TSE Pausa pranzo in mensa
#1

Dio forse esiste, Clary, o forse no, ma non credo che abbia importanza. In ogni caso ce la dobbiamo cavare da soli.

Polina Troi-Riker Mezza betazoide

Seduta nella sala mensa della Voyager, guardai il vassoio che avevo davanti a me; e per la prima volta da quando potevo ricordare, non sentivo alcun appetito. Il sollievo che avvolgeva ogni angolo della nave dopo la sconfitta del virus che ci aveva tenuti in scacco, non riusciva a colmare il vuoto che improvvisamente si era fatto strada nel mio cuore. Sì, ero felice, incredibilmente felice che tutto fosse finito e che eravamo tornati alla nostra missione di esplorazione e la ricerca di tornare a casa, ma in quel momento di quiete, una malinconia inaspettata mi avvolgeva. Registrai un messaggio per mio padre dopo aver fatto colazione quella mattina, raccontandogli tutto quello che era successo, rassicurandolo sul fatto che stavo bene. Parlare nel vuoto della mia stanza, non sapendo quando il mio messaggio sarebbe partito per raggiungerlo, mi aveva resa stranamente vicina a lui e, allo stesso tempo, dolorosamente consapevole della distanza che ci separava. Gli dissi quanto mi mancava, quanto avrei voluto poterlo riabbracciare, non solo attraverso i programmi del ponte ologrammi che, per quanto sofisticati, non mi bastavano più. La mia eredità betazoide mi aveva sempre donato una percezione acuta degli stati emotivi altrui, ma in momenti come questi, questa sensibilità sembra rivolgersi verso l'interno, rendendomi eccessivamente consapevole della mia solitudine. La felicità per la vittoria ottenuta si mescolava a questo desiderio di casa, creando un cocktail di emozioni che mi lasciava senza parole. Nonostante tutto, sapevo che dovevo essere forte, questo isolamento sarebbe finito prima o poi. Eppure, in momenti di quiete come questo, mi trovavo a desiderare nulla più che la semplicità di un momento in famiglia. Sospirai, guardando il mio pranzo intatto e tentando di mangiare almeno qualcosa.

@Neris
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#2

Dietro tutte le cose che crediamo di conoscere bene, se ne nascondono altrettante che non conosciamo per niente.

Lorelei Sherazi Betazoide

Erano stato un periodo difficile. Lorelei era rimasta chiusa nel suo alloggio per giorni, al sicuro dal virus ma privata da qualsiasi contatto umano se non quello fornito dalle comunicazioni interne. Normalmente avrebbe accolto con piacere un po' di solitudine ma ore e ore da sola combinate con la paura per il virus non erano state salutari. Era arrivata anche a chiedersi cosa avesse provato 'zio Lon, se avesse sperimentato il suo stesso terrore, quando la Voyager si era persa per la prima volta nel Quadrante Delta. Il fatto che il suo prozio fosse tornato a casa in una bara non aveva influito positivamente sul suo umore, ma la lettura di alcuni saggi di antropologia era riuscita con successo a tirarla fuori dalla depressione.

Ora che era finalmente libera di muoversi per la nave, Lorelei sentiva un inusuale bisogno di contatto umano. Raggiunta la sala mensa, per prima cosa si guardò attorno. Il suo sguardo si soffermò per qualche istante sull'infermiera Troi-Riker, prendendo silenziosamente una decisione, poi recuperò un vassoio e si diresse verso il replicatore. Pierogi ruskie, porzione piccola. Ordinò. Quei ravioli di patate e formaggio fresco, serviti con panna acida ed erba cipollina, erano un piatto per lei inusuale. Eppure, in quel momento sentiva il bisogno di mangiarne almeno un assaggio. I pierogi avevano origine terrestre e, secondo la tradizione, erano stati il piatto preferito di Zefram Cochrane. Come molti altri sulla Voyager, Lorelei aveva passato il Giorno del Primo Contatto chiusa nel suo alloggio, senza nemmeno rendersi conto che avrebbe dovuto essere giorno di festa, quindi perché non festeggiare in ritardo? Oscoid e insalata a foglia blu, porzione media. Proseguì, scegliendo dei crostacei e dell'insalata tipica del suo pianeta. Una bottiglietta d'acqua e un bicchiere di Allira punch. Concluse. Per quanto fosse fortemente tentata di prendere qualcosa di alcolico, purtroppo non aveva il pomeriggio libero. Così, si sarebbe accontentata di quella bevanda analcolica fruttata.

