04-09-2024, 09:33 PM
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 04-09-2024, 09:34 PM da T'Dal.)
Logic is the beginning of wisdom, not the end of it
T'Dal Zayrus Vulcaniana
Jim parlava con la sua solita sicurezza, ragionando ad alta voce sulle complessità della situazione elkariana. Le sue parole, benché dirette, sollevavano una serie di interrogativi logici. La discrepanza tra la tecnologia avanzata utilizzata nell'attentato e quella con cui le fazioni si combattevano da anni era palese. Mi era chiaro che Kirk non stesse aspettando una risposta da me, ma stava piuttosto cercando di dare forma ai suoi pensieri mentre esploravamo la navetta elkariana. Anche io avevo notato lo stesso problema. Se gli elkariani possedevano la tecnologia per occultarsi e attaccare in modo così preciso, perché non l’avevano mai usata per sconfiggersi a vicenda o per dominare i territori contesi? La logica suggeriva che ci fosse un elemento esterno in gioco, qualcosa che non ci era ancora chiaro. Un supporto tecnologico proveniente da una fonte non elkariana era una possibilità da considerare.
«Siamo giunti alla stessa conclusione. La logica suggerirebbe che, se possedessero una tecnologia tanto avanzata, l'avrebbero utilizzata per ottenere una rapida vittoria. Tuttavia, ciò non è avvenuto. Questo solleva domande sulle loro vere intenzioni o, forse, sull'origine stessa di questa tecnologia. Potrebbe esserci un terzo attore, una fazione esterna, che ha fornito questo tipo di armamenti, ma non per permettere una vittoria elkariana. Potrebbe esserci un interesse nel mantenere instabile la regione.» dissi concordando con lui. Era una deduzione logica, ma come sempre, avremmo avuto bisogno di prove.
Non era razionale che una fazione in guerra possedesse un'arma capace di determinare una vittoria e tuttavia non la utilizzasse. Qualcosa non quadrava, ed era evidente che ci mancavano ancora dei pezzi fondamentali del puzzle. Forse la tecnologia non apparteneva davvero agli elkariani, oppure era stata loro fornita da una terza parte con interessi ancora sconosciuti.
Kirk interruppe i miei pensieri annunciando che mi avrebbe fatto avere tutti i dati raccolti. La sua fiducia nel coinvolgere una "mente fresca" era tipica del suo stile di comando, un misto di pragmatismo e audacia. Mi limitai a un lieve cenno di assenso, concentrata ancora sugli elementi tecnici della navetta. «Grazie, sono convinta che questa collaborazione potrebbe portarci a intuizioni utili.» e annuii, accettando il suo invito a partecipare all'interrogatorio del pilota, dicendo «certamente». La raccolta di informazioni dirette da un testimone poteva rivelarsi preziosa tanto quanto i dati tecnici. La logica imponeva di sfruttare ogni opportunità per comprendere meglio la situazione.
Mentre ci dirigevamo verso l'infermeria, Jim sembrava divertito dal fatto che io volessi attendere una conferma ufficiale prima di approvare eventuali attività ricreative. Non sembrava affatto sorpreso e forse, pensai, che fosse abituato al suo primo ufficiale.
Per un attimo rimasi in silenzio. Il riferimento a Jor, mi colpì più di quanto volessi ammettere. Jim non sembrava consapevole del motivo della sua assenza, e ovviamente, non c'era stato motivo per lui di chiedermi nulla a riguardo. Non era necessario che sapesse, almeno non in quel momento. Non avrebbe cambiato nulla nella nostra missione.
Sebbene apprezzassi il valore del morale, non potevo fare a meno di riflettere sul rischio che una distrazione simile potesse rappresentare. «Molto bene.» dissi, alla fine, cercando di ricordare che dovevo bilanciare il mio senso di responsabilità con la comprensione del valore del riposo. Il mio giudizio si sarebbe fondato esclusivamente sulle informazioni che mi avrebbe fornito mio fratello maggiore ed eventualmente mi sarei confrontata anche con Dakona, ovviamente non avrei basato la mia riposta su altri fattori emotivi che, logicamente, non potevano influire sul mio ruolo di capitano.
«Siamo giunti alla stessa conclusione. La logica suggerirebbe che, se possedessero una tecnologia tanto avanzata, l'avrebbero utilizzata per ottenere una rapida vittoria. Tuttavia, ciò non è avvenuto. Questo solleva domande sulle loro vere intenzioni o, forse, sull'origine stessa di questa tecnologia. Potrebbe esserci un terzo attore, una fazione esterna, che ha fornito questo tipo di armamenti, ma non per permettere una vittoria elkariana. Potrebbe esserci un interesse nel mantenere instabile la regione.» dissi concordando con lui. Era una deduzione logica, ma come sempre, avremmo avuto bisogno di prove.
