04-05-2011, 03:07 PM
T'Eleijha Hilda Usher
Human/Romulan
-Naturalmente- replicai, secca, presa dal modulo. Il sentirmi così coinvolta in una discussione, mi faceva sempre innervosire, specie se ero stata io a portarla a quel punto. L'ultima parola la scrissi con una certa veemenza. Ero stufa di fare pensieri cervellotici, e di autocommiserarmi. Noiosa.
Non aggiunsi altro. In questo modo, cercai di far intendere che il discorso poteva considerarsi chiuso. Terminato il modulo, diedi un'altra occhiata alla lista: ero quasi alla fine, questione di pochi minuti... una mezz'ora al massimo, se fossi stata distratta.
Poi, il dottore rispose alle mie giustificazioni. Avevo ancora gli occhi puntati sullo schermo, perciò non mi ero voltata a guardarlo, ma, di colpo, si alzò in piedi, costringendomi a voltarmi, anche solo per l'immediatezza della sua azione. Alzai lo sguardo, stabilendo nuovamente il contatto visivo, la mia espressione sempre imperturbabile, ma meno dura di prima.
Aveva ragione. Mi ero lasciata troppo andare a dubbi ed incertezze, e questo no, non giocava decisamente a mio favore. Il fatto era che il mio innato rispetto nei confronti dei superiori, talvolta mi portava ad agire in maniera remissiva durante un confronto diretto con loro... Fu come una sferzata in pieno viso, ma gli fui grata di avermelo detto.
-Le chiedo di perdonarmi- riuscii a dire infine, con recuperato tono autorevole, -Ha ragione. Ammetto il mio errore, e le assicuro che non si verificherà mai più-.
Fui lì lì per aggiungere che, solitamente, non era nel mio carattere tenere un atteggiamento del genere, ma mi trattenni: al suo posto, avrei potuto pensare che erano tutte balle. In fondo, non mi conosceva, non poteva sapere cosa fosse e cosa non fosse nel mio carattere normalmente, quindi tacqui e mi limitai a riassumere, oltre al tono, anche uno sguardo più saldo.
-E se io le dico che non capiterà mai più, dottor McCoy- aggiunsi, con voce più grave, -può essere assolutamente certo che non succederà mai più-.
Quella scossa mi aveva fatto bene. Colpa mia che mi ero lasciata trascinare dalla mia spiccata emotività. E no, non poteva essere una scusa, non sempre: che le mie emozioni fosse più o meno profonde rispetto a quelle di un qualunque essere umano, non poteva essere una scusa. Decisi che non poteva esserlo mai.
In quel momento, mi sentii più leggera; decisamente, mostrare il mio carattere forte mi faceva sentire maggiormente a mio agio, e lo sapevo bene. Non ero più un'adolescente, certe scenate e certi capricci avrei dovuto evitarli. Ero un soldato, non una sciocca sentimentale.
Non aggiunsi altro. In questo modo, cercai di far intendere che il discorso poteva considerarsi chiuso. Terminato il modulo, diedi un'altra occhiata alla lista: ero quasi alla fine, questione di pochi minuti... una mezz'ora al massimo, se fossi stata distratta.
Poi, il dottore rispose alle mie giustificazioni. Avevo ancora gli occhi puntati sullo schermo, perciò non mi ero voltata a guardarlo, ma, di colpo, si alzò in piedi, costringendomi a voltarmi, anche solo per l'immediatezza della sua azione. Alzai lo sguardo, stabilendo nuovamente il contatto visivo, la mia espressione sempre imperturbabile, ma meno dura di prima.
Aveva ragione. Mi ero lasciata troppo andare a dubbi ed incertezze, e questo no, non giocava decisamente a mio favore. Il fatto era che il mio innato rispetto nei confronti dei superiori, talvolta mi portava ad agire in maniera remissiva durante un confronto diretto con loro... Fu come una sferzata in pieno viso, ma gli fui grata di avermelo detto.
-Le chiedo di perdonarmi- riuscii a dire infine, con recuperato tono autorevole, -Ha ragione. Ammetto il mio errore, e le assicuro che non si verificherà mai più-.
Fui lì lì per aggiungere che, solitamente, non era nel mio carattere tenere un atteggiamento del genere, ma mi trattenni: al suo posto, avrei potuto pensare che erano tutte balle. In fondo, non mi conosceva, non poteva sapere cosa fosse e cosa non fosse nel mio carattere normalmente, quindi tacqui e mi limitai a riassumere, oltre al tono, anche uno sguardo più saldo.
-E se io le dico che non capiterà mai più, dottor McCoy- aggiunsi, con voce più grave, -può essere assolutamente certo che non succederà mai più-.
Quella scossa mi aveva fatto bene. Colpa mia che mi ero lasciata trascinare dalla mia spiccata emotività. E no, non poteva essere una scusa, non sempre: che le mie emozioni fosse più o meno profonde rispetto a quelle di un qualunque essere umano, non poteva essere una scusa. Decisi che non poteva esserlo mai.
In quel momento, mi sentii più leggera; decisamente, mostrare il mio carattere forte mi faceva sentire maggiormente a mio agio, e lo sapevo bene. Non ero più un'adolescente, certe scenate e certi capricci avrei dovuto evitarli. Ero un soldato, non una sciocca sentimentale.