TSE Andiamo “bene”
#1

I'm a perfectionist, so my bossiness definitely comes out.

Saff | Zaldan

Nel profondo silenzio dello spazio, l'USS Voyager procedeva solitaria, un'isola di civiltà in un mare infinito di stelle. Poteva sembrare una missione come tante altre, ma il silenzio che regnava sulla nave era più assordante dei soliti ronzii dei sistemi di supporto vitale. Io mi ritrovai al centro di un’epidemia che avrebbe potuto trascinare l’intero equipaggio in un abisso da cui forse non saremmo mai tornati. Il mio sangue Zaldan ribolliva di frustrazione e paura, emozioni che raramente ammettevo di provare.

Tutto ebbe inizio con un’innocente missione esplorativa su Praxion VI, un pianeta le cui vaste foreste sembravano nascondere segreti millenari. Fu lì che Jaxon Reid, un giovane e brillante esobiologo, commise un errore fatale, ignorando le procedure di sicurezza. Un piccolo taglio, un minuscolo graffio sulla sua mano, fu la breccia che permise a un parassita alieno, un organismo primitivo ma incredibilmente adattabile, di infiltrarsi nel suo corpo, segnando l’inizio della nostra discesa nell’orrore.

Non ci volle molto prima che Jaxon mostrasse i primi sintomi: febbre alta, deliri, e una sete insaziabile di violenza. La trasformazione fu rapida e spaventosa; da umano a… qualcos’altro. Qualcosa di primordiale. Divenne aggressivo, quasi animalesco, un predatore. E non era solo: altri ufficiali seguirono, contagiati da una follia sanguinaria che li trasformò in creature assetate di sangue, in una parodia macabra di ciò che una volta erano stati. Davanti a questa trasformazione, ogni mia formazione Zaldan, ogni lezione su come controllare la mia aggressività, sembrava inutile. La Voyager, simbolo di esplorazione e scoperta, divenne un labirinto di terrore. Sezioni intere messe in quarantena si trasformavano in zone di guerra, i corridoi segnati dai segni di una battaglia disperata per la sopravvivenza. La paura divenne tangibile, l'aria pesante di terrore e fortunatamente molti ufficiali non erano ancora stati infettati; così come il ponte e la catena di comando era ancora intatta, così come una delle infermiere, Polly Riker, che cercava di darmi una mano. Entrambe eravamo esauste ma cercavamo di dare il meglio. Dopo aver fatto un pisolino, mi immersi nel lavoro, la mia mente era un vortice di ipotesi, di possibili soluzioni, mentre eseguivo test dopo test, disperatamente alla ricerca di una cura e mentre lavoravo, mi sentivo sopraffatta dal peso della responsabilità. La Voyager e il suo equipaggio dipendevano da me. Il silenzio dello spazio esterno era un contrasto agghiacciante con il caos a bordo, e in quel silenzio, promisi che avrei trovato una via d'uscita. Dovevo, perché l'alternativa era troppo orribile da contemplare."Devo contenere questo contagio," mi dissi, nel laboratorio medico. La diffusione del virus era ovunque, l'equipaggio trasformato in terreno di caccia per le creature che erano diventate. Non solo dovevo trovare la cura, ma dovevo preservare ciò che ci rende umani, una battaglia non solo contro il virus ma contro la mia stessa paura di fallire. In un momento di disperazione, guardando i dati che cambiavano sullo schermo, mi chiedevo come fermarlo. Era una corsa contro il tempo, contro un nemico che non dorme mai. Nel cuore di questa disperazione, attivai il Medico Olografico di Emergenza, la mia unica speranza. « MOE, attivati » dissi, cercando di nascondere il tremore della paura nella mia voce.

Come promesso, @@Les
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#2

Nina

MOE Mark IX

Nina apparve al centro del laboratorio medico. L'ambiente era al momento curiosamente silenzioso per essere nel bel mezzo di un'emergenza, ma di sicuro non stava a lei dubitare della situazione. L'ologramma si voltò in direzione della donna che aveva attivato il suo programma e subito la riconobbe come uno degli ufficiali medici della Voyager grazie a un rapido confronto con il database del personale di bordo. Come posso essere d'aiuto? si informò mentre cercava di interfacciarsi con l'hub centrale di controllo. Era la prima volta da mesi che il suo programma veniva attivato e non avendo accesso ad informazioni che esulassero da quelle strettamente necessarie a compiere il suo lavoro non aveva modo di sapere che la Voyager si trovava in quel momento completamente isolata dal resto della Flotta. Per chiunque altro a bordo non sarebbe certo stata una sorpresa che non riuscisse ad ottenere risposta: gli stessi ufficiali della nave avevano già ripetutamente tentato senza successo di ripristinare le comunicazioni.

