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TFB Un cielo senza stelle
#1

Elina Milayn Dax

Joined Trill

Sono ferma davanti alla vetrina di un negozio di strumenti, a fissare con interesse un piccolo pianoforte trill. Se devo dire la verità, non so suonare e non ho mai avuto intenzione di imparare, ma quell'oggetto mi fa tornare alla mente il mio pianeta, rendendomi nostalgica di casa mia... e, strano ma vero, di mia madre. Ma dopo aver conosciuto la vera natura dell'ammiraglio Sheppard, il capitano della Constellation, mia madre diventa una persona normalissima, quasi raccomandabile... e il suo desiderio di rendermi una trill unita 'perfetta' non mi risulta più così preoccupante. Magari stando con lei mi sento inadatta, poiché so che ancora non corrispondo alle sue aspettative, ma almeno non rischio di finire ammazzata in una missione suicida o di far scoppiare una guerra interplanetaria. Sezione 31. Penso, per l'ennesima volta negli ultimi mesi. Cosa devo fare, Lela? La sezione 31 è un problema... e grosso. E la Constellation è completamente nelle sue mani... beh... magari non completamente, ma ci siamo quasi. Il capitano Suder fa del suo meglio per tenere sotto controllo l'ammiraglio, ma Sheppard deve avere amici potenti. Se non fosse così, sarebbe già rinchiuso in una prigione di massima sicurezza.

Ma l'ammiraglio Sheppard, la Constellation, la missione sulla Luna, il comportamento del capitano Harris e la guerra che sta per iniziare, non sono gli unici pensieri che mi girano per la testa ultimamente. Un cielo senza stelle. Mi ritrovo a pensare, quasi senza rendermi conto, ritornando con la mente allo strano sogno che continuo a fare ultimamente. "Un pavimento di marmo senza fine… e un cielo senza stelle." Dico ad alta voce, quasi senza rendermene conto. Devo ammettere di essere preoccupata da questo sogno e non solo perché continua a ripetersi. C'è qualcosa di... nostalgico in quella visione, come se mi fossi veramente già trovata in un luogo simile. Ridicolo. Rifletto. Elina, torna sulla 'terra': non esiste nulla del genere, quindi non puoi averlo già visto! È solo un sogno... eppure... perché mi sembra così tanto realistico?
#2

Salkhar

Vulcan/Romulan

La capsula aveva preso il volo poche ore dopo l’annuncio di imbarco del nuovo personale addetto a prestare servizio sulle navi stellari e il vulcaniano aveva avuto appena il tempo di sistemare qualche effetto personale, in vista della partenza. Il suo primo pensiero lo aveva portato a Sorak, ma sapeva sarebbe stato altamente improbabile riuscire a contattarlo prima di aver raggiunto l’orbita per Earth Spacedock assieme al resto degli ufficiali. Poco male. Avrebbe rimediato non appena ve ne fosse stata l’occasione. Adesso aveva ben altro a cui pensare e poi Sorak non se ne sarebbe preoccupato di certo. Essere privi di emozioni, in fondo, poteva avere i suoi bei vantaggi.
Giunto alla Stazione Stellare, le assegnazioni dei nuovi membri erano state piuttosto celeri, ma c’era da aspettarselo. Almeno per quanto lo riguardava aveva già ricevuto istruzioni su quella che sarebbe stata, a breve, la sua nuova mansione. Era stato il suo mentore ad occuparsi di tutto, come lo stesso si era premurato di avvisarlo in anticipo della nave a cui sarebbe stato assegnato.
“La U.S.S. Eternity è una bambina straordinaria, di classe Excelsior, ma non ha ancora mosso il primo passo.”
Salkahr ridusse gli occhi a due fessure alle parole dell’Ammiraglio. Erano, ormai, tre anni che si occupava della sua istruzione, di tempo per stare a contatto ne avevano avuto più che a sufficienza, ma quell’uomo continuava a restare ancora un mistero per il giovane vulcaniano.
“Signore?” L’espressione accigliata suggeriva un accenno di smarrimento che l’Ammiraglio non poté proprio fingere di non vedere. Salkhar cercò di restare composto e impettito – le mani allacciate dietro la schiena – anche quando ricevette una sonora pacca sulla spalla.
“Ci sarà un equipaggio di settecentocinquanta persone a farLe compagnia, Signor Salkar.” Allungò il passo, l’Ammiraglio, quanto bastava per superare l’andatura del giovane e piazzarsi di fronte a lui. Il vulcaniano si arrestò con molto decoro. “Ventuno ponti, quattrocentosessantasette metri di lunghezza per centottantasei di larghezza e neppure un maledetto angolo per starsene in pace un momento!” Gesticolò platealmente, il suo superiore. Se aveva imparato a capire qualcosa degli Umani in quei tre anni, avrebbe scommesso che l’uomo trovasse la cosa alquanto divertente.
“Non è esatto, Signore.” Si permise di contraddirlo. Il volto neutro, come lo era da tutta una vita. “Ogni addetto ha diritto ad un proprio alloggio personale.” Sollevò il mento appena, ma era abbastanza a conferirgli un’aria di saccenza. “Pertanto, sarebbe logico dedurre che un posto per res…” Non gli riuscì di terminare la frase. Capì che fosse sufficiente quando l’Ammiraglio gli propinò un cenno della mano allegato ad un sorriso… allietato, forse?
“Si rilassi, Comandante. La attendono lunghe giornate di duro lavoro.”
“Le garantisco che non saranno un problema, Signore. I vulcaniani possono restare attivi e in perfetta efficienza per settimane, se necessario.”
L’espressione sconsolata dell’Ammiraglio era tutto un dire, ma Salkhar non sembrò neppure accorgersene.
“Beh, comunque cerchi di godersi gli ultimi momenti di libertà che Le restano a disposizione.” Concluse, prima di picchiettargli il palmo della destrorsa sulla guancia adiacente. “Buona fortuna.” Augurò, allontanandosi.
“Pace e lunga vita, Signore.” Bisbigliò quasi, osservandolo sparire tra le masse in fermento. Gli umani erano decisamente una razza complicata da capire. Per quanti sforzi facesse, ogni deduzione veniva poi smentita con l’ennesima mossa inaspettata. Come giocare a battaglia navale e con un avversario che chiami caselle alla rinfusa.
Strinse le labbra appena. Poi decise che non fosse il caso di restare troppo a pensarci. Si avviò, invece, lungo uno dei corridoi, quello costellato ai lati di vetrine da esposizione. Non badò molto a quanto gli scorreva davanti agli occhi, perso in riflessione neanche fosse un androide intento ad archiviare importanti dati. Non era mai uscito fuori dall’hangar. Fino ad allora, le uniche missioni che aveva avuto modo di apprezzare erano state quelle simulate, ma partire alla volta dello spazio aperto era tutta un’altra cosa.
Nervosismo? Ai vulcaniani sono sconosciuti certi tipi di emozioni. Eppure…
#3

