24-04-2024, 08:51 PM
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 24-04-2024, 08:52 PM da T'Dal.)
I'm a perfectionist, so my bossiness definitely comes out.
Saff | Zaldan
Il comportamento insolitamente intelligente mostrato da Kasetsz, intento a manomettere il pannello con un bisturi, era un dettaglio inquietante che non potevamo ignorare. Questo sviluppo suggeriva che il virus potesse influenzare non solo il fisico, ma forse anche le capacità cognitive degli infetti, un'ipotesi che avrebbe potuto riscrivere tutto ciò che sapevamo sul contagio.
Mentre Nina gestiva la situazione con il tenente Kasetsz, immobilizzandolo con una presa vulcaniana dopo un tentativo aggressivo di attacco, il mio pensiero corse ai passi successivi. «Dovremo monitorare attentamente questi nuovi sviluppi» dissi a Tom e ai membri del team di sicurezza che ci ascoltavano. «Ogni piccola informazione potrebbe essere cruciale per capire questo virus e per proteggerci da esso. Sarà fondamentale raccogliere ulteriori campioni e analizzarli con la massima urgenza»
La situazione era tesa, e ogni minuto contava. Sapevo che, nonostante la stanchezza e la pressione crescente, non avrei esitato un attimo nel fare tutto il necessario per salvaguardare l'equipaggio e trovare una soluzione a questa crisi. Ero determinata, più che mai, a non lasciare che il virus prendesse il sopravvento.
Dopo che il comandante Paris aveva chiesto un piano per recuperare l'accesso all'infermeria e ai laboratori, il tempo sembrò trascorrere in un brusio continuo di attività frenetica e tensione palpabile. Ero riuscita a rientrare nel mio ambiente di lavoro, sebbene ogni movimento fosse carico della consapevolezza del pericolo che ci circondava. Gli infetti, come aveva notato Nina, diventavano sempre più astuti, manifestando comportamenti che suggerivano una sorta di adattamento evolutivo al contagio che li aveva colpiti. Ciò complicava enormemente i nostri sforzi per contenere la diffusione della malattia.
Finalmente, dopo un periodo che non sapevo quantificare, ma che sembravano settimane, le analisi furono completate. Le mutazioni del virus erano profonde, ma una scoperta inaspettata ci offrì una scintilla di speranza: l'agente sterilizzante che utilizzavamo per purificare le aree contaminate mostrava potenziale come base per una cura. Tuttavia, era chiaro che avevamo bisogno di testarlo ulteriormente—e per questo, ci servivano cavie.
«Dobbiamo procedere con cautela» dissi al comandante Paris con il quale mi stavo interfacciando di recente e ringraziavo il cielo che lui e la plancia sembravano al sicuro «Qualsiasi tentativo di trattamento deve essere attentamente valutato. Inoltre, l'adattabilità mostrata dal virus ci impone di rimanere estremamente vigilanti. Non possiamo permetterci che la situazione degeneri ulteriormente»
Gli infetti cominciavano sempre più spesso, a comparire in aree dove non avrebbero dovuto essere, imitando le prodezze del tenente Kasetsz, era come se avessero imparato a navigare meglio la nave, evitando i campi di forza e gli ostacoli che avevamo messo in atto per contenerli. Era inquietante e indicava che il virus poteva influenzare le loro capacità cognitive in modi che non avevamo ancora completamente compreso.
Fu allora che decidemmo di coinvolgere Polina Troi-Riker, l'infermiera la cui capacità di percepire e comprendere gli stati emotivi degli altri poteva rivelarsi cruciale in questa fase della crisi. La sua presenza, pensai, avrebbe potuto non solo aiutare nella gestione dei pazienti più difficili ma anche fornire un punto di vista diverso su come interagire con gli infetti, soprattutto quelli che mostravano segni di cognizione.
«Polina, hai una sensibilità unica che potrebbe esserci estremamente utile ora» le spiegai quando la convocai per discutere il suo ruolo. «La tua empatia e la tua capacità di connetterti con gli altri sono doni che in questo momento potrebbero fare la differenza. Ti chiederei di aiutarci a monitorare le reazioni degli infetti durante i test preliminari del trattamento, anche in maniera empatica se possibile»
Polina accettò, nonostante l'evidente peso dell'incarico che le stavo affidando. La sua natura altruista e il suo desiderio di aiutare brillavano attraverso la cautela con cui accettava la responsabilità, rafforzata dalla sua propria battaglia interna con le insicurezze e i dubbi che la sua eredità betazoide a volte le imponeva.
