17-05-2012, 12:23 PM
Salkhar
Vulcan/Romulan
Le parole di riconoscenza neppure parvero sfiorare l’attenzione della betazoide, che era evidentemente rivolta altrove. Non c’era bisogno di ricorrere a particolari poteri psichici per capire che la giovane ribolliva di rabbia. Il vulcaniano poteva avvertirne chiaramente il corpo tremare sotto i palmi delle mani, che ancora le tenevano le spalle salde nella presa. Una reazione del tutto spropositata, a suo parere, visto che la spinta, seppur rozza, non le aveva procurato danni fisici di alcun genere, ma almeno in parte giustificabile, se considerata da un altro punto di vista. L’uomo dalla maglietta imbrattata, col suo gesto, l’aveva oltraggiata. Non era qualcosa che il mezzosangue poteva comprendere a pieno, ma una volta Holana Laren, la bajoriana del corso di biologia, gli aveva spiegato che certe azioni e certe parole sono capaci di fare più male di un calcio ben assestato negli stinchi. Gli esseri emozionali erano dominati da questa fastidiosa cosa chiamata “orgoglio”, qualcosa di estremamente potente, quanto irrazionale e tanto, troppo facile da ferire. Forse era, in qualche modo, simile a quella sensazione sgradevole che un tempo, quand’era ancora molto piccolo, lo aveva perseguitato, al coro di critiche dei compagni di scuola, che canzonavano lui e suo fratello per la loro natura controversa. Come essere dominati costantemente dalla confusione del caos, quel caos che aveva saputo farsi scivolare addosso, come avevano fatto suo padre e Sorak prima di lui, fino a svuotarsene completamente. Fino a dimenticare.
"Sarebbe saggio da parte sua lasciar perdere, signorina.” Tentò di dissuaderla da un'evenutale reazione, ma si rese conto in fretta che lei non lo stava ascoltando. Stando così le cose, non c’era bisogno di aggiungere altro. Se la betazoide aveva optato per regolare i conti, non era certo un suo problema. Le lasciò libere le spalle, poi indietreggiò di qualche passo, mettendosi in disparte, e restò ad osservare, a braccia conserte. Non che reputasse una rissa tra teppisti particolarmente interessante, ma aveva ancora un debito da saldare nei confronti della sconosciuta, che poco prima non aveva esitato a rischiare di buscarsi un pestaggio al suo posto, nonostante non ve ne fosse affatto bisogno. Era tutta la vita che il mezzosangue si addestrava alla pratica delle arti marziali e la sola forza del suo braccio sinistro, probabilmente, sarebbe bastata a tenere a bada tutti i membri del terzetto… sempre che prima fossero riusciti a resistere alla sua presa vulcaniana. Ma forse non sarebbe stato costretto ad intervenire, dal momento che la betazoide restava immobile nella sua posizione a fissare Sanders e l’intruso che continuavano a lanciarsi addosso insulti gratuiti. E la situazione peggiorò ulteriormente quando Harvey – a suo giudizio, l’elemento peggiore del gruppo – perse improvvisamente le staffe, apparentemente in preda ad un attacco di isterica cavalleria. Le sopracciglia del vulcaniano si sollevarono simultaneamente, in un atto di malcelato stupore. Se la reazione della betazoide gli era parsa esagerata, quella di Harvey, che continuava a malmenare il cadetto insistentemente, era a dir poco assurda, soprattutto considerando il fatto che le offese non fossero rivolte a lui. Avrebbe giurato di aver assaporato, per la prima volta nella sua vita, il gusto dello sgomento, a quella visione.
"Illogico." Esordì dal nulla, incapace di commentare la situazione altrimenti. E pensare che era lui ad averle quasi prese e ad essersi sorbito una sfilza di insulti, eppure era stato l'unico a restare completamente indifferente. Cominciava a sembrargli sensato che battersi per l’orgoglio ad ogni costo fosse controproducente: non si otteneva nulla, se non una visita al pronto soccorso e la sospensione temporanea dalle attività didattiche.
