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TFB Nothing that is is unimportant
#1

T’Mihn K'vek

Vulcan

Era una bella giornata. Il sole splendeva nel cielo azzurro, quasi completamente sgombro di nuvole. Forse anche troppo sgombro, per i gusti di T’Mihn. Come tutti i vulcaniani, la ragazza era più sensibile alla luce degli umani. Una parte di lei avrebbe desiderato qualche nuvoletta che coprisse il sole, per quanto fosse consapevole che quello stesso desiderio era illogico. Il semplice desiderare non bastava a fare in modo che le nuvole comparissero dal nulla per farle un favore, e comunque quello stesso sole che tanto le dava fastidio era anche il motivo per cui l'aria invernale non era gelida come avrebbe dovuto. Sì, faceva freddo, ma quantomeno era possibile passeggiare per il parco del campus senza rischiare di congelare. Rifugiarsi all'ombra di qualche albero per sfuggire ai caldi raggi del sole era impensabile: se si fosse fermata e soprattutto se si fosse messa all'ombra, sicuramente il freddo pungente sarebbe tornata a colpirla. Se voleva sfuggire al sole, l'unica sua opzione era tornare al dormitorio, più precisamente nel suo alloggio... dove aveva da tempo impostato la luce artificiale a livelli molto bassi. Troppo bassi per una sua compagna di corso umana, ma perfetti per una vulcaniana. Eppure non riusciva più a sopportare di chiudersi in quelle quattro mura, era decisamente stufa di passare il suo tempo libero nel suo alloggio. Per qualche strano motivo, che T’Mihn avrebbe potuto spiegare con qualche bisogno psicologico proprio degli esseri viventi, aveva sentito il bisogno di prendere un po' di aria fresca. Così ora era lì, a passeggiare lentamente sul sentiero sterrato che serpeggiava per i prati del campus, vagando senza avere una meta precisa in mente e senza fare troppa attenzione a ciò che la attorniava. Sopra la divisa rossa da cadetto indossava una giacca abbastanza calda e una sciarpa. Una cuffia grigia le copriva la testa, a protezione della fronte e delle sue sensibili orecchie a punta. Un paio di guanti touch dello stesso colore le coprivano le mani, tra le quali teneva il suo PADD. Concentrata com'era sullo schermo del PADD, sembrava quasi che studiasse per un esame, ma la verità era diversa: T’Mihn era all'opera su di un programma informatico che stava sviluppando, ed era così concentrata su di esso che quasi non guardava dove metteva i piedi.
#2

Marco Verrazzani

Umano

Una bella giornata di sole invernale. Tanto bastava per distoglierlo dallo studio delle reazioni di cicloaddizione. Non che non fossero interessanti, ma iniziava ad essere stufo di tutta quella teoria. Era brillante (così l’aveva definito uno dei professori) in quasi ogni materia, ma non era entrato in accademia per intraprendere la carriera universitaria. Il suo desiderio più grande era quello di imbarcarsi alla scoperta di nuovi mondi alla scoperta di nuovi fenomeni. E poi chissà, forse con il tempo sarebbe diventato anche il responsabile scientifico di una qualche missione di esplorazione. Anche se spesso si annoiava, essere in accademia aveva anche i suoi bei vantaggi. Da San Francisco raggiungere la Napa Valley era un attimo. Le colline erano dolci anche là. Quasi come quelle della terra natia. Era scappato da quel luogo e, scherzo del destino, era venuto a studiare vicino ad un luogo molto simile. Anche se non era a San Francisco da molto tempo, aveva già avuto modo di conoscere diversi produttori di vino interessanti. E con alcuni di essi era anche riuscito a stringere amicizia. Devo ricordarmi di cercare in biblioteca qualcosa che descriva gli schemi neurali umani associati all’assunzione di vino e confrontarli con quelli di specie aliene per vedere se dà loro lo stesso effetto. Pensava mentre camminava sul sentiero sterrato che serpeggiava per i prati del campus, senza prestare più di tanto attenzione a ciò che lo circondava. In caso contrario potrei pensare di cercare una sostanza che dia l’effetto e magari sintetizzarne degli analoghi più potenti. Potrebbe tornare utile. Assorto nei suoi pensieri, non si accorse della persona che stava giungendo, più o meno alla stessa velocità, ma dalla direzione opposta alla sua. E cosa peggiore altrettanto assorta…
#3