Il vassoio tra le mani, Lorelei si diresse a passo sicuro verso la compatriota. Posso? Domandò, indicando con un cenno del capo il posto appena di fronte a lei.
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#3

Dio forse esiste, Clary, o forse no, ma non credo che abbia importanza. In ogni caso ce la dobbiamo cavare da soli.

Polina Troi-Riker Mezza betazoide

«Certo, accomodati» risposi con un sorriso, facendo segno a Lorelei di prendere posto di fronte a me. La sua presenza era una piacevole sorpresa; dopo giorni di isolamento e preoccupazioni, il bisogno di contatto umano era diventato tangibile, un sentimento che sapevo essere condiviso tra molti membri dell'equipaggio. Vedevo in Lorelei non solo una compatriota ma anche un'anima che, come me, aveva navigato attraverso l'ansia e l'isolamento causati dalla quarantena.

Mentre si accomodava, non potevo fare a meno di notare la sua scelta di cibo. I pierogi ruskie erano un richiamo alla Terra, a quei legami culturali che in profondità univano molti di noi a bordo della Voyager. La decisione di celebrare in ritardo il Giorno del Primo Contatto con un piatto così terreno mi colpì per la sua dolcezza e il suo ottimismo, qualità che in quei momenti di ripresa erano più preziose che mai.

«Un bel modo di festeggiare il Giorno del Primo Contatto, anche se in ritardo» commentai, indicando i pierogi sul suo vassoio con un cenno del capo. «Zefram Cochrane sarebbe stato onorato, ne sono sicura e devo ammettere che mi hai fatto venire voglia di provare qualcosa di diverso la prossima volta. Per ora non ho molta fame e questi sono piatti che mi preparava mio padre quando ero piccola... ma è una lunga storia.» dissi indicando il mio piatto, un piatto di spaghetti con le polpette con cui stavo giocando, mentre era presente anche un'omelette. Mio padre me li cucinava sempre per me e avevo scelto quelli per sentirmi a casa, ma avevo lo stomaco chiuso. Ora vedendo lei e i suoi tanti piatti, provavo una certa invidia per il suo appetito.

«Come ti sei trovata durante la quarantena?» chiesi, cercando di avviare una piccola conversazione. Era importante parlare, condividere esperienze e sentimenti. Sapevo che ognuno di noi aveva affrontato la situazione a suo modo, ma era nel racconto e nell'ascolto che potevamo trovare conforto e comprensione. La Voyager era piena di storie di coraggio, resilienza e speranza; storie che meritavano di essere raccontate.

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#4

Dietro tutte le cose che crediamo di conoscere bene, se ne nascondono altrettante che non conosciamo per niente.

Lorelei Sherazi Betazoide

Alla conferma della collega, Lorelei posò il suo vassoio sul tavolo e prese posto. Non posso dire che siano il mio piatto preferito Ammise, quando Polina commentò il suo piatto di pierogi. ma son buoni e, dopo tutto quello che è successo, sentivo il bisogno di normalità. In questo periodo, normalità significa pierogi. Come antropologa provava un forte interesse verso le tradizioni culinarie di mondi lontani, ma la sua cucina preferita rimaneva quella betazoide. Aveva scelto di mangiare proprio quei ravioli perché, se fosse stata a casa e non dispersa chissà dove nello spazio, avrebbe fatto lo stesso. Poteva sembrare assurdo che una famiglia betazoide festeggiasse con regolarità il primo contatto tra umani e vulcaniani, ma il Giorno del Primo Contatto era molto più di una festività terrestre. Zefram Cochrane non aveva dato solo il via all'esplorazione dello spazio ma aveva aveva anche piantato i semi per la creazione della Federazione. Se il Primo Contatto non ci fosse stato, o si fosse svolto diversamente, era difficile dire che conseguenze avrebbe avuto sulla loro società. Ne vuoi assaggiare qualcuno?

