06-05-2011, 12:11 AM
T'Eleijha Hilda Usher
Human/Romulan
-Lo so bene, ma non creda che io voglia fare chissà quali test: come ho già detto, mi basterebbe un'osservazione, di qualunque genere-.
Come potevo spiegare così, nero su bianco, quello che avevo per la testa? Era certo un'idea piuttosto inusuale, ma non tendevo ad abbandonarmi a sentimentalismi così... così umani. Forse era una contraddizione, forse no, ma non ero mai stata particolarmente portata per le scene strappalacrime.
-Non voglio che lei creda che io sia alla disperata ricerca delle mie radici, come se non ne avessi anche sulla Terra- aggiunsi, fermandomi un istante e guardando verso la parete. -Né che io riponga in questo ipotetico incontro sogni, speranze e simili romanticherie. Se dovesse accadere, ben venga-.
Ero sincera: la prendevo così, come una cosa sì importante, ma non indispensabile. Forse non sarei risultata credibile, ma non mi interessava: detestavo la menzogna, in qualunque forma, sia che venisse da altri o da me. Chiaramente, il dottore non poteva credermi sulla parola, o avrebbe fatto bene a non farlo, non si sa mai, ma io non mentivo mai. Ero sicura che, con il tempo, quella sarebbe diventata una caratteristica che mi avrebbe aiutato a guadagnare la fiducia dei superiori, almeno in parte...
-So bene quanto vale la mia vita- feci poi, abbassando notevolmente il tono di voce, ricambiando lo sguardo del dottore, -so dove fermarmi, e so quanto conti il mio sangue-. Senza neanche guardare lo schermo, conclusi firmando il documento che mancava, dichiarando ufficialmente concluso il mio lavoro, per quella sera.
Mi alzai in piedi, senza interrompere il contatto visivo, tenendo le mani appoggiate sul tavolo.
-Non si crucci troppo per me... Quando verrà il momento, saprò calcolare tutto- proseguii, mantenendo il tono basso che avevo usato in precedenza, -Alla perfezione-. Quelle ultime parole, quasi le sussurrai, roca. Di nuovo, il mezzo sorriso sardonico mi tornò sulle labbra.
Quella situazione iniziava a divertirmi. Ero stata più discreta fin dall'inizio giusto a causa del mio rispetto per i superiori: di solito, se venivo coinvolta così tanto in una discussione o quant'altro, tendevo a giocare molto di più con il mio interlocutore. Lo facevo soprattutto, in genere, per dimostrare quanto fossi superiore al livello medio della popolazione, quanto fossi abile e intelligente, ma non per mera vanità e soddisfazione personale: speravo sempre di ottenere un riscontro positivo, di scoprire con chi avevo a che fare a seconda di come mi rispondeva, insomma.
In quel caso, si poteva parlare più che altro di ritrovato entusiasmo. Ero sempre più soddisfatta di essere stata imbarcata sull'Enterprise.
Come potevo spiegare così, nero su bianco, quello che avevo per la testa? Era certo un'idea piuttosto inusuale, ma non tendevo ad abbandonarmi a sentimentalismi così... così umani. Forse era una contraddizione, forse no, ma non ero mai stata particolarmente portata per le scene strappalacrime.
-Non voglio che lei creda che io sia alla disperata ricerca delle mie radici, come se non ne avessi anche sulla Terra- aggiunsi, fermandomi un istante e guardando verso la parete. -Né che io riponga in questo ipotetico incontro sogni, speranze e simili romanticherie. Se dovesse accadere, ben venga-.
Ero sincera: la prendevo così, come una cosa sì importante, ma non indispensabile. Forse non sarei risultata credibile, ma non mi interessava: detestavo la menzogna, in qualunque forma, sia che venisse da altri o da me. Chiaramente, il dottore non poteva credermi sulla parola, o avrebbe fatto bene a non farlo, non si sa mai, ma io non mentivo mai. Ero sicura che, con il tempo, quella sarebbe diventata una caratteristica che mi avrebbe aiutato a guadagnare la fiducia dei superiori, almeno in parte...
-So bene quanto vale la mia vita- feci poi, abbassando notevolmente il tono di voce, ricambiando lo sguardo del dottore, -so dove fermarmi, e so quanto conti il mio sangue-. Senza neanche guardare lo schermo, conclusi firmando il documento che mancava, dichiarando ufficialmente concluso il mio lavoro, per quella sera.
Mi alzai in piedi, senza interrompere il contatto visivo, tenendo le mani appoggiate sul tavolo.
-Non si crucci troppo per me... Quando verrà il momento, saprò calcolare tutto- proseguii, mantenendo il tono basso che avevo usato in precedenza, -Alla perfezione-. Quelle ultime parole, quasi le sussurrai, roca. Di nuovo, il mezzo sorriso sardonico mi tornò sulle labbra.
Quella situazione iniziava a divertirmi. Ero stata più discreta fin dall'inizio giusto a causa del mio rispetto per i superiori: di solito, se venivo coinvolta così tanto in una discussione o quant'altro, tendevo a giocare molto di più con il mio interlocutore. Lo facevo soprattutto, in genere, per dimostrare quanto fossi superiore al livello medio della popolazione, quanto fossi abile e intelligente, ma non per mera vanità e soddisfazione personale: speravo sempre di ottenere un riscontro positivo, di scoprire con chi avevo a che fare a seconda di come mi rispondeva, insomma.
In quel caso, si poteva parlare più che altro di ritrovato entusiasmo. Ero sempre più soddisfatta di essere stata imbarcata sull'Enterprise.