T’Mihn K'vek

Vulcan

Stava rimuginando su di un problema. Il programma aveva un piccolo bug e T’Mihn stava faticando a trovare una soluzione senza esser costretta a dover rimuovere delle funzionalità. Avrebbe potuto ignorare il bug e andare avanti, dopo tutto si trattava di quello che la sua vicina di stanza avrebbe definito 'una cavolata', ma la vulcaniana non poteva accettare una tale via di azione. Avrebbe significato arrendersi, abbandonare i suoi piani grandiosi, ridimensionandoli in qualcosa di a mala pena accettabile. Almeno, a mala pena accettabile per lei. Quando T’Mihn si metteva in testa una cosa era difficile fermarla o cambiare idea, soprattutto se c'erano di mezzo i suoi sacrosanti computer. Era una fortuna che la V'Shar non l'avesse obbligata a non toccare più un computer a vita. Da quanto aveva letto, succedeva un po' ovunque: entravi dove non dovevi e ti ritrovavi impossibilitata a toccare una stringa informatica a vita. In un certo senso era una fortuna che l'intelligence vulcaniana avesse deciso di sfruttarla al posto di punirla. Anche se, dopo tutto quello che aveva fatto per loro, avrebbero almeno potuto cominciare a pagarla per i suoi servigi!

Oh, diamine. Mi sto perdendo nei miei pensieri. Si ritrovò a considerare, mentre cercava di scacciare quei pensieri poco graditi sulla V'Shar in modo da poter tornare a leggere per l'ennesima volta il programma alla ricerca di una soluzione. Sarà stato il caso o la fortuna, ma in quel tentativo di riprendere il controllo dei propri pensieri T’Mihn alzò lo sguardo dal PADD. E si fermò di colpo. Un'altra persona stava percorrendo quel sentiero dal lato opposto e lei ci era andata quasi a sbattere contro. "Mi scusi." Si affrettò a dire, spostandosi lateralmente nel tentativo di sgombrare il passaggio prima che il ragazzo, immerso nei suoi pensieri quanto lei, si scontrasse con lei.
#4

Marco Verrazzani

Umano

 
“Eh? Ah!” Si fermò di colpo, giusto un attimo prima dell’impatto. Rimase stupito del fatto che una persona potesse materializzarsi così all’improvviso in un sentiero. Beh sì, poteva essere stata teletrasportata da una qualche nave, ma in genere gli strumenti di bordo scandagliavano l’area di materializzazione in modo da evitare inconvenienti come quello. Si trovò davanti una ragazza esile, con i lineamenti orientali. Ad un’occhiata più attenta notò delle sopracciglia tipiche della razza vulcaniana. Da sotto la giacca intravide la divisa rossa da cadetto. Proprio come la sua che, per inciso, non era nascosta da nessun altro indumento essendo il sole invernale sufficientemente caldo per lui. “Che strano, l’hanno teletrasportata quasi sopra di me! Pensavo che il sistema di teletrasporto fosse più preciso. E’ strano inoltre che un cadetto giunga da una nave. Mi hanno detto che i voli di addestramento non sono così frequenti. Come ha fatto a prendere parte al volo? Sa per caso se a breve ce ne sarà un altro? Ah, che sbadato, l’ho sommersa di parole e non mi sono nemmeno presentato. Marco Verrazzani” disse porgendole la mano.
#5

T’Mihn K'vek

Vulcan

Per un attimo aveva temuto di non riuscire a spostarsi in tempo. T’Mihn si era quasi vista arrivare addosso il ragazzo. Se lui non si fosse accorto di lei e non avesse bloccato di colpo il suo passo, T’Mihn dubitava che avrebbero potuto evitare un ridicolo scontro con capitombolo a terra. Non che attualmente avesse importanza: non era successo nulla, quindi era inutile preoccuparsene. Mentre il ragazzo la fissava con un'aria che sembrava quasi stupita, la vulcaniana si limitò ad osservarlo. Con ogni probabilità si trovava di fronte ad un umano. Non poteva averne la certezza assoluta in quanto esistevano diverse specie fisicamente indistinguibili dagli umani, ma i suoi occhi castani dimostravano quantomeno che non poteva trattarsi di un betazoide. O, almeno, di certo non era un betazoide purosangue.