Non era sicura che la sua offerta sarebbe stata colta, visto che Polina sembrava non avere molto appetito. La osservò giocare con le polpette nel suo piatto, rendendosi conto che la collega doveva aver sofferto l'epidemia più di lei. Magari non aveva fatto bene alla sua salute mentale, ma Lorelei aveva passato l'epidemia al sicuro nel suo alloggio. Non aveva idea se Polina avesse fatto lo stesso. Probabilmente no (o non totalmente), considerando i suoi doveri di infermiera.

Tutto sommato bene. Rispose alla domanda. Principalmente ho studiato e meditato. "Tentato di meditare" sarebbe stato più corretto, ma Lorelei non aveva intenzione di soffermarsi su certe inezie. La chiacchierata con la sua bisnonna di due anni prima era stata di aiuto e finalmente poteva dire di avere la sua telepatia sotto controllo, ma l'epidemia aveva mandato le emozioni di tutti fuori controllo. Compreso le sue. Sono stati pubblicati diversi saggi d'antropologia negli ultimi anni. Faccio del mio meglio per mantenermi in pari, ma col lavoro non sempre è possibile. Ne ho approfittato per recuperare qualcosina. Si trattava di una spiegazione semplicistica, che escludeva la paura e la depressione che aveva provato durante la quarantena, ma Lorelei non voleva portare la conversazione in quella direzione.

Tu, invece, sei riuscita a riposare un po'?
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#5

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Polina Troi-Riker Mezza betazoide

«No, non molto»  ammisi con un sorriso leggermente stanco mentre osservavo Lorelei. Era chiaro che entrambe avevamo avuto le nostre sfide durante l'epidemia, sebbene in modi diversi. Avrei voluto dirle che gli infermieri raramente trovano il tempo di riposare in situazioni del genere, che era parte del nostro impegno, del nostro dovere... ma in realtà, c'era più di questo. Ero praticamente l'unica infermiera sana dell'infermeria e la dottoressa Saff cercava nel possibile di non farmi lavorare troppo per salvaguardare il mio benessere, ma avevo il dubbio che non avesse salvaguardato il suo.

Prendendo con delicatezza uno dei pierogi offerti, continuai, «Grazie per questo. È un bel gesto. Capisco il bisogno di normalità, di qualcosa che ti riporti a casa, anche se è solo un sapore o un ricordo»  ammisi, assaggiando il pierogi, apprezzando il sapore confortante e familiare, un piccolo pezzo di Terra in mezzo alle stelle... decisamente diverso dalla mia pasta.

«Normalmente, quando accade qualcosa di così... fuori dal normale, la prima cosa che faccio è parlarne con mio padre. Ma non sentire la sua voce è terribile. Il ponte ologrammi offre un certo conforto, ma non è lo stesso» confidai, sentendo il peso della distanza non solo spaziale ma emotiva. «Ascoltare della tua passione per l'antropologia mi fa pensare» riflettei ad alta voce, posando per un momento la forchetta. «Forse dovremmo tutti cercare di scoprire di più l'uno dell'altro, specialmente in tempi come questi. I tuoi studi ti hanno aiutato a navigare meglio questi momenti difficili?»

Mentre parlavo, mi resi conto di quanto fosse raro avere il tempo di sedersi semplicemente e condividere esperienze con un'altra persona sulla nave, specialmente una così ben versata in culture e tradizioni diverse. Era una conversazione che, sebbene iniziata su toni leggeri, poteva offrire approfondimenti molto più significativi sulla nostra situazione attuale e su come ciascuno di noi la stava affrontando.

«Penso che a volte sottovalutiamo l'importanza di questi scambi»  continuai «non solo per supporto, ma anche per comprendere meglio noi stessi e il nostro posto qui»  Gli occhi mi si illuminarono un po', riflettendo su come le parole di Lorelei avevano evocato in me una nuova prospettiva sulla mia situazione. «E tu, hai trovato qualcosa nei tuoi studi che ti ha particolarmente colpito o ispirato in questo periodo?»
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#6

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Lorelei Sherazi Betazoide

L'ammissione non la sorprese. Lorelei non era era a conoscenza della situazione nell'infermeria durante l'epidemia, ma sapeva che la lotta al virus era stata difficile. Polina doveva aver lavorato tanto, troppo. Era giusto che si riposasse e si rilassasse, per quanto la situazione della Voyager permettesse loro.