Elina Milayn Dax

Joined Trill

Senza quasi rendermene conto, mi ritrovo ad analizzare tutti i particolari del sogno... non che ce ne fossero molti, in effetti. Più che altro, ho la sensazione che ci fosse qualcuno con me, in quel mondo assurdo. E quella sensazione - almeno durante il sogno - mi inquieta. Qui, invece, mentre sono ben sveglia e guardo senza vederla la vetrina di un negozio, sono più affascinata che preoccupata. Sarà preoccupante fare lo stesso sogno 'mille' volte, ma è anche affascinante riflettere sulla psicologia dei trill. Ad esempio... Penso. Il sogno è mio... di Elina, insomma, o è di Dax? Non che ci sia differenza tra di noi dall'unione, ma... cavolo, è tutto troppo complicato! Dovrei andare, come minimo, da uno psicologo per capirci qualcosa. Uno psicologo su Trill, ovviamente. Sarebbe inutile andare da uno terrestre: la Federazione non sa dei simbionti.

Sospiro, tornando - per così dire - coi piedi per terra. Perdersi a fantasticare sui sogni è qualcosa che può essere utile, in un momento come questo, a mantenere la propria sanità mentale, ma ci sono delle cose più importanti a cui devo pensare. Riflettere sulla Sezione 31 e sul modo di scoprire di più su quella organizzazione sarebbe meglio. Allora... cosa conosco? Uno, è un'organizzazione segreta. Due, opera al limite della legalità... come dimostrano l'A.I. della Constellation, il suo sistema di occultamento e il comportamento di Sheppard. Tre, Sheppard è un suo membro, forse il suo capo.

È deprimente rendersi conto che so quasi nulla. E che, per giunta, non ho la più pallida idea di dove raccogliere altre informazioni. Mm... e se pagassi qualche Ferengi per raccoglierle? Insomma, loro hanno sicuramente più appigli di me: sono commercianti... e, in certi casi, le loro compravendite non sono esattamente legali. Ma così rischierei di mettere nei guai il mio eventuale informatore: dubito che la sezione 31 se ne starebbe buona mentre qualcuno va a fare domande a destra e a manca su Sheppard e sui loro traffici.

Decido tutto ad un tratto che è inutile stare ferma qui, ora che il mio interesse per lo strumento trill si è volatilizzato. Così faccio qualche passo indietro e... finisco per scontrarmi con qualcuno. "Oh! Mi scusi!" Dico, un poco imbarazzata, rivolta al malcapitato. Non che sia successo nulla di grave, gli devo aver al massimo dato una spintarella, ma mi sembra comunque giusto scusarmi. Dopotutto, non è mica colpa sua se io ero troppo immersa nei miei pensieri per guardare dove andavo.
#4