Quando il ragazzo cominciò a parlare, T’Mihn alzò un sopracciglio perplessa. Teletrasporto? Voli? Che centrava tutto quello con il loro quasi scontro? La vulcaniana era quasi tentata di voltare i tacchi e allontanarsi da un individuo così evidentemente illogico, ma fuggire così ad una semplice chiacchierata innocente non le sembrava il caso. Se Marco aveva mal interpretato gli avvenimenti, allora le bastava spiegargli quello che in verità era successo. "È un piacere fare la sua conoscenza, Marco. Io sono T’Mihn K'vek, ma può chiamarmi Min se preferisce." Iniziò col presentarsi, stringendo brevemente la mano di Marco. Per quanto T’Mihn non credesse di possedere un nome particolarmente difficile da pronunciare, da quando era entrata in Accademia si era resa conto che i suoi compagni (e, soprattutto, le sue compagne) preferivano affibbiarle quel nomignolo semplicissimo che utilizzare il suo nome. "Mi scusi se mi permetto, ma credo che abbia mal interpretato la situazione. Non mi hanno teletrasportata sul sentiero, mi trovavo già qui. Purtroppo ero troppo concentrata sul mio lavoro" Spiegò, indicando il suo PADD con un lieve gesto. "e non mi sono resa conto del suo arrivo."
#6

Marco Verrazzani

Umano

In un attimo si accorse del malinteso. La ragazza non solo non era stata teletrasportata, ma era capitato come sempre che si perdesse nei suoi pensieri. Tanto intensamente da non accorgersi di lei. Senti avvampare le orecchie per la figuraccia, ma ben presto la sensazione sgradevole passò.
“Ah no? Beh anche io ero intento a pensare ad altro, molto più di lei a quanto pare!.” disse. E poi
Si, penso che Min sia più semplice. Non sono molto portato per le lingue ed ho paura che la mia pronuncia suonerebbe ridicola. Scusi se sono inopportuno, di cosa si sta occupando? Magari possiamo esserci di aiuto a vicenda.
#7

T’Mihn K'vek

Vulcan

Forse era stata troppo diretta, ma che senso avrebbe avuto girarci intorno? Per un attimo si chiese se Marco si sarebbe offeso per le sue parole o si sarebbe quantomeno imbarazzato. T’Mihn sperava che non succedesse o che almeno il ragazzo comprendesse che non c'era nulla di cui imbarazzarsi. C'era stato un malinteso ed era stato chiarito. Nulla di più, nulla di meno. La vulcaniana si era già lasciata alle spalle quel dettaglio, anche perché non avrebbe avuto senso fare altrimenti. "Potremmo dire che la colpa è cinquanta e cinquanta. Eravamo tutti e due distratti." Disse, quasi come stesse scherzando. No, lei diceva sul serio. Metà colpa era sua perché non aveva prestato attenzione a dove stava andando, come era giusto che fosse. Non si sarebbe nascosta dietro a qualche scusa.

Accettò le parole di Marco sulla questione del suo nome con un semplice cenno di assenso col capo. Che la chiamasse pure Min, per lei non era un problema. Anche perché, ormai, si era abituata a sentirsi chiamare in quel modo. La domanda successiva, però, la costrinse a riflettere. Doveva dirglielo? Quello a cui stava lavorando non era esattamente un segreto di stato, però... "Sto lavorando ad un programma informatico per migliorare la sicurezza del terminale del mio alloggio. Mi son trovata di fronte ad un problema, ma son sicura che lo risolverò." Sì, così andava bene come spiegazione. Aveva detto tutto senza dire niente. Anche perché sarebbe stato problematico spiegare che stava lavorando ad un programma che non solo avrebbe impedito a quel dannato software della V'Shar di controllare ogni sua mossa informatica (insomma, credevano davvero che non si sarebbe accorta di un programma spia nel suo terminale?) ma avrebbe anche oltrepassato i controlli del computer dell'Accademia e le avrebbe permesso di tornare a compiere le sue adorate operazioni illegali senza che la Flotta o la V'Shar se ne accorgessero. C'era ancora molto da fare, ma una volta superato quel dannato bug la base sarebbe stata pronta. "E lei, invece? A cosa stava pensando, se posso chiedere?" Non che fosse curiosa, ma... ok, era curiosa.
#8

