02-05-2024, 07:29 PM
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 02-05-2024, 07:30 PM da T'Dal.)
I'm a perfectionist, so my bossiness definitely comes out.
Saff Zaldan
La tensione era palpabile, come un velo pesante che ricopriva ogni angolo della stanza, mentre Tom Paris confermava la situazione critica che affrontavamo e si allontanava per gestire la sicurezza delle aree civili. Le parole di Nina, che aveva concluso la sua analisi senza segni incoraggianti, echeggiavano nella mia mente, rendendo il peso della responsabilità ancora più oppressivo.
«Capisco, comandante. Informerò immediatamente la plancia di qualsiasi novità» avevo risposto, mentre osservavo Tom dirigersi verso la stiva di carico. Era chiaro che la prospettiva di dover abbandonare gli infetti su Praxion VI era l'ultima risorsa che nessuno a bordo voleva considerare seriamente, ma il piano rimaneva un'opzione dolorosa se la cura non avesse funzionato.
Quando Nina presentò i risultati del primo test sui pazienti, non potevo fare a meno di sentire un nodo allo stomaco. Leucocitosi, segni di sofferenza tissutale e inizi di necrosi erano termini medici che trasmettevano un messaggio chiaro: la cura non stava funzionando come sperato. Ogni paziente mostrava sintomi preoccupanti che Polina conosceva già troppo bene, dati che avevamo rilevato in quasi tutti gli infetti.
L'intervento di Nina, che suggeriva una pausa, arrivò come un promemoria della nostra umanità e dei nostri limiti. «Hai ragione, dovremmo cercare di riposare, anche solo per un breve periodo» dissi, accettando la saggezza delle sue parole. Polina e io eravamo esauste, sia fisicamente che emotivamente, e una pausa poteva effettivamente rinvigorirci per affrontare le ore critiche che avevamo davanti. Polina annuì, condividendo il sentimento di esaurimento ma anche la determinazione a continuare la lotta.
Ci allontanammo dai campi di forza e dai bioletti, cercando un angolo tranquillo dell'infermeria per riposarci. Sedendoci l'una accanto all'altra, ci concedemmo un momento di silenzio. Era un breve respiro in una situazione altrimenti soffocante, ma necessario per mantenere la nostra efficacia e mentre ci ritiravamo nelle nostre stanze per chiudere gli occhi, ero consapevole che Nina avrebbe mantenuto il controllo della situazione e ci avrebbe avvisato immediatamente in caso di sviluppi. Questa pausa era cruciale non solo per il nostro benessere fisico ma anche per preservare la lucidità mentale necessaria ad affrontare ciò che ci attendeva.
Dopo una pausa essenziale che ci aveva permesso di recuperare un po' di energie, Polina ed io eravamo tornate al lavoro, rinvigorite nonostante il peso delle circostanze. Le ore trascorse sembravano aver rallentato il tempo, ma la realtà dell'infermeria ci riportava bruscamente alla situazione critica che stavamo affrontando.
«Ci sono novità?» chiesi.
«Capisco, comandante. Informerò immediatamente la plancia di qualsiasi novità» avevo risposto, mentre osservavo Tom dirigersi verso la stiva di carico. Era chiaro che la prospettiva di dover abbandonare gli infetti su Praxion VI era l'ultima risorsa che nessuno a bordo voleva considerare seriamente, ma il piano rimaneva un'opzione dolorosa se la cura non avesse funzionato.
Quando Nina presentò i risultati del primo test sui pazienti, non potevo fare a meno di sentire un nodo allo stomaco. Leucocitosi, segni di sofferenza tissutale e inizi di necrosi erano termini medici che trasmettevano un messaggio chiaro: la cura non stava funzionando come sperato. Ogni paziente mostrava sintomi preoccupanti che Polina conosceva già troppo bene, dati che avevamo rilevato in quasi tutti gli infetti.
L'intervento di Nina, che suggeriva una pausa, arrivò come un promemoria della nostra umanità e dei nostri limiti. «Hai ragione, dovremmo cercare di riposare, anche solo per un breve periodo» dissi, accettando la saggezza delle sue parole. Polina e io eravamo esauste, sia fisicamente che emotivamente, e una pausa poteva effettivamente rinvigorirci per affrontare le ore critiche che avevamo davanti. Polina annuì, condividendo il sentimento di esaurimento ma anche la determinazione a continuare la lotta.
Ci allontanammo dai campi di forza e dai bioletti, cercando un angolo tranquillo dell'infermeria per riposarci. Sedendoci l'una accanto all'altra, ci concedemmo un momento di silenzio. Era un breve respiro in una situazione altrimenti soffocante, ma necessario per mantenere la nostra efficacia e mentre ci ritiravamo nelle nostre stanze per chiudere gli occhi, ero consapevole che Nina avrebbe mantenuto il controllo della situazione e ci avrebbe avvisato immediatamente in caso di sviluppi. Questa pausa era cruciale non solo per il nostro benessere fisico ma anche per preservare la lucidità mentale necessaria ad affrontare ciò che ci attendeva.
Dopo una pausa essenziale che ci aveva permesso di recuperare un po' di energie, Polina ed io eravamo tornate al lavoro, rinvigorite nonostante il peso delle circostanze. Le ore trascorse sembravano aver rallentato il tempo, ma la realtà dell'infermeria ci riportava bruscamente alla situazione critica che stavamo affrontando.
«Ci sono novità?» chiesi.