Copiando la collega, Lorelei infilzò con la forchetta uno dei pierogi e se lo portò alle labbra. Il suo sapore famigliare la confortò un poco, offrendole la flebile impressione di star festeggiando il 5 Aprile con la sua famiglia. Una memoria che la fece star bene ma nel contempo fece nascere in lei una certa nostalgia di casa. Amava la Voyager, amava lo spazio e le sue culture, ma odiava l'idea di essere bloccata in un luogo sconosciuto, senza sapere se avrebbe mai ritrovato la via di casa.

Studiare mi ha permesso di concentrarmi su qualcosa di diverso dall'epidemia. Non sapere esattamente com'era la situazione e non poter far nulla per aiutare mi stavano rodendo dentro. Spiegò, alla domanda di Polina. Cosa più importante, ho avuto l'occasione di esplorare un campo al di fuori della mia area di specializzazione. Era impossibile studiare tutte le civiltà e le culture dell'universo conosciuto, così Lorelei aveva delle aree in cui era specializzata e delle aree che conosceva solo in maniera generale. Sai che, su Cestus III, i gorn convivono con gli umani?
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#7

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Polina Troi-Riker Mezza betazoide

«No, non ne ero a conoscenza» risposi, genuinamente sorpresa dalle informazioni che Lorelei condivideva. «Anzi, avrei pensato che una convivenza tra gli uomini e i Gorn fosse impossibile, considerando le loro differenze storiche e biologiche» Riflettendo su quanto poco sapevo di Cestus III, mi resi conto di quanto fosse facile rimanere intrappolati nella propria piccola bolla, anche a bordo di una nave stellare come la Voyager, dove l'esplorazione e la scoperta erano all'ordine del giorno. Cercai di mangiare un po' della mia pasta, anche se ormai era decisamente fredda.

«È affascinante pensare a come le culture possano evolvere e adattarsi per convivere pacificamente, nonostante le enormi differenze» continuai, stimolata dal nuovo argomento. «Ci sono molti esempi nella storia, ma ogni volta è come se fosse un piccolo miracolo. È una testimonianza della capacità delle specie di superare i pregiudizi e di lavorare insieme per un bene comune»

La discussione mi aveva completamente distratto dal cibo nel mio piatto, e ora ero ancor più interessata ad ascoltare quello che Lorelei aveva da dire. «Puoi raccontarmi di più su come hanno raggiunto questa convivenza? Dev'essere una storia affascinante» Le mie parole erano sincere; ero sempre ansiosa di apprendere nuove lezioni dalla storia e dalla cultura, specialmente quelle che potessero offrire speranza e ispirazione.
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#8

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Lorelei Sherazi Betazoide

Quello studio ha sorpreso anche me. Ammise, per nulla turbata nell'ammettere che c'era qualcosa che non sapeva. Non c'era nulla da vergognarsi, dopotutto era impossibile per una persona sola sapere tutto sulle culture della galassia. Soprattutto considerando la storia del pianeta. Cestus III è sempre stato un territorio di confine, ad un passo dallo spazio controllato dall'Egemonia Gorn. In più di un occasione, nell'ultimo secolo, è stato attaccato dai gorn. Anche lo stesso primo contatto tra Federazione e gorn è stato un attacco a Cestus III. Nel 2267 era stato il capitano Kirk a risolvere la crisi, salvando la colonia dai gorn. Trovo sia sconvolgente che entusiasmante scoprire che ora sul pianeta umani e gorn riescono a convivere fianco a fianco. Non dico che non ci siano problemi, ma... dove non ci sono?

Sì, la convivenza su Cestus III poteva essere complessa ma quello non era l'unico pianeta su cui culture e specie diverse vivevano, litigavano e si integravano. Se appariva sorprendente era per il modo in cui la Federazione si immaginava i gorn. Una minaccia aliena, mostri forse, ma sicuramente non qualcuno con cui si poteva parlare e scendere a patti.