Dottoressa, sto avendo problemi di accesso nello scaricare gli aggiornamenti del mio programma. Non posso garantire una completa funzionalità in queste condizioni, le linee guida richiedono che venga disattivata e sottoposta a manutenzione. la informò rimanendo in attesa di indicazioni.

perché se Les non dà problemi non si diverte...
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#3

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Saff | Zaldan

Il silenzio che pervadeva il laboratorio medico era quasi sovrannaturale, rotto solo dal tono artificiale ma preoccupato del MOE appena attivato. La situazione che stavamo affrontando era critica, e la sua incapacità di accedere agli aggiornamenti poteva rivelarsi un serio ostacolo. Tuttavia, l'idea di disattivarla non era contemplabile. Con la nave in preda a un contagio che trasformava l'equipaggio in creature aggressive e irriconoscibili, ogni secondo era prezioso e l'assistenza di Nina, seppur limitata, era indispensabile.

«Capisco le tue preoccupazioni» iniziai, facendo del mio meglio per mantenere la calma nonostante la tensione che si poteva quasi tagliare con un coltello. «Ma ci troviamo in una situazione di emergenza critica. Un virus sconosciuto sta infettando l'equipaggio, trasformandoli in ciò che potremmo definire zombie.» Ammettere questa realtà mi costava, ogni parola era pesante di significato e di paura.

«La disattivazione non è un'opzione al momento. Nonostante la mancanza di aggiornamenti, la tua conoscenza medica è troppo preziosa per essere messa da parte ora. Abbiamo un disperato bisogno di analizzare questo virus, di comprendere il suo meccanismo di contagio e, più importante, di sviluppare un antidoto. E tu, essendo immune, sei la nostra migliore speranza.»

Mi avvicinai all'interfaccia del laboratorio, accedendo ai dati raccolti finora sul virus, la tensione era palpabile. «Il tuo ruolo principale sarà supportarmi nella sintesi di un antidoto e, dato il tuo status di ologramma, sei l'unica qui che non rischia il contagio. Questo ti rende incredibilmente preziosa... ma se hai idee aggiuntive, sono le benvenute» dissi in primo momento, poi con una nota di serietà nella mia voce, aggiunsi, «Sarò io, e al massimo Polina Riker, l'infermiera, ad interfacciarmi con te. La situazione è troppo pericolosa per permettere a più persone di entrare in contatto, anche solo con un programma olografico.»

Mentre inserivo i comandi per cercare più informazioni, riflettevo su ciò che ci aspettava. «Avrai bisogno anche di assistere nelle procedure chirurgiche. Molti sono gravemente feriti, e senza il tuo intervento, temo che perderemo più vite. Sei pronta a prendere in carico queste responsabilità?»

Nonostante il caos che ci circondava, una parte di me trovava conforto nella presenza del MOE. La sua assistenza, anche se non aggiornata agli ultimi sviluppi medici, rappresentava un barlume di speranza. Insieme, forse, potevamo trovare una via d'uscita da questo incubo, affrontando il contagio e salvando quante più vite possibile sulla Voyager.
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#4

Nina

MOE Mark IX

Capisco. rispose Nina in tono cordiale, prendendo atto della situazione. Nel corso degli anni i protocolli di interazione dei vari modelli di MOE erano stati rivisti più volte: il Mark I era stato rapidamente eliminato per via della sua personalità scontrosa e dopo vari tentativi i programmatori se ne erano usciti con un modello di personalità adattivo, in grado di interpretare le espressioni facciali ed il tono dell'interlocutore per rispondere in modo empatico alla situazione. Certo, con le limitazioni imposte alle forme di vita sintetiche era stato fatto qualche passo indietro rispetto ai modelli precedenti, ma i modi di Nina erano sufficientemente raffinati per non creare ulteriori problemi agli operatori medici nelle situazioni di emergenza.

