04-03-2023, 06:54 PM
Dietro tutte le cose che crediamo di conoscere bene, se ne nascondono altrettante che non conosciamo per niente.
Lorelei Deanna Sherazi Betazoide
La sua bisnonna aveva ragione: la società betazoide dava troppa importanza alle abilità telepatiche. Non aveva conosciuto a sufficienza il suo prozio per sapere come avesse vissuto la cosa, ma sapeva bene quanto avesse sofferto Liam per lo stesso motivo e quello era più che sufficiente a renderle evidente il problema. Già, non abbiamo imparato nulla... Pensò, desolata nel rendersi conto come anche la società betazoide, nonostante la telepatia e l'effetto della stessa sulle interazioni interpersonali, era in grado di ricadere negli errori e nei difetti tipici delle società non telepatiche. Errare è insito nella nostra natura. Il problema più grande è quando, come in questo caso, non si impara dai propri errori.
Un sorriso imbarazzato spuntò sulle sue labbra quando l'anziana commentò la sua analisi dell'opera. L'aveva fatto di nuovo, era ricaduta nella sua passione e aveva dato una risposta che, per quanto corretta, era totalmente sbagliata in quella situazione: stavano parlando di tecniche telepatiche, avrebbe dovuto esserle evidente che scansionare l'opera col VISOR non l'avrebbe portata a nulla. Vero. Ammise il suo errore, accettando il PADD che le veniva passato. Ascoltò con curiosità la successiva spiegazione, affascinata dall'idea di riprodurre con l'arte un'emozione. A prima acchito non sembrava una novità, in Accademia era entrata in contatto con riproduzioni di opere artistiche astratte realizzate a partire da un'idea o un sentimento, ma quella che aveva di fronte era arte empatica. Era diversa. Sì, è successo. Rispose alla domanda della bisnonna, ricordandosi delle volte in cui le emozioni altrui si erano rivelate così forti e disturbanti da non poter essere ignorate. Quando qualcuno accanto a me sta provando una forte emozione, faccio del mio meglio per... interpretarla o razionalizzarla in modo da non scambiarla per una mia emozione e non farmi da essa troppo influenzare. In effetti, spesso la razionalizzo in modo visivo... in forme non chiare come questa ma in un certo senso simili.
Aspettò la conclusione della spiegazione, seguendo con interesse i passi da fare per comprendere ed apprezzare l'opera empatica di fronte a lei, poi la scansionò nuovamente col suo VISOR. Quando fu sufficientemente sicura di aver memorizzato il più possibile la forma e i colori della macchia, prese la drastica decisione di spegnere il VISOR in modo che i suoi imput visivi non la disturbassero durante l'esercizio. Quando il mondo attorno a lei precipitò nell'oscurità, Lorelei si concentrò sulla forma memorizzata nel tentativo di riprodurla con più precisione possibile nella sua mente. Ci volle qualche istante ma alla fine riuscì a vedere quella macchia gialla, quasi più brillante di quella mostratale da quell'apparecchio che le permetteva di vedere in modo simile ma non analogo ai normodotati. Quando la macchia si fece più nitida, assumendo una forma abbastanza somigliante ma ancora non identica a quella dell'opera, la betazoide cominciò ad aggiungerci gli altri colori. Prima il rosa, in cui il giallo sfumava ai bordi, poi le sottili e quasi impercettibili linee verdi. Non fu semplice mantenere stabile la proiezione in quanto tendeva a disfarsi e mutare. La giovane donna aveva anche la sensazione che qualcosa mancasse: una percezione forse dovuta alla bidimensionalità dell'immagine, forse alla sua imprecisa riproduzione o forse ancora dalla sua insicurezza.
