuttosto grosso (forse un cadetto aspirante alla sezione sicurezza) e dall’aria terribilmente incazzata. Il vassoio doveva essere caduto nei pressi del suo tavolo, imbrattandogli la divisa di una lunga ed evidente colata di latte di soia e non l’aveva presa con filosofia, a giudicare dall’espressione che rivolse ai veri responsabili dell’accaduto.
“Sanders, brutto bastardo, se vuoi rompere il c**o a quel pi********o e alla sua tr*****a vai a farlo da un’altra parte!” Nel frattempo, piccoli gruppi di studenti avevano cominciato a radunarsi attorno ai contendenti.
Dal canto suo, il mezzosangue non fece molto caso a quanto accadeva a pochi passi da loro. Afferrò, invece, la betazoide per le spalle, aiutandola a riprendere l’equilibrio. “Sta bene, signorina?” L’inflessione atona della voce sembrava addirittura irreale. Dava quasi l’impressione di essere un androide. “Mi auguro non sia ferita. Me ne rammaricherei, se così fosse, dopo quanto ha fatto per me. Devo ringraziarLa.”
“Che hai detto, vulcan?” Che Sanders usasse quel nome come un dispregiativo era ormai chiaro anche al giovane mezzosangue. “Adesso vorresti dare la colpa a noi perché tu sei una mammoletta?” Sbatté le palpebre un paio di volte, il mezzosangue, mentre si chiedeva che bisogno avesse il bullo di alzare la voce a quel modo quando poteva sentirlo benissimo, a mezzo metro di distanza. Ah, certo... Quasi dimenticava che sbraitare minacce infondate fosse il modo degli umani di dimostrare autorità e potere.
“Affascinante.” Rifletté tra sé e sé, la voce atona. “Perfetti esempi viventi di homo sapiens, direi.” La sua fu una semplice constatazione, espressa con una calma insolitamente piatta e che gli diede l’opportunità di osservare da vicino il repentino cambiamento emotivo del suo aggressore. Non era necessario essere campioni di sensibilità per capire che a Sanders non aveva fatto particolarmente piacere il commento e avrebbe sferrato un pugno ben assestato sulla mascella del vulcaniano, se una giovane sconosciuta non avesse pensato che fosse il caso di darci un taglio. Si frappose tra loro, quella che all’apparenza sembrava solo un altro essere umano, ma Salkahr aveva già avuto a che fare con altri betazoidi ed era troppo acuto per lasciarsi sfuggire anche il più insignificante dei particolari. E, in questo caso, dal momento che la studentessa si rivolgeva a lui guardandolo dritto negli occhi, era impossibile si sbagliasse.
“Le assicuro che non sarebbe accaduto se…” Non ebbe la possibilità di concludere. La voce della nuova venuta, con quello sguardo che la rendeva così poco incline ad ammettere giustificazioni, si sovrappose alla sua, zittendolo istantaneamente. Gli ci vollero pochi istanti per realizzare che quello della betazoide fosse un piano per tirarlo fuori da quella situazione scomoda e lo sguardo saettò prima verso il furibondo Sanders, poi tornò sulla figura della giovane donna. E ora? Che diavolo doveva fare? Affrontare la situazione e rischiare di scatenare una rissa o mentire per la prima volta nella sua vita? “A-ah, io, ecco…” La decisione più difficile della sua giovane vita! Se ne avesse avuto la possibilità, avrebbe volentieri chiesto consiglio a Sorak su quale fosse la cosa più logica da fare! Ma parve aver deciso la betazoide per entrambi: l’invito a seguirla dava poche possibilità di tirarsi indietro e, non poté che annuire in risposta, il vulcaniano che, se non fosse stato per l’incertezza momentanea, non avrebbe dato motivo a nessuno di sospettare di nulla. “Mi-mi dispiace, arrivo sub…” Ancora una volta fu interrotto nel mezzo, quando d’improvviso la betazoide gli volò addosso, letteralmente – per l’esattezza, qualcuno ce la spinse – facendogli quasi perdere l’equilibrio per la sorpresa. “E levati di mezzo, tu!” Anche questa volta l’autore, che aveva chiaramente alluso alla giovane donna, era un personaggio originariamente estraneo alla discussione. Ma per lo meno indirettamente coinvolto. Un tipo piuttosto grosso (forse un cadetto aspirante alla sezione sicurezza) e dall’aria terribilmente incazzata. Il vassoio doveva essere caduto nei pressi del suo tavolo, imbrattandogli la divisa di una lunga ed evidente colata di latte di soia e non l’aveva presa con filosofia, a giudicare dall’espressione che rivolse ai veri responsabili dell’accaduto.
“Sanders, brutto bastardo, se vuoi rompere il c**o a quel pi********o e alla sua tr*****a vai a farlo da un’altra parte!” Nel frattempo, piccoli gruppi di studenti avevano cominciato a radunarsi attorno ai contendenti.
Dal canto suo, il mezzosangue non fece molto caso a quanto accadeva a pochi passi da loro. Afferrò, invece, la betazoide per le spalle, aiutandola a riprendere l’equilibrio. “Sta bene, signorina?” L’inflessione atona della voce sembrava addirittura irreale. Dava quasi l’impressione di essere un androide. “Mi auguro non sia ferita. Me ne rammaricherei, se così fosse, dopo quanto ha fatto per me. Devo ringraziarLa.”