10-04-2024, 09:01 PM
I'm a perfectionist, so my bossiness definitely comes out.
Saff | Zaldan
Mentre seguivo l'ufficiale di sicurezza verso l'hangar navette trasformato in un'area di emergenza, i pensieri mi si accavallavano freneticamente nella mente. La situazione era precipitata oltre ogni previsione, e l'ansia per l'esito delle analisi che avevo lasciato nelle mani del MOE, cresceva a ogni passo che mi allontanava dal laboratorio. Sentivo il peso della responsabilità schiacciarmi; ogni decisione, ogni azione che avevo intrapreso fino a quel momento sembrava ora impregnata di un dubbio corrosivo. La mia stanchezza era palpabile, un'ombra costante che si estendeva su ogni mio pensiero, ma il tempo per riposare era un lusso che non potevamo permetterci.
«Dottoressa!» La voce dell'ufficiale di sicurezza mi riportò alla realtà, mentre mi porgeva un phaser, uno strumento di difesa che speravo di non dover utilizzare. Il campo di forza che sigillava l'area era un triste promemoria del pericolo costante che ci minacciava, un nemico invisibile contro cui ogni precauzione sembrava inadeguata.
Raggiungendo Tom Paris nell'hangar, la tensione era tangibile. «Abbiamo perso un altro ponte» mi informò con voce carica di preoccupazione, la domanda sui progressi delle mie analisi sospesa tra noi come una spada di Damocle.
«Le analisi... » iniziai, il cuore pesante per l'ammissione che stavo per fare, «non hanno portato a nessun risultato concreto, comandante. Ho lasciato il MOE a occuparsi di tutto, ma senza la mia supervisione diretta, non posso essere certa di ogni dettaglio» La mia voce tradiva la frustrazione e la stanchezza che sentivo. «E c'è di più; qualcuno è riuscito ad eludere le nostre difese. Qualcuno mi stava seguendo mentre cercavo di arrivare qui, ma non mi ha seguito» dissi. Il rumore sordo dei passi di qualcuno che tentava disperatamente di entrare nel laboratorio riecheggiava nella mia mente, un sinistro presagio di ciò che poteva accadere se non fossimo stati in grado di contenere la situazione. In quel momento, più che mai, sentivo l'assenza della possibilità di essere ovunque tranne che lì, a combattere un nemico che sembrava sempre un passo avanti a noi.
«Dottoressa!» La voce dell'ufficiale di sicurezza mi riportò alla realtà, mentre mi porgeva un phaser, uno strumento di difesa che speravo di non dover utilizzare. Il campo di forza che sigillava l'area era un triste promemoria del pericolo costante che ci minacciava, un nemico invisibile contro cui ogni precauzione sembrava inadeguata.
Raggiungendo Tom Paris nell'hangar, la tensione era tangibile. «Abbiamo perso un altro ponte» mi informò con voce carica di preoccupazione, la domanda sui progressi delle mie analisi sospesa tra noi come una spada di Damocle.
«Le analisi... » iniziai, il cuore pesante per l'ammissione che stavo per fare, «non hanno portato a nessun risultato concreto, comandante. Ho lasciato il MOE a occuparsi di tutto, ma senza la mia supervisione diretta, non posso essere certa di ogni dettaglio» La mia voce tradiva la frustrazione e la stanchezza che sentivo. «E c'è di più; qualcuno è riuscito ad eludere le nostre difese. Qualcuno mi stava seguendo mentre cercavo di arrivare qui, ma non mi ha seguito» dissi. Il rumore sordo dei passi di qualcuno che tentava disperatamente di entrare nel laboratorio riecheggiava nella mia mente, un sinistro presagio di ciò che poteva accadere se non fossimo stati in grado di contenere la situazione. In quel momento, più che mai, sentivo l'assenza della possibilità di essere ovunque tranne che lì, a combattere un nemico che sembrava sempre un passo avanti a noi.