Salkhar

Vulcan/Romulan

… Eppure niente. Non gli restava che aspettare. Aspettare di prendere servizio, per dedicarsi al nuovo lavoro con la massima dedizione e contribuire, anche se in minima parte, al progresso della Federazione. E poi c’era la salvaguardia di New Vulcano a cui pensare, nonché della sua esigua colonia di superstiti. In fin dei conti era stato principalmente per questo motivo che aveva deciso di arruolarsi nella Flotta Stellare e non credeva ci fosse nulla di illogico in questo. I vulcaniani erano rimasti in pochi, ormai. Non era un’esagerazione definirli una specie a rischio e necessitavano di protezione da ogni possibile incombenza esterna. Episodi come l’incidente della Narada avevano già causato abbastanza danni e andavano evitati con tutti i mezzi a disposizione, soprattutto se diplomatici. Anche se, l’Impero Romulano, come la storia stessa aveva più volte ribadito, si era sempre distinto per l’aberrazione dell’impiego di metodologie d’approccio pacifiche. Ma, in qualità di vulcaniano, la cessazione di ogni conflitto gli era sempre sembrata la soluzione più logica a cui fare ricorso. Forse non avrebbe optato (non subito) per un ricongiungimento delle due razze, antiche cugine, ma si sarebbe imposto comunque di accettare anche quella soluzione se solo fosse stata auspicabile almeno in minima percentuale. Ma prevedere di dover ricorrere a breve all’auto-lobotomizzazione cerebrale (perché supponeva fosse l’unico modo veramente efficace per farsi piacere Romulus) non era neppure nelle sue previsioni più rosee.
“…”
Chissà perché proprio adesso gli veniva da pensarci. Ora che gli restava un po’ di tempo da trascorrere in compagnia solo di se stesso, si rendeva conto della mente ancora attiva, forse più del solito, quando sarebbe, invece, stato il caso di accantonare i pensieri almeno in quel momento. In fondo, una volta preso servizio a bordo dell’U.S.S. Eternity avrebbe avuto tutto il tempo necessario da dedicare alle questioni riguardanti la Federazione e i suoi difficili rapporti con le genti al di là della Zona Neutrale, era inutile starci a rimuginare adesso. Anzi, non mancava neppure molto all’ora dell’imbarco e, probabilmente, gran parte dell’equipaggio era già a bordo o, comunque, aveva già pensato di raggrupparsi nel punto di prelievo. A breve avrebbe raggiunto il resto della flottiglia, conosciuto il Capitano e dato inizio ad una nuova esperienza… altamente soddisfacente, volendo esporla alla sua maniera tipica. Gli era giunta la soffiata che al comando vi fosse un certo Edward Harris, se la sua memoria vulcaniana non lo ingannava. Ma era sicuro di potersi sbagliare difficilmente. Non si sarebbe mai concesso una simile disattenzione, non uno come lui, il giovane genio vulcan, che era riuscito a guadagnarsi la stima e l’apprezzamento dei suoi superiori, e dell’Ammiraglio in particolare, in tempi così ridotti.
Pensava proprio al consiglio del suo mentore quando s’era scoperto ad osservare distrattamente una vetrina con strumenti musicali di vario genere, in esposizione, e realizzò gli si fosse presentata l’opportunità di cambiare le corde alla sua Lira vulcaniana, ormai tanto consumate da rischiare di spezzarsi da un’esecuzione all’altra. Le mani si slacciarono dalla loro posizione abituale, conserte dietro la schiena, per scivolare ad ambo le estremità inferiori della giacca dell’alta uniforme, che tirò appena verso il basso, distendendone la stoffa scura, perfettamente aderente alla superficie del busto, quasi come una seconda pelle. Ma quando fece per muovere il primo passo, dovette, suo malgrado, costringersi ad arrestarsi nuovamente. Lo sguardo catturò l’immagine di una giovane Trill, molto probabilmente più vecchia di lui solo di qualche anno e dall’aria piuttosto… imbarazzata, forse? Corrucciò appena la fronte nell’interrogativo. Che il vulcaniano ne sapesse, l’imbarazzo era provocato nelle razze emotive da situazioni fortemente ambigue, ma di ambiguo in una spintarella non ci vedeva assolutamente nulla.
Illogico, riflettè tra sé e sé, poi sollevò una mano in un gesto rassicurante. “La prego di non rammaricarsene, Signora.” Esordì con l’usuale compostezza. Il tono della voce appariva piuttosto piatto e secco. Calmo. “Ho anch’io la mia parte di responsabilità nell’accaduto. Avrei dovuto prestare più attenzione ai passanti.” Tornò a far convergere le mani dietro la schiena, ma non prima che la mancina salisse a scostargli dalla fronte un ciuffo ribelle di capelli. La luce artificiale che rifletté sulla superficie dello zaffiro incastonato nell’anello, che condivideva, identico, con Sorak, fece scintillare la falange dell’anulare per un brevissimo istante. “E poi posso benissimo comprenderLa.” Si ammutolì giusto il tempo di tornare con lo sguardo sulla vetrina, in una movenza che pareva invitare la Trill a fare lo stesso. “Evidentemente, il fascino di questi strumenti doveva aver attratto anche Lei.” Concluse, tornando poi a fissarne lo sguardo.
#5

Elina Milayn Dax

Joined Trill

Il ragazzo con cui mi sono 'scontrata' è evidentemente un vulcaniano. Lo osservo per qualche istante, mentre lui afferma di essere - almeno in parte - responsabile dell'accaduto. Cosa di cui dubito fortemente, ma non mi sembra il caso di mettermi a discutere con un vulcaniano su di chi sia la colpa di una semplice spintarella. Anche perché un vulcaniano con la logica dalla sua parte, può essere abbastanza cocciuto. Penso. O almeno credo. Aggiungo, senza sentire il minimo bisogno di provare la mia teoria. Anche perché sarebbe ridicolo impuntarsi su una scemenza come questa.

