21-07-2012, 12:23 AM
T'Dal Zayrus
Vulcan
Sin dall'inizio cercai in qualche modo di non fare sentire il peso dei miei dannatissimi sentimenti a Korinna e una parte di me, si aggrappò ad una rarissima fiamma, che fosse speranza?, che la betazoide riuscisse a sostenere tutto. Sapevo che non era facile, perchè i miei sentimenti erano più profondi e incasinati in confronto a quelli di altre specie, forse anche quelle degli umani. I miei pensieri erano diversi, spesso l'unico era davvero mio fratello che era in parte riuscito sostenerli da una parte, era davvero complicato per me che ci ero abituata "a resistere", a gettare una coperta gelata su tutto che mi sconvolgeva. Una parte di me, era come se gridasse nelle mie orecchie rivedendo quelle scene che non dovevo cedere, che i sentimenti erano qualcosa di sbagliato, un errore, un qualcosa che dovevo imparare a cancellare a piccoli passi. Era così doveva essere sempre, anche se per altri poteva essere sbagliata. Mi aggrappai per un istante a questa consapevolezza, quando Korinna abbracciò la "piccola me", quella che si stava approcciando per davvero a tutto il processo, quella che mostrava cosa mi era successo e che tremava, come se avesse paura. E in effetti, quella versione di me, ne aveva.. nonostante lo sguardo era il mio, quello serio, quello "vecchio". Forse avevo iniziato a capire cosa volesse dire quel dottore, forse il mio animo non era ancora pronto. Dovevo affrontare un paio di questioni irrisolte.
Guardavo i suoi ricordi e mi ritrovai a sorridere seppur debolmente, mentre guardavo la casa della famiglia immersa nel verde, sembrava così tanto verde, un verde a cui non ero abituata. Vidi i fiori, le piantine che crescevano e Korinna con quella che doveva essere sua madre a curarli, la loro gioia. Guardavo tutto quello che voleva mostrarmi con viva curiosità. Avevo provato i sentimenti legati alla lontananza del padre che conoscevo molto bene, avevo visto l'eccitazione di scrivere e abbellire cartelloni colorati di cui mi chiedevo l'effettiva utilità, ma ad un certo punto furono i musei che avevano attratto la mia attenzione. Le avevano messo paura, soprattutto le faccie lievemente distorte di alcune delle statue. Io inclinai il capo e ricordai di avere letto qualcosa in proposito, mi ricordavano un capitolo di un vecchissimo tomo che mio padre mi aveva regalato anni prima. Mi guardavo intorno ammirata e poi ascoltai la discussione con suo padre.
Doveva essere un uomo saggio e comprensivo, nella mia esistenza non sapevo come si gestivano certe cose e mi limitai a metterle una mano sulla spalla con fare gentile. Abbozzai un sorriso. Non era dovuto essere facile per lei, ma cercai di farle capire che dopo tutto stava facendo la scelta migliore e che comunque non l'avrei abbandonata.
Ad un certo punto mi venne un'idea. Volevo farle vedere un pensiero felice, che non avevo mai condiviso con nessuno. Forse dopo tutte quelle cose brutte che le avevo fatto vedere, mi sentivo in debito.
La mia piccola casa nella città mercantile di Vulcana Regar. Era uno di quei classici giorni in cui ero ancora una bambina di quattro anni circa con i propri sentimenti, che lentamente si stava approcciando alla logica seguiva il proprio padre che mi portava in giro con il suo fare tranquillo e pacato, tenendo le mani un pò dietro la schiena un pò lungo i fianchi mantenendo una figura perfettamente eretta. Io cercavo di imitarlo, ma dato che molto spesso tenevo gli occhi puntati su di lui inciampai. Mi guardò con aria seria, facendo un cenno di rialzarmi. T'Dal, alzati e sistemati i pantaloni, li hai sporcati di terra. disse con tranquillità, indicando il punto giusto dove li avevo sporcati e mi misi ad aggiustarli sotto la sua supervisione. Non appena ebbi la sua approvazione, mi mise dietro la schiena e camminammo così per qualche istante.
Devi fare attenzione a dove metti i piedi, rimanendo ben dritta. Con un pò di pratica ci riuscirai nei migliore di modi. Ti porto a vedere una cosa. Mi ritrovai a sorridergli mentre mi fissava con i suoi occhi blu intensi di cui avevo ereditato il colore e l'intensità. Nemmeno Elieth li aveva così, bensì molto più chiari. Il suo sguardo fiero era stato qualcosa di impagabile e lo seguii.
Guardavo i suoi ricordi e mi ritrovai a sorridere seppur debolmente, mentre guardavo la casa della famiglia immersa nel verde, sembrava così tanto verde, un verde a cui non ero abituata. Vidi i fiori, le piantine che crescevano e Korinna con quella che doveva essere sua madre a curarli, la loro gioia. Guardavo tutto quello che voleva mostrarmi con viva curiosità. Avevo provato i sentimenti legati alla lontananza del padre che conoscevo molto bene, avevo visto l'eccitazione di scrivere e abbellire cartelloni colorati di cui mi chiedevo l'effettiva utilità, ma ad un certo punto furono i musei che avevano attratto la mia attenzione. Le avevano messo paura, soprattutto le faccie lievemente distorte di alcune delle statue. Io inclinai il capo e ricordai di avere letto qualcosa in proposito, mi ricordavano un capitolo di un vecchissimo tomo che mio padre mi aveva regalato anni prima. Mi guardavo intorno ammirata e poi ascoltai la discussione con suo padre.
Doveva essere un uomo saggio e comprensivo, nella mia esistenza non sapevo come si gestivano certe cose e mi limitai a metterle una mano sulla spalla con fare gentile. Abbozzai un sorriso. Non era dovuto essere facile per lei, ma cercai di farle capire che dopo tutto stava facendo la scelta migliore e che comunque non l'avrei abbandonata.
Ad un certo punto mi venne un'idea. Volevo farle vedere un pensiero felice, che non avevo mai condiviso con nessuno. Forse dopo tutte quelle cose brutte che le avevo fatto vedere, mi sentivo in debito.
La mia piccola casa nella città mercantile di Vulcana Regar. Era uno di quei classici giorni in cui ero ancora una bambina di quattro anni circa con i propri sentimenti, che lentamente si stava approcciando alla logica seguiva il proprio padre che mi portava in giro con il suo fare tranquillo e pacato, tenendo le mani un pò dietro la schiena un pò lungo i fianchi mantenendo una figura perfettamente eretta. Io cercavo di imitarlo, ma dato che molto spesso tenevo gli occhi puntati su di lui inciampai. Mi guardò con aria seria, facendo un cenno di rialzarmi. T'Dal, alzati e sistemati i pantaloni, li hai sporcati di terra. disse con tranquillità, indicando il punto giusto dove li avevo sporcati e mi misi ad aggiustarli sotto la sua supervisione. Non appena ebbi la sua approvazione, mi mise dietro la schiena e camminammo così per qualche istante.
Devi fare attenzione a dove metti i piedi, rimanendo ben dritta. Con un pò di pratica ci riuscirai nei migliore di modi. Ti porto a vedere una cosa. Mi ritrovai a sorridergli mentre mi fissava con i suoi occhi blu intensi di cui avevo ereditato il colore e l'intensità. Nemmeno Elieth li aveva così, bensì molto più chiari. Il suo sguardo fiero era stato qualcosa di impagabile e lo seguii.