14-07-2012, 06:22 PM
T'Dal Zayrus
Vulcan
Unii la mia mente con la sua. Decisi di mostrarle qualcosa prima, qualsiasi cosa. Le mostrai una versione di me e Mestral da bambini, all'unione, la mia riluttanza e la mia paura. L'abbraccio che ci eravamo dati, la promessa che sarebbe andato tutto bene e ci saremmo ritrovati. Un paio di uscite e poi, persi di vista.
Eppure, nonostante non avessi voluto, ecco riproporsi, lentamente, come tante piccole scene di teatro, che componevano come tessere di un puzzle tutto ciò che concerneva mio padre: tutto passò di fronte ai nostri occhi.
Il bullismo subito quando ero piccola. Il mio rifiuto del mio essere umano, che sembrava affliggere solo me, anche se non ero esattamente metà vulcaniana e metà umana. Il mio rifiuto di diventare una sacerdotessa, la lettera di raccomandazione di un mio professore che potevo usare per l'entrata della Federazione, mio padre che accolse la notizia con distacco, Elieth che con la fredda razionalità ammise di essere contento per la scelta, il saluto freddo che io e mio padre ci eravamo dati alla partenza, con la promessa di tornare presto sul discorso. La notizia della morte di mio padre e mio fratello, il pianto disperato di mia madre, il mio dolore, l'abbraccio di mio fratello. Fragilità emotiva. La lettera di ammissione della federazione. Freddezza. Gli incubi frequenti e l'eterna insoddisfazione. La paura, la frenesia, poi il freddo e il vuoto. La logica e la calma imposta. La partenza per la federazione, accolta con apparente entusiamo. Il mio disagio nel tornare a casa su Vulcano. Il Ponn Farr, la sorpresa mischiata a paura e sensazioni indescrivibili. La mancanza di aria. La morte certa. La salvezza e la mia chiusura in me stessa. L'esplosione di Vulcano mentre ero all'accademia e la disperazione, il mio chiudere tutti i ponti con la mia gente, fino a che non sarei stata pronta per tornare a casa. La telefonata di Elieth e la paura che era svanita lasciando spazio al sollievo. Il freddo della logica che ancora, copriva tutto e mi faceva vedere tutto da dietro un vetro.
Fino a che.. ecco una scena chiave.
"Sei così giovane" disse un vecchio professore di medicina dell'accademia fissando la T'Dal poco più che adolescente che sedeva davanti a sè "eppure hai lo sguardo vecchio, come se avessi vissuto per secoli. Cosa ti è capitato? Ti senti bene? In fondo hai visto Vulcano esplodere, anche se da dietro un monitor"
Un mio pensiero interruppe i miei pensieri vuoti.
Chissà se arriverà mai il momento in cui non sentirò più niente. Il dolore è costante, come se avessi lo stomaco pieno di topi. Mi pare di provare solo questo adesso. Non c'è una parte di me che non prova dolore.
"Le posso assicurare, dottore, che è solo stanchezza. E l'esplosione non compromette i miei studi in accademia." L'omettere una verità. Il silenzio.
"So dei tuoi incubi, sono tornati recentemente. Ne vuoi parlare? So che sono molto frequenti. Vuoi parlarne con qualcuno? Magari vuoi provare a tornare a casa." iniziai a sentire rimbombare quelle parole. Tornare a casa. Ed ecco instillarsi nuovamente la paura. Il silenzio, la calma forzata, il gelo che bloccò ogni sentimento e lasciava dietro il silenzio.
Dico davvero, non c'è bisogno di preoccuparsi.
Se ha bisogno di me, sa dove trovarmi, T'Dal."
Si signore.
Ed era proprio quella versione di me, giovane adolescente dagli "occhi vecchi" che faceva i primi passi nella mente di Korinna. Silenziosamente, lentamente.
Ero io, la me stessa più genuina. Quella impaurita, quella che si sentiva sola. Cercai un ricordo di Korinna. Uno qualsiasi, che mi guidasse.
Eppure, nonostante non avessi voluto, ecco riproporsi, lentamente, come tante piccole scene di teatro, che componevano come tessere di un puzzle tutto ciò che concerneva mio padre: tutto passò di fronte ai nostri occhi.
Il bullismo subito quando ero piccola. Il mio rifiuto del mio essere umano, che sembrava affliggere solo me, anche se non ero esattamente metà vulcaniana e metà umana. Il mio rifiuto di diventare una sacerdotessa, la lettera di raccomandazione di un mio professore che potevo usare per l'entrata della Federazione, mio padre che accolse la notizia con distacco, Elieth che con la fredda razionalità ammise di essere contento per la scelta, il saluto freddo che io e mio padre ci eravamo dati alla partenza, con la promessa di tornare presto sul discorso. La notizia della morte di mio padre e mio fratello, il pianto disperato di mia madre, il mio dolore, l'abbraccio di mio fratello. Fragilità emotiva. La lettera di ammissione della federazione. Freddezza. Gli incubi frequenti e l'eterna insoddisfazione. La paura, la frenesia, poi il freddo e il vuoto. La logica e la calma imposta. La partenza per la federazione, accolta con apparente entusiamo. Il mio disagio nel tornare a casa su Vulcano. Il Ponn Farr, la sorpresa mischiata a paura e sensazioni indescrivibili. La mancanza di aria. La morte certa. La salvezza e la mia chiusura in me stessa. L'esplosione di Vulcano mentre ero all'accademia e la disperazione, il mio chiudere tutti i ponti con la mia gente, fino a che non sarei stata pronta per tornare a casa. La telefonata di Elieth e la paura che era svanita lasciando spazio al sollievo. Il freddo della logica che ancora, copriva tutto e mi faceva vedere tutto da dietro un vetro.
Fino a che.. ecco una scena chiave.
"Sei così giovane" disse un vecchio professore di medicina dell'accademia fissando la T'Dal poco più che adolescente che sedeva davanti a sè "eppure hai lo sguardo vecchio, come se avessi vissuto per secoli. Cosa ti è capitato? Ti senti bene? In fondo hai visto Vulcano esplodere, anche se da dietro un monitor"
Un mio pensiero interruppe i miei pensieri vuoti.
Chissà se arriverà mai il momento in cui non sentirò più niente. Il dolore è costante, come se avessi lo stomaco pieno di topi. Mi pare di provare solo questo adesso. Non c'è una parte di me che non prova dolore.
"Le posso assicurare, dottore, che è solo stanchezza. E l'esplosione non compromette i miei studi in accademia." L'omettere una verità. Il silenzio.
"So dei tuoi incubi, sono tornati recentemente. Ne vuoi parlare? So che sono molto frequenti. Vuoi parlarne con qualcuno? Magari vuoi provare a tornare a casa." iniziai a sentire rimbombare quelle parole. Tornare a casa. Ed ecco instillarsi nuovamente la paura. Il silenzio, la calma forzata, il gelo che bloccò ogni sentimento e lasciava dietro il silenzio.
Dico davvero, non c'è bisogno di preoccuparsi.
Se ha bisogno di me, sa dove trovarmi, T'Dal."
Si signore.
Ed era proprio quella versione di me, giovane adolescente dagli "occhi vecchi" che faceva i primi passi nella mente di Korinna. Silenziosamente, lentamente.
Ero io, la me stessa più genuina. Quella impaurita, quella che si sentiva sola. Cercai un ricordo di Korinna. Uno qualsiasi, che mi guidasse.