Il vulcaniano prosegue accennando al fascino degli strumenti. In effetti, non è esattamente vero che gli sono andata addosso perché incantata dalla visione degli strumenti in vetrina, ma non posso certo dirgli che stavo pensando alla Sezione 31. Sarebbe come tirarmi da sola la zappa sui piedi. Qui intorno potrebbe esserci un agente della Sezione 31... oppure lo stesso vulcaniano potrebbe esserlo. Mm... speriamo di no, dai! I vulcaniani non potrebbero mai fare una cosa così illogica come seguire Sheppard. O almeno spero. Penso, lievemente divertita dall'idea di abbinare l'illogico ammiraglio con un vulcaniano. Lo farebbe come minimo sbattere fuori dal boccaporto, esattamente come tenta di fare con T'Dal.

"Sì, sono stata attirata dagli strumenti in vetrina." Rispondo dunque, senza nemmeno mentire, visto che - almeno per un millesimo di secondo - la visione del piano mi ha proprio affascinato. "Purtroppo non ho ancora avuto l'occasione di provare a suonare seriamente, ma mi affascinano comunque." Aggiungo, chiedendomi vagamente se questo sia il momento giusto per iniziare. Potrei entrare nel negozio e comprare quel piano... ma poi cosa farei? Imparerei a suonare da autodidatta? "E lei?" Aggiungo, senza riuscire a trattenermi. "Suona qualche strumento?"

Non son sicura che sia la domanda adatta da fare ad uno sconosciuto, per di più un vulcaniano, ma non mi sembra poi così indiscreta. Non sto certo violando la sua privacy... e non è certo obbligato a rispondermi.
#6

Tan-Kantlya Heparel

Human/Betazoid

“Lo spazio, con le sue stelle che scintillano come diamanti, è uno spettacolo che lascia senza fiato. Ti disorienta, ti affascina, quasi ne hai paura, ma non puoi fare a meno di guardarlo e di perderti in lui.” Una leggera pressione della penna andando a disegnare un puntino nero sul tovagliolo di carta segna la fine della frase. La mano che la impugna, la posa sul tavolino accanto ad una tazza colma per metà di tè ancora fumante. Le dita della stessa percorrono i bordi della tazza con fare distratto per poi prenderla per il manico e portarla alle labbra. Queste, increspandosi, soffiano leggermente sul liquido per raffreddarlo quanto basta per non scottarsi la lingua e poi lo sorseggiano gustandone a pieno il sapore. Gli occhi completamente neri, che fino a un momento prima erano occupati a contemplare il panorama, ora si lasciano per un attimo catturare da un guizzo di luce riflessa nel tè esaltandone il colore viola. Dopo qualche secondo la vista si rivolge nuovamente alla vetrata di fronte al divano dove Tan-Kantlya è seduta << Mmh, che buono.>> sussurra. Non fa quasi caso ai rumori e al chiacchierio degli altri passeggeri che affollano il salotto della Earth Spacedock. Preferisce godere questo momento come l’esordio del suo primo viaggio nello spazio. Il petto si gonfia e il viso assume un’espressione soddisfatta nel vedere la magnificenza di quello che c’è oltre quella spessa lastra di vetro. <<Così alla fine ci siamo riusciti. Chissà cosa ci aspetterà...>> pensa, ma subito un altro pensiero, come una voce fuori campo, si impone nella sua mente <<L’importante è essere giunti quì. Quel che sarà sarà. Altrimenti dov’è l’avventura?>> La testa fa un lieve cenno di approvazione.
La mano destra fa tamburellare le dita sulla superficie liscia della tazza mentre la sinistra la sorregge per il manico all’altezza della bocca. Certo che stare seduti a sorseggiare tè per tutto il tempo dell’attesa, per quanto piacevole sia, non è il massimo. Aveva contemplato abbastanza ed ora sentiva il bisogno di sgranchirsi le gambe. Chissà se c’era tempo per contattare mamma e papà prima della partenza. Si che c’era. Avrebbe fatto un giretto per i negozi e poi li avrebbe chiamati. Posa la tazza e si alza sistemandosi l’uniforme. Raccoglie la penna lasciando però il foglietto con il suo pensiero scritto in bella vista. Magari il prossimo che si sarebbe seduto lì lo avrebbe letto e, invogliato, avrebbe visto verso quella vetrata e si sarebbe fermato a guardare. Oggi non sono poche le persone che danno per scontato cose così belle e passano oltre senza fermarsi a guardare. Inclina la testa verso sinistra mentre gli occhi puntano a destra, come a voler seguire con lo sguardo il pensiero appena fatto e imprimerlo nella mente prima che svolti l’angolo e lo perda di vista <<Questa era buona. Me la segnerò>> Aggira il divano e voltando le spalle al panorama stellato, si dirige verso l’uscita del salotto.
La porta scorre verso destra aprendosi su un corridoio illuminato, percorso da persone di ogni razza. Chi va a destra, chi a sinistra. Chi è appena sbarcato dall’ennesimo viaggio e chi invece è ansioso per la sua prima partenza. L’attenzione di Tan-Kantlya si rivolge a un ragazzo che cammina nervosamente avanti e indietro nello stesso perimetro di spazio. Non occorrono certo i suoi poteri empatici per capire che non se la sta passando bene. D’altro canto nemmeno lei si sente completamente a suo agio. Sarà il brulicare frenetico che la circonda, ma ad ogni passo che fa, avverte un senso di ansia mista ad eccitazione crescere, provocandole improvvise accelerazioni del cuore, che dopo qualche secondo riprende il suo ritmo normale. <<Questa sensazione non è di un altro. E’ la mia.>> pensa felice. La pratica meditativa finalmente cominciava a dare i suoi frutti. Era ormai raro che i pensieri o gli stati d’animo di chi le stava intorno invadessero la sua mente rendendola confusa e incapace di comprendere se si trattasse di lei oppure no. Realizzando di essere cosciente di provare sensazioni proprie, un sorriso le si dipinge in volto mentre continua a percorrere il corridoio per andare … e chi lo sa? Poco importa. Il bello di non avere una meta precisa è che non si sa cosa aspettarsi. Magari la strada bianca e illuminata le serbava una sorpresa proprio dietro l’angolo.
#7