Ma, in verità, c’era qualcos’altro che lo inquietava molto più di tutto quanto il resto: voler restare al di fuori della questione era comprensibile, ma, se nessuno aveva intenzione di intervenire, era proprio necessario, da parte di alcuni, continuare perfino ad incitare? Che gusto ci trovavano nello sfoggio di tanta selvaggia irruenza? E quelli sarebbero diventati i nuovi ufficiali della Flotta Stellare, incaricati di condurre pacifiche missioni esplorative o diplomatiche presso nuove e tollerate civiltà? Forse ora cominciava ad apparirgli evidente il motivo per cui T’maekh non avesse mai particolarmente apprezzato la milizia della Federazione. Eppure il giovane vulcan confidava ancora in una giustizia unanime e nel miracolo della meritocrazia. Ammirava troppo l’operato della Flotta per vivere nel pregiudizio, perché era solo merito della sua efficienza se il popolo di Vulcano, anche se drasticamente decimato, aveva potuto sopravvivere e ripartire da zero.
Già… Escludendo qualche piccola eccezione, la Flotta non era poi così male, dopotutto.
“Ti spacco la faccia, babbeo!” Qualcuno sbraitò in lontananza, catturando la sua attenzione, ma non riuscì ad identificarne la posizione. Dovette, però, ringraziarlo mentalmente, il mezzosangue, per averlo indotto a guardare nella sua direzione: se quella voce non lo avesse attirato, non si sarebbe mai accorto del vassoio che volava dritto contro di lui. Riuscì a schivarlo all’ultimo secondo, tirandosi indietro col busto ed evitandosi di prenderlo direttamente sul naso, perché, a quel punto, neppure la sua superiore forza vulcan sarebbe servita ad impedirgli di romperselo. Forse era davvero arrivato il momento di uscire da lì dentro. Ora che la situazione aveva finito col degenerare, i professori s’erano perfino visti costretti ad intervineire e alcuni di loro li riconobbe pure: Arthur Philip Louis, docente di chimica del primo anno, che cercava di diradare la folla dall’estremo apposto al suo; Alina Kalczynska, docente di biologia del terzo anno, che tuonava di tornare tutti al proprio posto; Amyra Yeerum, la celebre – quanto temuta – docente di xenoantropologia, che cercava di farsi largo tra le masse, a pochi metri dalla causa scatenante. E ci riusciva benissimo. Frequentando alcuni studenti del suo corso, aveva avuto modo non solo di incrociarla diverse volte, ma anche di apprendere aneddoti… interessanti sul suo conto. Non lo sorprendeva constatare che i molti in fuga prendessero seriamente le sue minacce di sospensione. E, probabilmente, anche la betazoide aveva deciso di lasciar perdere con quei teppisti per la stessa ragione. O forse no.
Afferrandogli il polso, la sconosciuta lo invitò a togliere il disturbo e, senza neppure concedergli il tempo di rispondere, cominciò a trascinarlo oltre la calca… ma evidentemente dalla parte sbagliata.
“Ritengo sarebbe opportuno per entrambi prendere l’altra direzion…” Era, ormai, lampante che ragionare con quella ragazza era solo una perdita di tempo. La giovane doveva essere così impegnata ad osservare la rissa, poco prima, da non essersi neppure accorta dell’intervento della Yeerum, incontro alla quale si erano lanciati e dinnanzi alla quale, ora, restavano immobili. Lanciò una rapida occhiata alla giovane, il vulcaniano, al mesto farfuglio di parole che le sue orecchie colsero. Stavolta la sconosciuta appariva in seria difficoltà e gli fu chiaro che fosse il suo turno di occuparsi della situazione: afferrò la mano di lei che poco prima lo tratteneva e, insieme, sorpassarono la Yeerum senza intoppi.