Non era razionale che una fazione in guerra possedesse un'arma capace di determinare una vittoria e tuttavia non la utilizzasse. Qualcosa non quadrava, ed era evidente che ci mancavano ancora dei pezzi fondamentali del puzzle. Forse la tecnologia non apparteneva davvero agli elkariani, oppure era stata loro fornita da una terza parte con interessi ancora sconosciuti.
Kirk interruppe i miei pensieri annunciando che mi avrebbe fatto avere tutti i dati raccolti. La sua fiducia nel coinvolgere una "mente fresca" era tipica del suo stile di comando, un misto di pragmatismo e audacia. Mi limitai a un lieve cenno di assenso, concentrata ancora sugli elementi tecnici della navetta. «Grazie, sono convinta che questa collaborazione potrebbe portarci a intuizioni utili.» e annuii, accettando il suo invito a partecipare all'interrogatorio del pilota, dicendo «certamente». La raccolta di informazioni dirette da un testimone poteva rivelarsi preziosa tanto quanto i dati tecnici. La logica imponeva di sfruttare ogni opportunità per comprendere meglio la situazione.
Mentre ci dirigevamo verso l'infermeria, Jim sembrava divertito dal fatto che io volessi attendere una conferma ufficiale prima di approvare eventuali attività ricreative. Non sembrava affatto sorpreso e forse, pensai, che fosse abituato al suo primo ufficiale.
Per un attimo rimasi in silenzio. Il riferimento a Jor, mi colpì più di quanto volessi ammettere. Jim non sembrava consapevole del motivo della sua assenza, e ovviamente, non c'era stato motivo per lui di chiedermi nulla a riguardo. Non era necessario che sapesse, almeno non in quel momento. Non avrebbe cambiato nulla nella nostra missione.
Sebbene apprezzassi il valore del morale, non potevo fare a meno di riflettere sul rischio che una distrazione simile potesse rappresentare. «Molto bene.» dissi, alla fine, cercando di ricordare che dovevo bilanciare il mio senso di responsabilità con la comprensione del valore del riposo. Il mio giudizio si sarebbe fondato esclusivamente sulle informazioni che mi avrebbe fornito mio fratello maggiore ed eventualmente mi sarei confrontata anche con Dakona, ovviamente non avrei basato la mia riposta su altri fattori emotivi che, logicamente, non potevano influire sul mio ruolo di capitano.
I don't need a doctor, damn it! I am a doctor!
Leonard McCoy Umano
Ero tornato indietro alle parole di Dakona. «Elkariano, maschio, età approssimativa 30 anni» disse, confermando ciò che avevo già ipotizzato. Le sue parole rivelavano una familiarità con la gravità della situazione, e il suo aiuto era il benvenuto.
«Sì» risposi con un cenno. «Uno dei piloti delle navette che ci hanno attaccato, probabilmente. Siamo riusciti a salvarlo per un soffio.» Mentre parlavo, il mio sguardo si posava sul paziente, sentendo il peso della nostra responsabilità come medici. «Le sue condizioni sono gravi, ma ha una possibilità. Ho già visto casi peggiori e ne siamo usciti.» era un dettaglio che di certo non migliorava la situazione. Dovevamo salvargli la vita, non importa da dove provenisse o cosa avesse fatto. Il giuramento che avevo preso come medico della Flotta non faceva distinzioni.
Con un respiro profondo, mi avvicinai al bioletto e iniziai a controllare i parametri vitali. Tutto sembrava regolare, almeno quanto poteva esserlo nelle sue condizioni critiche. Mi stavo abituando a questo tipo di casi. Una crisi dopo l'altra. Non mi illudevo più di poter trascorrere una giornata in cui tutto fosse tranquillo. E, in fondo, ammetto che una parte di me lo preferiva. Ogni giorno era una sfida, ogni vita salvata un piccolo miracolo. Anche se a volte dovevo far pace con l'idea che, nonostante tutti i nostri sforzi, non potevamo vincere tutte le battaglie.
Dakona, l'ufficiale medico della Saratoga, era un medico esperto e si vedeva. Il suo approccio calmo e meticoloso mi dava fiducia, e sapevo che insieme avremmo potuto gestire qualsiasi emergenza. Nonostante tutto, non potevo non sorridere quando mi chiese di Kirk. «Oh, che rimanga tra noi, Kirk non è solo un paziente problematico. È un disastro ambulante. È bravo a rischiare la pelle, ma se c’è qualcosa che odia più delle visite mediche, non so cosa sia. Ogni volta che cerco di fargli un controllo, trova un modo per sgattaiolare via, come se la salute non fosse affar suo.»