Se si è arrivati ad una convivenza è dovuto alla posizione di Cestus III. Spiegò. La discussione aveva distratto non solo Polina dal cibo ma anche lei. Se c'era qualcosa di cui Lorelei adorava parlare, fino quasi a diventare inopportuna, erano proprio i suoi studi antropologici. Vivere in territorio di confine significa essere costretti a contatti col nemico. Principalmente attacchi da cui difendersi ma anche contatti commerciali... e dove c'è commercio, c'è scambio e vita. La popolazione su Cestus III è ancora prevalentemente umana, ma questi scambi col tempo hanno portato alla formazione di nuclei abitativi gorn. Gorn che sono diventati cittadini federali.
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#9

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Polina Troi-Riker Mezza betazoide

Ascoltando Lorelei descrivere la convivenza su Cestus III, mi trovai a riflettere sulla complessità delle relazioni inter-specie, un tema tanto affascinante quanto difficile da comprendere pienamente. Gli umani e i Gorn, un tempo nemici dichiarati, ora vivono fianco a fianco, e questa era una nozione che mi sfuggiva in parte, soprattutto alla luce degli anni di soprusi e conflitti.

«È strano pensare a una tale coesistenza» dissi, mangiando una forchettata della mia pasta «Specialmente considerando il passato. I Gorn, che per tanto tempo sono stati visti come i carnefici, e gli umani, le vittime... Come possono dimenticare e andare avanti? Come possono vivere fianco a fianco senza che il passato offuschi ogni giorno la loro convivenza? »

La mia mente si aggirò brevemente al mio background personale, un retaggio di conflitti e di lotte per la sopravvivenza. «Mio padre ha vissuto tra i Maquis, e io sono nata in quella circostanza» continuai, la voce un filo più bassa, carica di riflessione. «Non molti avrebbero scelto quella vita, quella fazione... Eppure, c'era una ragione, un senso di giustizia che li spingeva»

Presi una pausa, pensando a come le mie parole potessero risuonare nell'aria densa di storie non dette. «Forse non dovrei essere così dura nel giudicare» ammisi, quasi più a me stessa che a Lorelei. «Le storie di Cestus III mi ricordano che la resilienza e la capacità di perdonare sono forse tra i tratti più nobili che una civiltà possa avere. È un processo complesso, certamente, e non senza i suoi dolori, ma se lì hanno trovato un modo per convivere... forse c'è speranza per tutte le specie di superare i loro passati burrascosi...Ti sei mai chiesta se, in un futuro, potremmo guardare indietro a questi giorni e vedere non solo le lotte, ma anche il modo in cui abbiamo superato gli ostacoli insieme?» chiesi, sperando di trovare qualche conforto nella prospettiva di un futuro migliore, guidato da una comprensione più profonda e da una pace duratura.
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#10

Dietro tutte le cose che crediamo di conoscere bene, se ne nascondono altrettante che non conosciamo per niente.

Lorelei Sherazi Betazoide

Dimenticare... Era il termine giusto? Probabilmente no. Non credo che abbiano dimenticato e anzi siano ben consapevoli della minaccia dei gorn. Chi era lontano poteva dimenticare, beandosi nella sua sicurezza, ma per chi viveva ad un passo dall'Egemonia Gorn non era possibile. Hanno solo imparato a convivere, a conoscersi l'un l'altro. È ciò che non si conosce e non si comprende a far più paura... e spesso i conflitti nascono dalla non comprensione. Non era sempre così, ovviamente, e Lorelei sapeva bene a cosa poteva portare il desiderio di espandere il proprio territorio.

In un conflitto, ogni fazione ha i suoi torti e le sue ragioni. Rispose, alla successiva riflessione di Polina. I Maquis hanno combattuto per quello che credevano giusto, per la loro libertà. Nel farlo hanno commesso gravi crimini, questo è indubbio, ma mi risulta difficile giudicarli. Disse, mentre il ricordo dell'occupazione di Betazed le tornava alla memoria. Se la vita dei Maquis sotto il dominio cardassiano era stata simile, poteva comprendere cosa li aveva portati a quel livello. Non approvava, non del tutto, ma comprendeva. Perché aveva passato lo stesso.

Fu la domanda finale a riscuoterla dai suoi pensieri. Sarebbe bello. Ammise. È un obiettivo su cui vale la pena lavorare, passo dopo passo. Lo credeva davvero, nonostante la sofferenza che il suo popolo aveva provato a causa di cardassiani e Dominio. Dopotutto, non era corretto estendere i crimini di pochi su un intero popolo.
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