“Non ha nulla da temere, signorina. Nessuno di noi è responsabile di quanto è accaduto.” Da parte sua, era una semplice costatazione logica, ma le sue parole suonarono, in qualche modo, rassicuranti. Ma c’era un particolare di cui non aveva tenuto conto.
“Professoressa Yeerum, è stato quel maledetto vulcan a cominciare per primo! E’ colpa sua! E quella betazoide stava con lui! Ora cercano pure di svignarsela!” La voce di Sanders tuonò alle loro spalle, inducendo il mezzosangue a fermarsi. E l’umano, quando il giovane si voltò, ricevette un’occhiata austera ed intransigente, che stonava decisamente coi tratti ancora infantili del suo viso.
“Prego?” Il tono piatto, schifosamente piatto, e completamente calmo non servì, comunque, a rendere quel retorico interrogativo meno minaccioso.
"Sarebbe saggio da parte sua lasciar perdere, signorina.” Tentò di dissuaderla da un'evenutale reazione, ma si rese conto in fretta che lei non lo stava ascoltando. Stando così le cose, non c’era bisogno di aggiungere altro. Se la betazoide aveva optato per regolare i conti, non era certo un suo problema. Le lasciò libere le spalle, poi indietreggiò di qualche passo, mettendosi in disparte, e restò ad osservare, a braccia conserte. Non che reputasse una rissa tra teppisti particolarmente interessante, ma aveva ancora un debito da saldare nei confronti della sconosciuta, che poco prima non aveva esitato a rischiare di buscarsi un pestaggio al suo posto, nonostante non ve ne fosse affatto bisogno. Era tutta la vita che il mezzosangue si addestrava alla pratica delle arti marziali e la sola forza del suo braccio sinistro, probabilmente, sarebbe bastata a tenere a bada tutti i membri del terzetto… sempre che prima fossero riusciti a resistere alla sua presa vulcaniana. Ma forse non sarebbe stato costretto ad intervenire, dal momento che la betazoide restava immobile nella sua posizione a fissare Sanders e l’intruso che continuavano a lanciarsi addosso insulti gratuiti. E la situazione peggiorò ulteriormente quando Harvey – a suo giudizio, l’elemento peggiore del gruppo – perse improvvisamente le staffe, apparentemente in preda ad un attacco di isterica cavalleria. Le sopracciglia del vulcaniano si sollevarono simultaneamente, in un atto di malcelato stupore. Se la reazione della betazoide gli era parsa esagerata, quella di Harvey, che continuava a malmenare il cadetto insistentemente, era a dir poco assurda, soprattutto considerando il fatto che le offese non fossero rivolte a lui. Avrebbe giurato di aver assaporato, per la prima volta nella sua vita, il gusto dello sgomento, a quella visione.
"Illogico." Esordì dal nulla, incapace di commentare la situazione altrimenti. E pensare che era lui ad averle quasi prese e ad essersi sorbito una sfilza di insulti, eppure era stato l'unico a restare completamente indifferente. Cominciava a sembrargli sensato che battersi per l’orgoglio ad ogni costo fosse controproducente: non si otteneva nulla, se non una visita al pronto soccorso e la sospensione temporanea dalle attività didattiche.
Ma, in verità, c’era qualcos’altro che lo inquietava molto più di tutto quanto il resto: voler restare al di fuori della questione era comprensibile, ma, se nessuno aveva intenzione di intervenire, era proprio necessario, da parte di alcuni, continuare perfino ad incitare? Che gusto ci trovavano nello sfoggio di tanta selvaggia irruenza? E quelli sarebbero diventati i nuovi ufficiali della Flotta Stellare, incaricati di condurre pacifiche missioni esplorative o diplomatiche presso nuove e tollerate civiltà? Forse ora cominciava ad apparirgli evidente il motivo per cui T’maekh non avesse mai particolarmente apprezzato la milizia della Federazione. Eppure il giovane vulcan confidava ancora in una giustizia unanime e nel miracolo della meritocrazia. Ammirava troppo l’operato della Flotta per vivere nel pregiudizio, perché era solo merito della sua efficienza se il popolo di Vulcano, anche se drasticamente decimato, aveva potuto sopravvivere e ripartire da zero.