Nonostante il tono scherzoso, c’era un fondo di verità nelle mie parole. Kirk era un capitano straordinario, nessuno poteva negarlo, ma il suo rifiuto costante di prendersi cura della propria salute mi faceva venire i capelli bianchi. Forse era proprio questa la sfida più grande del mio lavoro: tenere in vita un capitano che sembrava impegnato a mettersi costantemente nei guai. «Devo ricordargli regolarmente che, se continua così, un giorno non ci sarò più io a salvarlo; ma come avrai intuito, non ascolta mai.»
Mi fermai un attimo, riflettendo su ciò che Dakona aveva detto riguardo a T'Dal. «Devo ammettere che la sua capitana sembra più ragionevole del mio, almeno per quanto riguarda le visite mediche. Forse essere vulcaniana aiuta. La logica ha i suoi vantaggi, immagino.» Era un pensiero curioso. Non avevo mai avuto a che fare con troppi vulcaniani come pazienti, e la disciplina e autocontrollo di Spock rendevano la mia professione più facile; ma con Kirk… beh, con lui era sempre una lotta.
Mentre Dakona continuava a leggere la cartella clinica dell’ambasciatore M’Saar, notai un cambiamento nel suo atteggiamento. Il suo sguardo si fece pensieroso e concentrato, come se avesse individuato qualcosa di anomalo. «Cosa c’è che non va?» chiesi, avvicinandomi per dare un’occhiata più da vicino. E quando estrasse il tricorder per una scansione, il mio interesse crebbe. Le sue parole mi colpirono: una possibile irregolarità genetica? Vulcanoidi?
«Non credo che l'ambasciatore M'Saar abbia antenati vulcanoidi, almeno non che io sappia» risposi, scrutando la scansione che Dakona stava effettuando. L'irregolarità genetica che aveva individuato era interessante. Forse questo avrebbe spiegato alcune delle complicazioni che avevamo riscontrato nel trattamento dell'ambasciatore. Ma con specie così diverse, ogni nuovo dettaglio poteva essere cruciale.
Mi avvicinai un po' di più al bioletto, gettando un’occhiata ai parametri vitali del paziente, e poi mi voltai verso Dakona. «Sai, non ho mai avuto molto a che fare con caitiani. Romulani neanche a parlarne e anche la mia esperienza con i vulcaniani è abbastanza limitata» ammisi, con un tono di sincera riflessione. Non era comune che lo ammettessi, ma sapevo che in quel momento, avere il supporto di un medico esperto come Dakona poteva fare la differenza. «Perciò, il tuo aiuto è davvero prezioso.»
Guardai di nuovo la cartella clinica, cercando di capire se ci fosse qualcosa che ci stava sfuggendo. «Vuoi dare un’occhiata alla cura che ho prescritto per l’ambasciatore? Forse ci vedrai qualcosa che a me è sfuggito, visto che non ho molta familiarità con questa particolare combinazione di specie e patologie.» Non era facile ammettere che potesse esserci un margine di errore nel mio piano di trattamento, ma se c’era anche una minima possibilità di migliorarlo, ero disposto a farlo. Non si trattava di orgoglio, ma di salvare una vita. «Se ha davvero qualche legame genetico con una specie vulcanoide, potremmo dover rivedere il suo intero trattamento.» Lasciai che fosse Dakona a esaminare i dettagli mentre mi concentravo sulla scansione. «Queste irregolarità… potrebbero spiegare alcune delle reazioni che ho visto e del perché non migliora in nessun senso. O magari no, magari è solo una coincidenza; ma in medicina, non possiamo mai lasciare nulla al caso.»
«Sì» risposi con un cenno. «Uno dei piloti delle navette che ci hanno attaccato, probabilmente. Siamo riusciti a salvarlo per un soffio.» Mentre parlavo, il mio sguardo si posava sul paziente, sentendo il peso della nostra responsabilità come medici. «Le sue condizioni sono gravi, ma ha una possibilità. Ho già visto casi peggiori e ne siamo usciti.» era un dettaglio che di certo non migliorava la situazione. Dovevamo salvargli la vita, non importa da dove provenisse o cosa avesse fatto. Il giuramento che avevo preso come medico della Flotta non faceva distinzioni.