Non si impuntò quindi sul protocollo, ma raggiunse rapidamente il terminale presso il quale la dottoressa stava lavorando, pronta a mettersi all'opera: Mi serve l'accesso ai diari medici, la sua autorizzazione vocale sarà sufficiente. informò la dottoressa ... posso integrarli nella mia banca dati mentre la aiuto ad analizzare i campioni. spiegò: senza avere la minima idea di quanto fosse stato fatto fino a quel momento sarebbe stato difficile per Nina riuscire a capire granché di quanto stavano studiando, oltre a rischiare di riscoprire l'acqua calda.

La tecnologia con cui sono stata progettata rispetta le normative federali sugli standard igienico-sanitari per i protocolli chirurgici. Le probabilità che possa trasmettere un patogeno da un paziente all'altro sono virtualmente pari a zero. si permise di ricordare alla dottoressa ... e sono programmata per eseguire tutte le procedure chirurgiche presenti in archivio con una performance superiore di un fattore .5 rispetto alla media clinica standard. snocciolò, cercando di rispondere quanto meglio poteva all'incomprensibile domanda di Saff a proposito dell'assumersi responsabilità: era il suo lavoro. Era programmata per quello. Per quale ragione la dottoressa poteva mai pensare che non fosse pronta, dopo averla attivata?
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#5

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Saff | Zaldan

Ascoltando Nina, non potevo fare a meno di riflettere sulla complessità degli strumenti a nostra disposizione e sulla loro indispensabilità in situazioni come questa. Il suo tono cordiale, un prodotto di sofisticate programmazioni, mi ricordava che, nonostante la nostra situazione fosse grave, non eravamo soli.

«Autorizzo l'accesso ai diari medici» dissi per prima cosa, la mia voce, ferma e decisa, confermava la mia autorizzazione.

Mentre Nina si integrava con la banca dati, continuai, «la tua capacità di operare senza rischio di trasmissione di patogeni è cruciale, specialmente ora e la tua efficienza nelle procedure chirurgiche sarà fondamentale»
C'era un'ombra di rispetto nella mia voce, un riconoscimento del ruolo vitale che Nina svolgeva. Nonostante fossi abituata a dipendere principalmente sulle mie abilità e conoscenze, l'importanza di collaborare con una forma di vita sintetica in questo contesto era chiara.

«La tua progettazione è straordinaria, e la tua performance è oltre ogni dubbio. La mia preoccupazione non riguarda le tue capacità, ma l'inesplorato. Stiamo affrontando un virus sconosciuto, con proprietà che potrebbero sfuggire ai protocolli standard, indipendentemente dalla perfezione con cui sono eseguiti» ammisi per poi aggiungere «Ogni idea che potrai offrirci, ogni correlazione che potrai trovare, potrebbe essere il tassello mancante che ci serve per comprendere questo virus e, si spera, per sconfiggerlo. Il tuo supporto è fondamentale, in quanto credo che io e te dobbiamo andare oltre i protocolli standard e adattarci rapidamente a questa minaccia. Siamo in acque sconosciute» Il mio sguardo si alzò dal display per incontrare l'interfaccia visiva di Nina e cercai di sorridere, sebbene non raggiungesse gli occhi. Ero esausta, ma ero l'unico medico disponibile in quel momento, oltre al MOE e non potevo riposare.
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#6

Nina

MOE Mark IX

Nina assimilò tutti i diari con una velocità che per un essere biologico sarebbe stata semplicemente impossibile: capisco rispose con un accenno di sorriso e una perfetta imitazione di un tono comprensivo, per poi allontanarsi dalla sua postazione per recuperare uno dei tricorder medici che si trovavano ordinatamente disposti in uno degli armadietti. Senza dire una parola lo accese e lo puntò in direzione della dottoressa: i suoi livelli di cortisolo sono superiori alla norma e rilevo un leggero deficit di somatotropina. Dottoressa, non sta riposando abbastanza. le fece notare. In realtà le era bastato confrontare i marcatori temporali registrati automaticamente nei diari medici per giungere a quella conclusione, ma il tricorder confermava che quello stress prolungato stava cominciando ad avere i suoi effetti sulla salute della donna e, se non si fosse fermata un istante, rischiava un peggioramento costante.

Lasci che mi occupi io delle analisi. Posso contattarla non appena i cicli di sintesi saranno conclusi e sarà il momento di iniziare l'analisi vera e propria. suggerì. Fu allora che le luci all'interno del laboratorio sfarfallarono all'improvviso e qualche secondo dopo il comunicatore della dottoressa trillò. Paris a Saff chiamò il comandante Dottoressa, abbiamo rilevato un cedimento nei campi di forza che isolano il suo laboratorio: secondo i sensori qualcuno si sta dirigendo verso di lei, ma non riusciamo ad identificarlo. Si allontani da lì, non possiamo permetterci di perdere anche lei. Le invio sul monitor un percorso per raggiungere l'area di sicurezza più vicina. disse e quasi contemporaneamente un display si accese, facendo comparire una mappa dei corridoi della nave.