Salkhar

Vulcan/Romulan

Il contatto visivo con la sconosciuta durò soltanto qualche breve istante, appena il tempo di lasciare che l’interesse per la sua fisionomia aliena prendesse il sopravvento. Iridi carbone scivolarono sulle estremità del viso e poi sul collo, cosparsi di singolari macchie scure che, se ben ricordava, dovevano ricoprire anche gran parte del resto del corpo. Ma non osò avventurarsi oltre, non era necessario, e forse si era già dimostrato abbastanza indelicato e anche un po’ invadente a curiosare a quel modo, un attimo prima. Un’indiscrezione, quella di cui si fece autore il giovane vulcan, del tutto spontanea ed involontaria, priva di ogni interesse che non fosse dettato da un fervente desiderio di esperienza, così difficile da tenere a bada. Tenere a bada, poi. Sarebbe equivalso a proibire al suo strumento di conoscenza più efficace di raccogliere immagini, catalogare particolarità, mentre lui finiva con l’arricchirsi ulteriormente. Era giusto e, soprattutto, naturale e se poi la giovane Trill avesse avuto di ridire, sapeva esattamente in che modo giustificarsi.
Nella sua vita non aveva avuto molte occasioni di avere a che fare con dei Trill, o almeno non direttamente. Sapeva com’erano fatti dai libri di xenoantropologia e conosceva piuttosto dettagliatamente la storia della situazione politica intercorsa tra il pianeta, la Federazione e l’Impero Klingon, sebbene non fosse particolarmente ferrato sugli usi e i costumi, ne aveva pure potuto osservare qualcuno di sfuggita nell’ambiente accademico, ma non aveva mai avuto l’occasione di interagire personalmente con un membro della loro specie. A quanto pare, il suo momento relax aveva finito col prendere una piega piacevolmente inaspettata.
“Affascinante.” Esordì dal nulla, appena dopo che la sconosciuta ebbe finito di parlare, senza nessuna enfasi in particolare. Suonò, invece, come una semplice constatazione e scaturita da pensieri che la Trill non avrebbe avuto modo di conoscere, per giunta. Ma, in ogni caso, s’era comunque premurato di prestarle ascolto ed annuì, in risposta, con un cenno del capo piuttosto composto.
“Certamente.” Affermò con una tranquillità stoica e, a chi non fosse abituato ad avere a che fare con i vulcaniani e la loro schiettezza, poteva pure sembrare un tantino presuntuoso, il suo modo di fare. “Principalmente, mi interesso di cordofoni e sulla Terra ho avuto l’occasione di sperimentarne diversi esempi.” Oltre a quelli tipici di Vulcano, ma pensò che quella fosse una confidenza superflua. “Ho una certa familiarità anche col pianoforte.” Aggiunse, ma, di certo, la Trill avrebbe trovato più interessante sapere che aveva avuto modo di imparare a suonare la chitarra elettrica e che possedeva una cultura rock ‘n roll da fare invidia ai più accaniti amanti del genere. Di sicuro l’avrebbe trovato un fatto insolito che un vulcaniano apprezzasse un tipo di espressività artistica così altamente emozionale, se qualcosa ne sapeva dei loro principi permeati esclusivamente da puri criteri logici. Insensata ed enigmatica e forse era proprio il fatto di non riuscire a comprenderla a rendergliela così interessante. Ciò nonostante per Salkhar la musica non era che musica e niente più di questo, e se anche gli umani erano spinti a renderla illogica coi loro stati d’animo, era irrilevante, perché, in fondo, faceva parte della loro cultura. Poteva non approvare, continuare a mantenerne le distanze, però capiva fosse necessario, per loro. E la verità era che, col tempo, si era reso conto che quei ritmi, così alieni rispetto a quelli cui era abituato, non gli dispiacevano affatto. Beh, un bel po’ aveva contribuito a rafforzare questo suo interesse per il rock anche la conoscenza con l’ex cadetto Heparel, vecchia compagna d’Accademia, a volerla dire tutta…
“Dovrebbe trovare del tempo per provare ad imparare, se Le interessa.” Si azzardò a consigliarle e le parole assunsero un pizzico di saccenza quando sollevò appena ambo le sopracciglia. “Potrebbe trovarla un’esperienza soddisfacente.” Concluse, infine. Poi mosse un mezzo passo in avanti. Non s’era spostato di molto. Solo il tanto che bastava per rendere le distanze meno evidenti. E, da come continuava ad osservarla, era lampante che la sconosciuta lo incuriosisse particolarmente.
“Se non vado errato, Signora, Lei è del pianeta Trill.” Si decise a dirle e la sua fu, ovviamente, una constatazione retorica, dal momento che non suonò affatto come una domanda. “Posso permettermi di chiederLe quali sono i Suoi campi d’interesse?” Se la sconosciuta s’era preoccupata di sembrare invadente, il giovane vulcan non s’era neppure posto il problema, ma si trattava di un semplice espediente logico e del tutto legittimo: se ti si presenta l’occasione e vuoi provare a conoscere qualcosa, non puoi far altro che indagare a riguardo, no?
#8