Si mordicchiò lievemente il labbro inferiore, la sua concentrazione tutta sul mantenimento di quella proiezione mentale che di tanto in tanto traballava e cercava di svanire. Riattivare il VISOR per ricontrollare l'originale l'avrebbe probabilmente aiutata a recuperare certi dettagli che la sua memoria aveva perso ma non era sicura che sarebbe riuscita a mantenere stabile l'immagine una volta che la sua mente fosse stata bersagliata dagli input visivi. Così, decise per il momento di accontentarsi di quello che era riuscita a memorizzare, concentrandosi su quella riproduzione probabilmente imperfetta nel tentativo di percepire più della sua forma e dei suoi colori. Doveva svuotare la mente di qualsiasi altro pensiero, delle sue insicurezze e delle sue aspettative. Dovevano rimanere solo lei, l'oscurità, quello schema e l'emozione in esso celata.
Un sorriso imbarazzato spuntò sulle sue labbra quando l'anziana commentò la sua analisi dell'opera. L'aveva fatto di nuovo, era ricaduta nella sua passione e aveva dato una risposta che, per quanto corretta, era totalmente sbagliata in quella situazione: stavano parlando di tecniche telepatiche, avrebbe dovuto esserle evidente che scansionare l'opera col VISOR non l'avrebbe portata a nulla. Vero. Ammise il suo errore, accettando il PADD che le veniva passato. Ascoltò con curiosità la successiva spiegazione, affascinata dall'idea di riprodurre con l'arte un'emozione. A prima acchito non sembrava una novità, in Accademia era entrata in contatto con riproduzioni di opere artistiche astratte realizzate a partire da un'idea o un sentimento, ma quella che aveva di fronte era arte empatica. Era diversa. Sì, è successo. Rispose alla domanda della bisnonna, ricordandosi delle volte in cui le emozioni altrui si erano rivelate così forti e disturbanti da non poter essere ignorate. Quando qualcuno accanto a me sta provando una forte emozione, faccio del mio meglio per... interpretarla o razionalizzarla in modo da non scambiarla per una mia emozione e non farmi da essa troppo influenzare. In effetti, spesso la razionalizzo in modo visivo... in forme non chiare come questa ma in un certo senso simili.
Aspettò la conclusione della spiegazione, seguendo con interesse i passi da fare per comprendere ed apprezzare l'opera empatica di fronte a lei, poi la scansionò nuovamente col suo VISOR. Quando fu sufficientemente sicura di aver memorizzato il più possibile la forma e i colori della macchia, prese la drastica decisione di spegnere il VISOR in modo che i suoi imput visivi non la disturbassero durante l'esercizio. Quando il mondo attorno a lei precipitò nell'oscurità, Lorelei si concentrò sulla forma memorizzata nel tentativo di riprodurla con più precisione possibile nella sua mente. Ci volle qualche istante ma alla fine riuscì a vedere quella macchia gialla, quasi più brillante di quella mostratale da quell'apparecchio che le permetteva di vedere in modo simile ma non analogo ai normodotati. Quando la macchia si fece più nitida, assumendo una forma abbastanza somigliante ma ancora non identica a quella dell'opera, la betazoide cominciò ad aggiungerci gli altri colori. Prima il rosa, in cui il giallo sfumava ai bordi, poi le sottili e quasi impercettibili linee verdi. Non fu semplice mantenere stabile la proiezione in quanto tendeva a disfarsi e mutare. La giovane donna aveva anche la sensazione che qualcosa mancasse: una percezione forse dovuta alla bidimensionalità dell'immagine, forse alla sua imprecisa riproduzione o forse ancora dalla sua insicurezza.
Si mordicchiò lievemente il labbro inferiore, la sua concentrazione tutta sul mantenimento di quella proiezione mentale che di tanto in tanto traballava e cercava di svanire. Riattivare il VISOR per ricontrollare l'originale l'avrebbe probabilmente aiutata a recuperare certi dettagli che la sua memoria aveva perso ma non era sicura che sarebbe riuscita a mantenere stabile l'immagine una volta che la sua mente fosse stata bersagliata dagli input visivi. Così, decise per il momento di accontentarsi di quello che era riuscita a memorizzare, concentrandosi su quella riproduzione probabilmente imperfetta nel tentativo di percepire più della sua forma e dei suoi colori. Doveva svuotare la mente di qualsiasi altro pensiero, delle sue insicurezze e delle sue aspettative. Dovevano rimanere solo lei, l'oscurità, quello schema e l'emozione in esso celata.