Marco Verrazzani

Umano

Gli dispiacque che Min non fosse stata teletrasportata, tuttavia avrebbe certamente cercato di cogliere l'occasione per imbarcarsi in un volo di addestramento quanto prima avesse potuto. La cadetta stava lavorando su un programma informatico. Beh tutto molto vulcaniano. Tutto molto noioso. Non era mai andato matto per la programmazione. Ovviamente sapeva utilizzare i sistemi computerizzati, per le analisi e la ricerca bibliografica, ma non aveva mai approfondito veramente "il dietro le quinte". Apprezzò l'interesse per i suoi pensieri. Dopotutto un altro punto di vista sulle sue elucubrazioni avrebbe potuto suggerirgli scenari inaspettati. "Dunque, vediamo se riesco a spiegarmi. Sono partito dall'assunto che gli umani in media apprezzano un bicchiere di buon vino. E' possibile registrare immagini del cervello mentre un soggetto beve del vino. E' altrettanto possibile vedere quali sono le aree del cervello che sono stimolate durante tale attività in umani che apprezzano il vino. Ciò premesso mi stavo chiedendo se in razze diverse dalla mia è possibile fare delle misurazioni analoghe. Nel caso in cui ciò non fosse possibile mi stavo interrogando circa la possibilità di sintetizzare delle sostanze capaci di dare, in questi soggetti, un effetto analogo a quello che provano gli umani durante l'assunzione di un bicchiere di vino!" Detto ciò si aprì in un sorriso sperando di essere stato chiaro. Riprese quindi a parlare, senza aspettare una reazione da parte della vulcaniana. "Che tu sappia c'è in preparazione qualche volo di addestramento? Sai, per quanto utile la vita del campus mi annoia un po'"
#9

T’Mihn K'vek

Vulcan

Le parole di Marco la fecero riflettere. In effetti si trattava di un quesito problematico, a cui lei non aveva risposta. Per quanto amasse la scienza non si era mai informata sulla gastronomia e i suoi misteri, forse anche a causa del senso del gusto ridotto dei vulcaniani. Non aveva mai provato ad assaggiare il vino umano, ma dubitava che le sue papille l'avrebbero considerato molto differente dalla pura acqua. In ogni caso, quella del ragazzo era una riflessione degna di nota e, probabilmente, sarebbe stato un bene per la gastronomia galattica se Marco avesse proseguito in quella ricerca. T’Mihn avrebbe anche potuto considerare di assaggiare un bicchiere di vino umano, se Marco fosse riuscito a renderlo accettabile per una vulcaniana. Di certo non avrebbe finito per ubriacarsi, in quanto inebriare i sensi non le sembrava una scelta né logica né utile.

"Intende con le navette? Non saprei, ma potremo informarci." Rispose alla domanda di Marco, che spostò il suo corso di pensieri dalla gastronomia ai voli di addestramento. "Sicuramente gli addestramenti più importanti vengono fatti presso il campo di volo dell'Accademia vicino alle lune di Saturno, ma anche qui nel campus c'è un campo di volo, anche se di ridotte dimensioni. Se non sta cercando un addestramento al livello della Squadriglia Nova, dovrebbe esserci qualche lezione in previsione. E, nel caso non fosse così, potremo pensare di chiedere il permesso di esercitarci autonomamente, se è interessato alla mia eventuale compagnia." Non sapeva esattamente perché si stesse offrendo di volare. Per quanto volesse giustificare questa sua scelta con un ragionamento logico sull'importanza di saper pilotare una navetta in situazioni di emergenza, probabilmente aveva solo bisogno di pensare a qualcosa che non fosse il programma su cui stava lavorando.
#10

Marco Verrazzani

Umano

 
Non aveva mai preso in considerazione di collaborare con chicchessia. Non tanto perché fosse un asociale, quanto perché non ne aveva mai avuto bisogno. Tuttavia ad un esame più attento la proposta gli sembrò ragionevole o meglio… logica. Le teorie e gli esperimenti che conduceva autonomamente erano in genere valutate dagli insegnanti, ma non gli capitava che lo fossero da suoi pari. E ciò a pensarci meglio gli lasciava un senso di incompletezza che non avrebbe saputo spiegare.  E poi lui era un terrestre, lei vulcaniana. Un approccio psicologico completamente diverso alla conoscenza avrebbe potuto essere estremamente utile.
Se poi la cosa non avesse funzionato beh… amici come prima. D'altronde non tutti gli esperimenti riuscivano e spesso capitava di imparare più da un fallimento che da un successo.
“In realtà intendevo partecipare ad una missione di addestramento in una vera e propria astronave.” disse pensieroso ”Tuttavia è opportuno prendere confidenza anche con le navette da sbarco. La sua proposta è un’ottima proposta. E si, sono interessato alla sua compagnia. Sarà un’ottima occasione per avere un punto di vista diverso, direi complementare, sui vari problemi che via via dovessero presentarsi.” disse Marco aprendosi in un sorriso. Iniziò poi ad incamminarsi verso il campo di volo del campus.
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