Elina Milayn Dax

Joined Trill

Il vulcaniano risulta essere un appassionato di musica, almeno da quanto le sue parole mi permettono di capire. Interessante... ma non stupefacente. Rifletto. Non può essere considerata una coincidenza, dopotutto siamo davanti ad un negozio di strumenti. Continuo tra me e me, leggermente divertita dallo stupore che - per qualche secondo - mi ha preso. Per un attimo, infatti, ho pensato che era proprio strano pensare che sarebbe bello provare a suonare e incontrare un musicista.

"Sì, ha ragione: dovrei provare." Dico, quando lui mi dice che, se sono interessata, dovrei provare a suonare. In effetti, se si trattasse solo di me, sarei più predisposta a lasciar perdere, visto tutti gli impegni e le preoccupazioni che ho ultimamente, ma qui si tratta di Dax. Il mio simbionte non ha mai avuto un'esperienza simile, quindi mi sembra giusto fargliela provare. Chissà... magari il suo prossimo ospite sarà un musicista. Penso. Oppure no: potrebbero anche volerci secoli prima che Dax possa imparare a suonare. Quindi, devo approfittare di questa occasione... anche perché concentrarmi sulla musica potrebbe aiutarmi a 'sopravvivere' sulla Constellation. Beh... potrei anche riempirmi l'alloggio di piante, ma non so quanto farebbe piacere a Sheppard. A questo pensiero, mi passa un'immagine per la mente: un bar della Stazione Midway, un ficus microcarpa ginseng, Saavik e... l'ammiraglio. In quel momento non mi è sembrato così pazzo: è proprio vero che non bisogna fidarsi della prima impressione. Ma, visto che mi aveva detto che - se volevo - potevo fregarmi la pianta, avrei dovuto capire che aveva qualche rotella fuori posto.

"Sì, provengo da Threll V." Rispondo, anche se la sua non è di certo una domanda. È più una semplice constatazione. "Mi chiamo Elina Dax. È un piacere fare la sua conoscenza." Continuo, utilizzando un'espressione tipica della Terra. Non gli offro la mano, non per maleducazione ma per una semplice accortezza: a quanto ne so io, i vulcaniani non amano molto entrare in contatto fisico con gli altri. Amare... ok, forse non è il verbo più adatto, ma questo non cambia il fatto che le specie telepatiche hanno sempre difficoltà ad entrare in contatto fisico con altri esseri viventi. Mi dico.

"Il mio campo di interesse principale è la botanica." Rispondo quindi alla sua domanda. "Ma ho anche una passione per il volo." Continuo, riferendomi - ovviamente - alla mia esperienza di pilotaggio. Anche se, più che un mio campo di interesse, il volo è più il campo d'interesse di Lenara. Penso. Dai precedenti ospiti di Dax ho preso molto, ma è Lenara quella che mi ha influenzato di più. Lela era una legislatrice, un mestiere che io non farei nemmeno pregata, mentre Tobin non è riuscito a trasmettermi il suo amore spassionato per la matematica. Cosa di cui sono grata, visto che ho il compito di far fare a Dax nuove esperienze. Dax è già stato un legislatore, un matematico e un pilota... ora è un botanico e un ufficiale della Flotta Stellare. Anche se il suo ultimo ospite mi ha influenzato un po' troppo, gli sto dando lo stesso una vita completamente diversa dalle precedenti.
#9