Posso terminare da sola l'analisi. si offrì Nina, anche perché non avrebbe comunque potuto assistere la dottoressa nella fuga: non essendo previsti emettitori olografici lungo i corridoi la sua presenza era vincolata all'infermeria, ai laboratori e, al massimo, al ponte ologrammi.
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#7

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Saff | Zaldan

La situazione era critica, e l'intervento di Nina riguardo al mio stato di salute aggiunse un ulteriore strato di urgenza. Ciononostante, la mia formazione come Zaldan e l'addestramento ricevuto per mantenere la calma in situazioni estreme presero il controllo. «Grazie» risposi con voce ferma, benché la preoccupazione per la sicurezza dell'equipaggio e l'andamento delle ricerche pesasse sulla mia mente. «Il tuo consiglio è prezioso, ma adesso dobbiamo concentrarci sulla priorità immediata, riposerò più tardi»

Fu in quel momento che il comunicatore trillò, con la voce di Paris a tagliare il denso silenzio dell'incertezza e senza esitazione, risposi al comandante Paris, cercando di nascondere il crescente timore che quelle parole avevano suscitato in me. «Ricevuto, comandante. Mi sto dirigendo verso l'area di sicurezza.» dissi e mi ritrovai ad accettare l'offerta di Nina di proseguire con le analisi senza di me.

«Procedi, Nina. È essenziale che il lavoro continui. Tieni al sicuro i dati e informami non appena ci sono novità» La serietà della mia voce speravo trasmettesse l'importanza del suo ruolo in mia assenza.

Tuttavia, mentre mi avviai verso l'uscita, un pensiero inquietante mi attraversò la mente. E se il cedimento dei campi di forza non fosse stato un incidente? E se fosse stata una mossa deliberata per isolarmi o per mettere in pericolo l'equipaggio? La tensione nell'aria si fece palpabile, e per la prima volta da quando l'epidemia aveva iniziato a diffondersi, sentii la presa dell'ansia stringersi attorno al mio petto.

«Mantieni alta la guardia E informa immediatamente la plancia se noti qualunque tentativo di accesso non autorizzato ai dati o al laboratorio. Non sappiamo chi o cosa potrebbe cercare di approfittare di questa situazione.» [/b]» aggiunsi, con un tono che ora tradiva una certa apprensione. Con passo rapido e deciso, mi incamminai lungo il corridoio illuminato a tratti dalle luci d'emergenza, ogni ombra mi sembrava nascondere potenziali minacce. Il pensiero che qualcuno potesse essere diretto verso di me, con intenzioni sconosciute, alimentava la mia fretta di raggiungere un rifugio sicuro. La situazione era già abbastanza disperata; un ulteriore elemento di caos era l'ultima cosa di cui avevamo bisogno.

Uscii dall'infermeria, quando sentii dei rumori; erano quasi impercettibili all'inizio, i passi risuonavano in lontananza, amplificati dal silenzio sovrastante che avvolgeva quella parte di nave: sembrava il suono di qualcuno o qualcosa che si muoveva con un'intenzione non definita, un eco nel corridoio che aumentava la mia ansia. Mi fermai per un momento, cercando di capire la direzione da cui provenivano i passi. La loro irregolarità mi mise in allerta; non erano i passi cadenzati di un membro dell'equipaggio che si muoveva con uno scopo conosciuto. No, c'era qualcosa di strano in quel suono, qualcosa che non quadrava.

E poi, tanto improvvisamente quanto erano iniziati, i suoni cessarono. Il silenzio che seguì era quasi più inquietante del rumore stesso. Il mio respiro sembrava l'unico suono nell'universo in quel momento, ogni inspirazione ed espirazione un promemoria della mia situazione precaria.

"Resta concentrata, Saff" pensai e con rinnovata determinazione, ripresi a muovermi, sebbene ora con maggiore cautela, l'orecchio teso a cogliere qualsiasi altro suono fuori posto, ma per ora, l'unico compagno era il battito del mio cuore, che rimbombava come un tamburo di guerra nel silenzio della Voyager.