Mentre avanzavamo con i preparativi per i test, sapevo che stavamo entrando in una fase cruciale. Ogni passo che facevamo poteva portarci più vicini a una soluzione o spingerci ulteriormente nel caos. E in quel vortice di possibilità, ero grata per ogni alleato che avevamo, specialmente per quelli come Polina, la cui forza e sensibilità potevano veramente fare la differenza.
Mentre Nina gestiva la situazione con il tenente Kasetsz, immobilizzandolo con una presa vulcaniana dopo un tentativo aggressivo di attacco, il mio pensiero corse ai passi successivi. «Dovremo monitorare attentamente questi nuovi sviluppi» dissi a Tom e ai membri del team di sicurezza che ci ascoltavano. «Ogni piccola informazione potrebbe essere cruciale per capire questo virus e per proteggerci da esso. Sarà fondamentale raccogliere ulteriori campioni e analizzarli con la massima urgenza»
La situazione era tesa, e ogni minuto contava. Sapevo che, nonostante la stanchezza e la pressione crescente, non avrei esitato un attimo nel fare tutto il necessario per salvaguardare l'equipaggio e trovare una soluzione a questa crisi. Ero determinata, più che mai, a non lasciare che il virus prendesse il sopravvento.
Dopo che il comandante Paris aveva chiesto un piano per recuperare l'accesso all'infermeria e ai laboratori, il tempo sembrò trascorrere in un brusio continuo di attività frenetica e tensione palpabile. Ero riuscita a rientrare nel mio ambiente di lavoro, sebbene ogni movimento fosse carico della consapevolezza del pericolo che ci circondava. Gli infetti, come aveva notato Nina, diventavano sempre più astuti, manifestando comportamenti che suggerivano una sorta di adattamento evolutivo al contagio che li aveva colpiti. Ciò complicava enormemente i nostri sforzi per contenere la diffusione della malattia.
Finalmente, dopo un periodo che non sapevo quantificare, ma che sembravano settimane, le analisi furono completate. Le mutazioni del virus erano profonde, ma una scoperta inaspettata ci offrì una scintilla di speranza: l'agente sterilizzante che utilizzavamo per purificare le aree contaminate mostrava potenziale come base per una cura. Tuttavia, era chiaro che avevamo bisogno di testarlo ulteriormente—e per questo, ci servivano cavie.
«Dobbiamo procedere con cautela» dissi al comandante Paris con il quale mi stavo interfacciando di recente e ringraziavo il cielo che lui e la plancia sembravano al sicuro «Qualsiasi tentativo di trattamento deve essere attentamente valutato. Inoltre, l'adattabilità mostrata dal virus ci impone di rimanere estremamente vigilanti. Non possiamo permetterci che la situazione degeneri ulteriormente»
Gli infetti cominciavano sempre più spesso, a comparire in aree dove non avrebbero dovuto essere, imitando le prodezze del tenente Kasetsz, era come se avessero imparato a navigare meglio la nave, evitando i campi di forza e gli ostacoli che avevamo messo in atto per contenerli. Era inquietante e indicava che il virus poteva influenzare le loro capacità cognitive in modi che non avevamo ancora completamente compreso.
Fu allora che decidemmo di coinvolgere Polina Troi-Riker, l'infermiera la cui capacità di percepire e comprendere gli stati emotivi degli altri poteva rivelarsi cruciale in questa fase della crisi. La sua presenza, pensai, avrebbe potuto non solo aiutare nella gestione dei pazienti più difficili ma anche fornire un punto di vista diverso su come interagire con gli infetti, soprattutto quelli che mostravano segni di cognizione.
«Polina, hai una sensibilità unica che potrebbe esserci estremamente utile ora» le spiegai quando la convocai per discutere il suo ruolo. «La tua empatia e la tua capacità di connetterti con gli altri sono doni che in questo momento potrebbero fare la differenza. Ti chiederei di aiutarci a monitorare le reazioni degli infetti durante i test preliminari del trattamento, anche in maniera empatica se possibile»
Polina accettò, nonostante l'evidente peso dell'incarico che le stavo affidando. La sua natura altruista e il suo desiderio di aiutare brillavano attraverso la cautela con cui accettava la responsabilità, rafforzata dalla sua propria battaglia interna con le insicurezze e i dubbi che la sua eredità betazoide a volte le imponeva.
Mentre avanzavamo con i preparativi per i test, sapevo che stavamo entrando in una fase cruciale. Ogni passo che facevamo poteva portarci più vicini a una soluzione o spingerci ulteriormente nel caos. E in quel vortice di possibilità, ero grata per ogni alleato che avevamo, specialmente per quelli come Polina, la cui forza e sensibilità potevano veramente fare la differenza.