Tan-Kantlya Heparel

Human/Betazoid

Tan-Kantlya sa che Il corridoio illuminato prosegue, svoltato l’angolo, per altri duecento metri prima di trovarsi fiancheggiata su entrambi i lati da negozi. Camminando nota l’ambiente intorno: il pavimento, il soffitto e le pareti bianche che nel complesso danno alla struttura un’atmosfera fredda e asettica, suscitano in lei nostalgia del verde del suo pianeta. Ricorda di come amasse perdersi nei suoi pensieri mentre incantata osservava la foglia di Kataria strappata che brillava come una pietra preziosa tra le dita quando i raggi del sole la colpivano. E quando s’alzava una leggera brezza, udendo il tintinnio dei fiori del muktok, amava immaginare si trattasse delle creaturine alate che popolavano i libri di favole che la chiamavano per parlare con lei. Per il breve tempo in cui la sua mente vaga nei ricordi, Gli occhi guardano pur non vedendo di fronte a lei, mentre i piedi camminano senza comando girando l’angolo e proseguendo diritto. Improvvisamente il suo sguardo mette a fuoco un immagine, come se avesse rilevato qualcosa di interessante, riportando la ragazza nel mondo reale.
Giusto una frazione di secondo per delineare i contorni di due sagome, l’immagine si fa nitida e rivela due persone che sembrano discutere pacatamente d’avanti un negozio di musica. La prima è una ragazza di giovane età dai capelli rossicci e la carnagione chiara ricoperta in parte da macchioline marroncino chiaro <<una Trill!>> pensa con tono entusiasta. All’accademia ne aveva conosciute di vista solo un paio, ma i rapporti si erano sempre limitati a salve e ad arrivederla. Per quanto non le dispiacesse entrare in rapporti più amichevoli con un collega di accademia, le era sempre risultato difficile. Alla prima battuta ritenuta fuori luogo, a un abbraccio o un tentativo di entrare in confidenza da parte di qualcuno, lei si irrigidiva come un tronco d’albero e alzava una barriera invisibile. A volte non si rendeva conto di quanto potesse apparire presuntuosa agli occhi dei colleghi, ma vai a spiegare a ognuno di loro che agiva così solo per difendersi. Ad una spiegazione ne sarebbe seguita un’altra e così via, fino a toccare argomenti troppo personali per essere confidati al curioso di turno. Per questo motivo rifiutava gentilmente tutti gli inviti a feste, raduni del sabato sera o semplici passeggiate, ma si concedeva ogni tanto discussioni stimolanti improvvisate nel tempo libero tra un corso e l’altro. <<su! Che aspetti?! Vai a socializzare>>. Una voce nella sua mente interrompe i suoi pensieri <<ma come faccio? Irrompere così nella conversazione? Potrei sembrare maleducata>> ribatte tra se e se. <<domanda dove si trova il portello d’imbarco. Accampa la scusa che, in un posto così grande hai perso l’orientamento>>. La voce maschile risponde fulminea non badando minimamente al senso di disagio che cresceva in Tan-Kantlya. La voce prosegue in tono seccato<<sei o non sei un’etnologa? E’ per il bene della conoscenza. Quando mai s’è vista una studiosa di culture che ha paura di socializzare? Non farmi perdere tempo e vai!>>.
Improvvisamente lo sguardo si sposta dalla giovane al ragazzo con cui sta parlando. La fronte si aggrotta per la sorpresa mentre la bocca si deforma in una smorfia d’incredulità. Si lascia sfuggire un “No” gutturale e la gioia cresce in petto dandole un senso di piacevole tepore. <<e’ Salkar! E che ci fa qui?>>
Salkar, uno dei vulcaniani sopravissuti all’esplosione del suo pianeta e l’unico con il quale si sentisse a suo agio. Lo aveva conosciuto in accademia e durante gli anni di studio aveva appreso molto della cultura del suo pianeta. Grazie alla sua capacità di contenere le proprie emozioni, Tan-Kantlya non correva pericoli di sentirsi "violare" la mente dai suoi stati d’animo. E’ inoltre stato lui ad iniziarla alla meditazione e di questo gli era molto grata. La loro non è mai stata quella che si può definire grande amicizia, ma un legame basato sulla stima e il rispetto reciproco si; almeno così è sempre stato per lei. Erano mesi che non aveva più avuto occasione di mettersi in contatto con lui e solo per caso aveva saputo della sua partenza per lo spazio. Mai avrebbe immaginato di incontrarlo qui. Incontrare un volto amico in un momento particolare come questo è una cosa sempre gradita. Si sente inondare del coraggio che prima le mancava e con passo deciso si avvicina. A circa un metro di distanza riesce a sentire il vulcaniano consigliare la giovane trill di provare a suonare. Decide di entrare nella conversazione alle parole della ragazza <<il mio campo di interesse principale è la botanica, ma ho anche una passione per il volo>>. <<adesso!>> pensa e fermatasi alle spalle della ragazza con tono affabile e disinvolto aggiunge << Allora signorina è doppiamente fortunata. Ha di fronte a lei un conoscitore di biologia a 360° e un ottimo musicista. Se ha davvero intenzione di approcciarsi alla musica, le suggerisco caldamente di rivolgersi a lui per qualche lezione>>. Lo sguardo prima rivolto alla ragazza, si sposta sul vulcaniano. Un sorriso caloroso le illumina il volto. <<salve signor Salkar. Non aspettavo di incontrarla qui>>.
#10