Già… Escludendo qualche piccola eccezione, la Flotta non era poi così male, dopotutto.
“Ti spacco la faccia, babbeo!” Qualcuno sbraitò in lontananza, catturando la sua attenzione, ma non riuscì ad identificarne la posizione. Dovette, però, ringraziarlo mentalmente, il mezzosangue, per averlo indotto a guardare nella sua direzione: se quella voce non lo avesse attirato, non si sarebbe mai accorto del vassoio che volava dritto contro di lui. Riuscì a schivarlo all’ultimo secondo, tirandosi indietro col busto ed evitandosi di prenderlo direttamente sul naso, perché, a quel punto, neppure la sua superiore forza vulcan sarebbe servita ad impedirgli di romperselo. Forse era davvero arrivato il momento di uscire da lì dentro. Ora che la situazione aveva finito col degenerare, i professori s’erano perfino visti costretti ad intervineire e alcuni di loro li riconobbe pure: Arthur Philip Louis, docente di chimica del primo anno, che cercava di diradare la folla dall’estremo apposto al suo; Alina Kalczynska, docente di biologia del terzo anno, che tuonava di tornare tutti al proprio posto; Amyra Yeerum, la celebre – quanto temuta – docente di xenoantropologia, che cercava di farsi largo tra le masse, a pochi metri dalla causa scatenante. E ci riusciva benissimo. Frequentando alcuni studenti del suo corso, aveva avuto modo non solo di incrociarla diverse volte, ma anche di apprendere aneddoti… interessanti sul suo conto. Non lo sorprendeva constatare che i molti in fuga prendessero seriamente le sue minacce di sospensione. E, probabilmente, anche la betazoide aveva deciso di lasciar perdere con quei teppisti per la stessa ragione. O forse no.
Afferrandogli il polso, la sconosciuta lo invitò a togliere il disturbo e, senza neppure concedergli il tempo di rispondere, cominciò a trascinarlo oltre la calca… ma evidentemente dalla parte sbagliata.
“Ritengo sarebbe opportuno per entrambi prendere l’altra direzion…” Era, ormai, lampante che ragionare con quella ragazza era solo una perdita di tempo. La giovane doveva essere così impegnata ad osservare la rissa, poco prima, da non essersi neppure accorta dell’intervento della Yeerum, incontro alla quale si erano lanciati e dinnanzi alla quale, ora, restavano immobili. Lanciò una rapida occhiata alla giovane, il vulcaniano, al mesto farfuglio di parole che le sue orecchie colsero. Stavolta la sconosciuta appariva in seria difficoltà e gli fu chiaro che fosse il suo turno di occuparsi della situazione: afferrò la mano di lei che poco prima lo tratteneva e, insieme, sorpassarono la Yeerum senza intoppi.
“Non ha nulla da temere, signorina. Nessuno di noi è responsabile di quanto è accaduto.” Da parte sua, era una semplice costatazione logica, ma le sue parole suonarono, in qualche modo, rassicuranti. Ma c’era un particolare di cui non aveva tenuto conto.
“Professoressa Yeerum, è stato quel maledetto vulcan a cominciare per primo! E’ colpa sua! E quella betazoide stava con lui! Ora cercano pure di svignarsela!” La voce di Sanders tuonò alle loro spalle, inducendo il mezzosangue a fermarsi. E l’umano, quando il giovane si voltò, ricevette un’occhiata austera ed intransigente, che stonava decisamente coi tratti ancora infantili del suo viso.
“Prego?” Il tono piatto, schifosamente piatto, e completamente calmo non servì, comunque, a rendere quel retorico interrogativo meno minaccioso.