09-03-2024, 10:20 PM
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 09-03-2024, 10:24 PM da T'Dal.)
It's nice to have a family.
Carol Marcus Umana
Mentre il turboascensore saliva silenziosamente verso il ponte cinque, Jim sembrava completamente immerso nei suoi pensieri. La sua distrazione era comprensibile, data la natura della conversazione che avevamo avuto poco prima. La sua reazione alla mia domanda rifletteva quella profondità di riflessione, come se stesse cercando di mettere ordine nel caos improvviso scatenato dalla mia rivelazione. «Intendo... beh, entrambe le cose» risposi, ma poi lasciai cadere il discorso.
Quando giungemmo al suo alloggio, la porta si aprì con un sibilo. Entrai, accettando con gratitudine il suo invito a sedermi. «Un té sarebbe perfetto, grazie» risposi, mentre mi accomodavo su una delle poltrone. La sua offerta, sebbene semplice, era un gesto di cura che apprezzavo. La domanda di Jim, che seguì poco dopo, era esattamente quello che temevo ma allo stesso tempo sapevo che era inevitabile.
Prendendo un profondo respiro, annuii, capendo che era giunto il momento di affrontare quelle domande che, immaginavo, gli ronzassero in testa. Annuii, dandogli il mio benestare per continuare. «Va bene, Jim. Chiedi quello che devi, sarò il più sincera possibile«» dissi, preparandomi mentalmente per una conversazione che sapevo sarebbe stata difficile, ma necessaria.
Era chiaro che la rivelazione della mia gravidanza aveva scatenato in lui una serie di dubbi e incertezze; ero consapevole che le domande di Jim potessero riguardare la paternità, il nostro futuro insieme, il lavoro, o persino i cambiamenti che la gravidanza avrebbe portato nelle nostre vite; ma se c'era una cosa che sapevo era che dovevamo affrontare insieme qualsiasi dubbio avesse, per poter procedere in modo onesto e aperto.
Aspettai, dunque, pronta a rispondere alle sue domande, a chiarire ogni dubbio. Non importava quanto fossero difficili le questioni che avrebbe sollevato; ero determinata a condividere con lui ogni pensiero, ogni preoccupazione, con la stessa sincerità che avevo sempre apprezzato in lui.
Il mio cuore batteva forte mentre lo guardavo, consapevole che le risposte che avrei dato avrebbero potuto cambiare il corso della nostra relazione.
Quando giungemmo al suo alloggio, la porta si aprì con un sibilo. Entrai, accettando con gratitudine il suo invito a sedermi. «Un té sarebbe perfetto, grazie» risposi, mentre mi accomodavo su una delle poltrone. La sua offerta, sebbene semplice, era un gesto di cura che apprezzavo. La domanda di Jim, che seguì poco dopo, era esattamente quello che temevo ma allo stesso tempo sapevo che era inevitabile.
Prendendo un profondo respiro, annuii, capendo che era giunto il momento di affrontare quelle domande che, immaginavo, gli ronzassero in testa. Annuii, dandogli il mio benestare per continuare. «Va bene, Jim. Chiedi quello che devi, sarò il più sincera possibile«» dissi, preparandomi mentalmente per una conversazione che sapevo sarebbe stata difficile, ma necessaria.
Era chiaro che la rivelazione della mia gravidanza aveva scatenato in lui una serie di dubbi e incertezze; ero consapevole che le domande di Jim potessero riguardare la paternità, il nostro futuro insieme, il lavoro, o persino i cambiamenti che la gravidanza avrebbe portato nelle nostre vite; ma se c'era una cosa che sapevo era che dovevamo affrontare insieme qualsiasi dubbio avesse, per poter procedere in modo onesto e aperto.
Aspettai, dunque, pronta a rispondere alle sue domande, a chiarire ogni dubbio. Non importava quanto fossero difficili le questioni che avrebbe sollevato; ero determinata a condividere con lui ogni pensiero, ogni preoccupazione, con la stessa sincerità che avevo sempre apprezzato in lui.
Il mio cuore batteva forte mentre lo guardavo, consapevole che le risposte che avrei dato avrebbero potuto cambiare il corso della nostra relazione.