Salkhar

Vulcan/Romulan

La Trill non sembrava affatto aver risentito dell’ingerenza da parte del vulcaniano e, anzi, s’era mostrata piuttosto disponibile nel dargli adito. Salkhar non poté che annuire in tacita compiacenza ad entrambe le affermazioni, ulteriori retoriche conferme, poi chinò appena il capo in avanti quand’ella decise che fosse il caso di rompere il ghiaccio.
“Salkar.” Si presentò a sua volta, propinandole una versione quanto meno vulcaniana possibile del suo nome ed evitò deliberatamente di aggiungere il resto, dal momento che a lei sarebbe sembrato impossibile da pronunciare. Sempre che non avesse una certa dimestichezza con la lingua di Vulcano. Facendo un rapido calcolo, una simile eventualità era piuttosto improbabile o, almeno fino ad allora, sulla Terra non aveva avuto il piacere di incontrare troppi xenolinguisti che non fossero molto più interessati ai dialetti di Klingon o di Romulus. Però, ad avere a che fare coi terrestri, anche la giovane aliena doveva aver imparato che, in certe occasioni, sono utili delle espressioni di circostanza. “Il piacere è mio.” in questo caso, gli sembrò la risposta più appropriata.
Beh, comunque era possibile che la signorina Dax avesse avuto a che fare coi vulcaniani, prima di adesso. Il fatto che non gli avesse porto la mano poteva essere un’accortezza volontaria oppure un’usanza della sua gente, ma, qualunque cose fosse, era un punto a suo favore. Che i vulcaniani non amassero avere contatti fisici con altre persone era cosa risaputa, soprattutto se ad essere coinvolte erano le mani, e probabilmente il giovane Comandante era uno di quelli più propensi all’astensione.
Anche la sua eccessiva riservatezza doveva essere stata una conseguenza della ferrea educazione vulcan a cui suo padre aveva sottoposto lui e Sorak fin dalla tenera infanzia. Per T’maekh ridurre i contatti al minimo, rinchiudersi in sé stessi, voleva dire evitare di farsi coinvolgere in maniera irreparabile. Poteva essere naturale per un purosangue, il distacco da tutto ciò che non fosse essenza di Logica, ma quanto era stato difficile per un sanguemisto sopprimere il fermento dell’altra metà indesiderata, quella passionale e guerrafondaia… Quella che aveva più che una vaga idea di cosa significasse la sofferenza. Ma ai suoi piccoli avrebbe risparmiato tutto questo. Rabbia, delusione, angoscia e perfino l’amore. Prima avrebbero imparato a purgarsi dai sentimenti e meglio sarebbe stato per entrambi. Per il loro bene, i gemelli non avevano bisogno di essere condannati in eterno a passioni e desideri, non dovevano esserlo. Certo, le ombre del passato non avrebbero reso le cose semplici per loro in una società diffidente, dove per l’errore non c’era mai stato posto, ma i suoi erano due bambini modello. Se per loro era stato difficile non avevano mai dato a vederlo. Avevano sopportato in silenzio, senza fiatare. Forse averla affrontata in due era stata una fortuna, in un certo senso. Solo che se Sorak era sempre stato quello più deciso ed imperturbabile, Salkhar aveva avuto bisogno anche di ricorrere ad un paio di guanti di stoffa bianca, in più di un'occasione, per schermarsi dal resto del mondo.
Alla fine, solo Sorak era rimasto. Lui, invece, aveva deciso di partire.
“Botanica.” Fece eco alla giovane Trill che, ancora una volta, pareva aver toccato un argomento di grande interesse per il vulcaniano. O almeno questo doveva sembrare all’apparenza quando sollevò il mento quel tanto che bastava perché assumesse un’aria di assoluta e genuina compiacenza. La passione per il volo, invece, sembrava non averlo colpito particolarmente.
“Una branca estremamente affascinante della biologia.” Da come ne parlava, suonava quasi come una sorta di complimento decisamente implicito. Perché era vero che il sanguemisto nella vita era un astrofisico, ma era pure da tenere in conto che i suoi genitori gli avessero programmato un futuro brillante all’Accademia delle Scienze di Vulcano. Essere attratto da tutto lo scibile umano era, per il giovane vulcan, del tutto naturale come potevano esserlo una dormita o una seduta di meditazione pomeridiana. C’era da aggiungere a questo che non era neppure mai stato sul pianeta Trill e ne ignorava la maggior parte degli aspetti naturalistici. Dal canto suo, gli era andata proprio di lusso ad imbattersi nella signorina Dax a poche ore dall’imbarco. Un regalo d’addio dalla Terra come portafortuna per l’imminente partenza.
“Se avesse qualche minuto da concedermi, gradirei poter conoscere che genere di flor…” Cominciò, ma l’intromissione di una voce femminile lo interruppe nel mezzo. Il tono gli era familiare e quando poté associare quel suono ad un’immagine che conosceva perfettamente, non vi fu più alcun dubbio.
“Signorina Heparel.” La maschera di imperturbabilità che restava dipinta sul volto non tradiva alcun segno di stupore, come se si aspettasse di vederla sbucare fuori da un momento all’altro.
“Devo ammettere che la Sua improvvisa apparizione mi ha preso alla sprovvista.” Le parole parevano nettamente in contrasto col suo stato d’animo, ma in realtà era piacevolmente sorpreso di vederla. Da quando la conosceva, aveva sempre nutrito profonda stima per l’ex cadetto, sia come professionista che come persona ed ora gli si presentava l’occasione di salutarla con la decenza che meritava, prima di lasciare la Stazione alla volta della galassia. Gli era giunta voce che anche la betazoide fosse stata assegnata ad una Nave Stellare e la sua presenza a Deep Space One ne era la conferma.
“Ho saputo che prenderà presto servizio su un’astronave della Federazione.” Appariva evidente che il vulcan non fosse un grande amante dei preamboli. “Ne deduco che non sia qui per una visita di piacere.” Constatò, poi il suo sguardo scivolò nuovamente sulla figura della Trill.
"Posso permettermi di presentarLe la dottoressa Tan-Kantlya Heparel, signora Dax?" Sollevò ambo le sopracciglia e la punta del naso in una movenza che invitava la giovane esperta di botanica a voltarsi in favore della nuova arrivata. "La dottoressa è una specialista nel campo dell'etnologia, nonché una mia vecchia conoscenza." Parlò per la betazoide che sola poteva sapere quanto quel vulcaniano all'apparenza tanto schizzinoso riuscisse ad essere, alle volte, terribilmente logorroico.
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