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#8

Nina

MOE Mark IX

Sì, dottoressa. rispose prontamente Nina, imitando il tono grave nella voce della donna. Per quanto non fosse in grado di provare emozioni, i suoi programmatori sapevano bene quanto, specialmente in situazioni di emergenza, fosse importante che Nina rispettasse il tono emotivo della situazione e si erano dati non poca pena per dotarla della capacità di riconoscere quale fosse ed adattare le proprie risposte di conseguenza... tuttavia, non appena la dottoressa lasciò il laboratorio per seguire le indicazioni del comandante, l'espressione dell'ologramma tornò neutra, come se quello con cui era alle prese non fosse altro che un semplice compito di routine.

Non passò molto prima che qualcosa iniziasse a raspare contro la porta del laboratorio. Nina ignorò il rumore per alcuni istanti: se avesse avuto accesso ai sensori interni della Voyager, probabilmente si sarebbe resa conto che quello strano suono era qualcuno che cercava di entrare, ma la sua priorità, al momento, era terminare il lavoro della dottoressa: il processo di retrotrascinazione dell'RNA virale era quasi completato e, presto, avrebbe potuto iniziare a preparare le librerie genomiche.

Fu proprio allora che il rumore alla porta si fece più intenso e qualcosa iniziò a muoversi. Nina a plancia chiamò come era stata istruita a fare, interfacciandosi con le comunicazioni della plancia senza premurarsi di fingere di premere il proprio comunicatore olografico parla il programma MOE. La dottoressa Saff mi ha incaricata di informarvi se qualcuno avesse cercato di introdursi nel laboratorio medico. annunciò. Non dovrebbe esserci nessuno in quell'area. Di chi si tratta? si informò la voce di Chakotay attraverso il comunicatore. Nina si avvicinò di qualche passo alla porta, recuperando il tricorder medico che aveva depositato sul tavolo qualche istante prima. Attraverso una fessura della porta comparvero delle dita, che serpeggiavano nella fenditura nel tentativo di allargarla. E' il tenente Kasetsz rispose l'ologramma, riuscendo senza difficoltà a trovare un match con le scansioni biometriche in archivio. Riesce a trattenerlo lì? si informò l'ufficiale, incerto se dovesse essere preoccupato per le condizioni dell'ologramma o meno. Nina valutò l'opzione in una frazione di secondo il tenente è stato infettato. Io e la dottoressa non siamo ancora riuscite a sequenziare il virus, non ho idea di come potrebbero interagire i sedativi con la sua attuale fisiologia. Suggerisco di cercare di contenerlo con un campo di forza, ma non sono autorizzata ad operare sui sistemi della nave. gli fece presente lei.

Thomas Eugene Paris

Umano

Dottoressa! chiamò uno degli ufficiali della sicurezza, appostato al termine del percorso che Tom aveva fatto delineare per lei. Il bajoriano attese che lei lo raggiungesse tenga questo disse, mettendole tra le mani un phaser per poi tamburellare rapidamente qualcosa nella console lungo la parete del corridoio. Una frazione di secondo dopo, un campo di forza apparve accanto a loro, sigillando l'area dalla quale la dottoressa era arrivata. Mi segua... disse, scortandola poi verso una delle aree di sicurezza, installata nell'hangar navette principale.

Le navette si trovavano ora ordinatamente disposte lungo la paratia esterna, mentre il resto dello spazio era stato riadattato per ospitare una serie di brande quando l'infezione si era sparsa nell'area degli alloggi degli ufficiali. Tom drizzò lo sguardo non appena vide la porta aprirsi e il sollievo nel vedere tornare tutti sani e salvi fu rapidamente sostituito dall'urgenza del momento. Abbiamo perso un altro ponte annunciò preoccupato ... come procedono le sue analisi? si informò in direzione di Saff.
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#9

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Saff | Zaldan

Mentre seguivo l'ufficiale di sicurezza verso l'hangar navette trasformato in un'area di emergenza, i pensieri mi si accavallavano freneticamente nella mente. La situazione era precipitata oltre ogni previsione, e l'ansia per l'esito delle analisi che avevo lasciato nelle mani del MOE, cresceva a ogni passo che mi allontanava dal laboratorio. Sentivo il peso della responsabilità schiacciarmi; ogni decisione, ogni azione che avevo intrapreso fino a quel momento sembrava ora impregnata di un dubbio corrosivo. La mia stanchezza era palpabile, un'ombra costante che si estendeva su ogni mio pensiero, ma il tempo per riposare era un lusso che non potevamo permetterci.
«Dottoressa!»  La voce dell'ufficiale di sicurezza mi riportò alla realtà, mentre mi porgeva un phaser, uno strumento di difesa che speravo di non dover utilizzare. Il campo di forza che sigillava l'area era un triste promemoria del pericolo costante che ci minacciava, un nemico invisibile contro cui ogni precauzione sembrava inadeguata.