Con un respiro profondo, mi avvicinai al bioletto e iniziai a controllare i parametri vitali. Tutto sembrava regolare, almeno quanto poteva esserlo nelle sue condizioni critiche. Mi stavo abituando a questo tipo di casi. Una crisi dopo l'altra. Non mi illudevo più di poter trascorrere una giornata in cui tutto fosse tranquillo. E, in fondo, ammetto che una parte di me lo preferiva. Ogni giorno era una sfida, ogni vita salvata un piccolo miracolo. Anche se a volte dovevo far pace con l'idea che, nonostante tutti i nostri sforzi, non potevamo vincere tutte le battaglie.
Dakona, l'ufficiale medico della Saratoga, era un medico esperto e si vedeva. Il suo approccio calmo e meticoloso mi dava fiducia, e sapevo che insieme avremmo potuto gestire qualsiasi emergenza. Nonostante tutto, non potevo non sorridere quando mi chiese di Kirk. «Oh, che rimanga tra noi, Kirk non è solo un paziente problematico. È un disastro ambulante. È bravo a rischiare la pelle, ma se c’è qualcosa che odia più delle visite mediche, non so cosa sia. Ogni volta che cerco di fargli un controllo, trova un modo per sgattaiolare via, come se la salute non fosse affar suo.»
Nonostante il tono scherzoso, c’era un fondo di verità nelle mie parole. Kirk era un capitano straordinario, nessuno poteva negarlo, ma il suo rifiuto costante di prendersi cura della propria salute mi faceva venire i capelli bianchi. Forse era proprio questa la sfida più grande del mio lavoro: tenere in vita un capitano che sembrava impegnato a mettersi costantemente nei guai. «Devo ricordargli regolarmente che, se continua così, un giorno non ci sarò più io a salvarlo; ma come avrai intuito, non ascolta mai.»
Mi fermai un attimo, riflettendo su ciò che Dakona aveva detto riguardo a T'Dal. «Devo ammettere che la sua capitana sembra più ragionevole del mio, almeno per quanto riguarda le visite mediche. Forse essere vulcaniana aiuta. La logica ha i suoi vantaggi, immagino.» Era un pensiero curioso. Non avevo mai avuto a che fare con troppi vulcaniani come pazienti, e la disciplina e autocontrollo di Spock rendevano la mia professione più facile; ma con Kirk… beh, con lui era sempre una lotta.
Mentre Dakona continuava a leggere la cartella clinica dell’ambasciatore M’Saar, notai un cambiamento nel suo atteggiamento. Il suo sguardo si fece pensieroso e concentrato, come se avesse individuato qualcosa di anomalo. «Cosa c’è che non va?» chiesi, avvicinandomi per dare un’occhiata più da vicino. E quando estrasse il tricorder per una scansione, il mio interesse crebbe. Le sue parole mi colpirono: una possibile irregolarità genetica? Vulcanoidi?
«Non credo che l'ambasciatore M'Saar abbia antenati vulcanoidi, almeno non che io sappia» risposi, scrutando la scansione che Dakona stava effettuando. L'irregolarità genetica che aveva individuato era interessante. Forse questo avrebbe spiegato alcune delle complicazioni che avevamo riscontrato nel trattamento dell'ambasciatore. Ma con specie così diverse, ogni nuovo dettaglio poteva essere cruciale.
Mi avvicinai un po' di più al bioletto, gettando un’occhiata ai parametri vitali del paziente, e poi mi voltai verso Dakona. «Sai, non ho mai avuto molto a che fare con caitiani. Romulani neanche a parlarne e anche la mia esperienza con i vulcaniani è abbastanza limitata» ammisi, con un tono di sincera riflessione. Non era comune che lo ammettessi, ma sapevo che in quel momento, avere il supporto di un medico esperto come Dakona poteva fare la differenza. «Perciò, il tuo aiuto è davvero prezioso.»
Guardai di nuovo la cartella clinica, cercando di capire se ci fosse qualcosa che ci stava sfuggendo. «Vuoi dare un’occhiata alla cura che ho prescritto per l’ambasciatore? Forse ci vedrai qualcosa che a me è sfuggito, visto che non ho molta familiarità con questa particolare combinazione di specie e patologie.» Non era facile ammettere che potesse esserci un margine di errore nel mio piano di trattamento, ma se c’era anche una minima possibilità di migliorarlo, ero disposto a farlo. Non si trattava di orgoglio, ma di salvare una vita. «Se ha davvero qualche legame genetico con una specie vulcanoide, potremmo dover rivedere il suo intero trattamento.» Lasciai che fosse Dakona a esaminare i dettagli mentre mi concentravo sulla scansione. «Queste irregolarità… potrebbero spiegare alcune delle reazioni che ho visto e del perché non migliora in nessun senso. O magari no, magari è solo una coincidenza; ma in medicina, non possiamo mai lasciare nulla al caso.»