Raggiungendo Tom Paris nell'hangar, la tensione era tangibile. «Abbiamo perso un altro ponte»  mi informò con voce carica di preoccupazione, la domanda sui progressi delle mie analisi sospesa tra noi come una spada di Damocle.

«Le analisi... »  iniziai, il cuore pesante per l'ammissione che stavo per fare, «non hanno portato a nessun risultato concreto, comandante. Ho lasciato il MOE a occuparsi di tutto, ma senza la mia supervisione diretta, non posso essere certa di ogni dettaglio»  La mia voce tradiva la frustrazione e la stanchezza che sentivo. «E c'è di più; qualcuno è riuscito ad eludere le nostre difese. Qualcuno mi stava seguendo mentre cercavo di arrivare qui, ma non mi ha seguito» dissi. Il rumore sordo dei passi di qualcuno che tentava disperatamente di entrare nel laboratorio riecheggiava nella mia mente, un sinistro presagio di ciò che poteva accadere se non fossimo stati in grado di contenere la situazione. In quel momento, più che mai, sentivo l'assenza della possibilità di essere ovunque tranne che lì, a combattere un nemico che sembrava sempre un passo avanti a noi.
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#10

Thomas Eugene Paris

Umano

Tom sospirò, facendo segno alla dottoressa di seguirlo mentre si allontanava di qualche passo in direzione di un angolo dell'hangar in cui non si trovava nessuno, e dopo aver rivolto le spalle al resto dei presenti per evitare che intuissero il contenuto della conversazione dall'espressione sul suo volto, continuò: dottoressa, mi serve qualcosa di più concreto: abbiamo perso tre ponti ormai, e anche se la situazione a bordo al momento rimane sotto controllo, dobbiamo sapere cosa ci aspetta. Quanto crede che ci vorrà per trovare una cura? si informò sottovoce. Con il capitano e le squadre di sicurezza avevano già approntato un piano di emergenza nel caso in cui la situazione fosse sfuggita di mano, ma sperava sinceramente di non doverlo mettere in atto, perché avrebbe implicato la morte di tutti coloro che erano stati infettati. Sebbene i suoi amici più stretti fossero fino a quel momento stati risparmiati da quell'inquietante trasformazione... non sarebbe stato un ordine facile da eseguire.

Nina

MOE Mark IX

Un campo di forza era stato eretto nel laboratorio medico attorno al tenente Kasetsz, che continuava a gironzolare al suo interno come un animale in gabbia, buttandosi di tanto in tanto contro la parete invisibile che lo tratteneva. Ogni volta, un'espressione che ricordava vagamente un misto tra sorpresa, stupore e rabbia, appariva sul suo volto per qualche istante mentre veniva rispedito all'indietro. Tenente, ciò che sta facendo rischia di causarle un'ustione di primo grado al braccio. gli fece notare Nina, senza ottenere in risposta più che qualche verso inintellegibile.

L'ologramma scosse la testa, estendendo il campo di forza all'interno del quale l'uomo era prigioniero all'intero laboratorio. Non appena realizzò di essere libero, l'ufficiale si scagliò contro quella che appriva ai suoi occhi come l'unica altra persona nella stanza. Se Nina fosse stata un essere biologico, avrebbe probabilmente urlato di dolore mentre in un gesto più animale che umano, il tenente tentò di azzannare il suo braccio, mentre il programma medico si limitò a far scomparire la propria interfaccia e rimaterializzarla qualche metro più in là, fuori dalle grinfie del nervoso tenente. Subito Kasetsz partì nuovamente all'attacco, ma prima che potesse azzannarla di nuovo, Nina lo immobilizzò sapientemente con una benda elastica. mi dispiace dover ricorrere a questi sistemi spiegò ... ma non sono certa di che effetto potrebbe avere un sedativo. precisò, prendendo un campione del sangue dell'uomo legato come un salame per eseguire qualche ulteriore test. Dal verso che fece in risposta, ciò che rimaneva del tenente non sembrava molto felice della cosa...
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