03-12-2014, 11:47 AM
Alexander Davis
Klingon/Human
San Francisco, Terra, Federazione dei Pianeti Uniti
Alexander stava sorseggiando un drink in uno dei tanti locali situati nella zona della grande città adibita alla "vita notturna". Era in compagnia di una bellissima andoriana, dai lineamenti fini e voce dolce e sensuale, proprio come piaceva a lui. L'aveva conosciuta pochi istanti prima, abbordandola con una scusa del tipo "signorina, le è caduta la borsa", borsa che lei aveva poggiato sullo sgabello alto posizionato alla sua destra e che magicamente era scivolata a terra; lei lo aveva subito ringraziato e lui ne aveva approfittato per offrirle da bere.
Stava "imparando l'arte", come dicevano i terrestri; si era ricreduto ormai già da tempo sull'idea del finto benessere federale che su Qo'nos gli adulti inculcavano nelle menti dei bambini nei primi anni del loro insegnamento: dipingevano la Federazione come una setta esclusiva, marchiata di ordine e disciplina e pronta a scatenare un attacco su vasta scala contro ogni nemico.
Lo svago e le attività spensierate che si stavano svolgendo ad esempio in quel locale quella stessa sera, esattamente come si svolgevano ogni sera risalendo forse fino a tre-quattrocento anni prima, raccontavano ben altre storie rispetto alla definizione di guerrafondai senza scrupoli.
Iniziava a sentirsi a casa, per parecchi motivi: innanzitutto per il lungo tempo da cui risiedeva sulla Terra, iniziava anche a capire che a prescindere del suo grado e ruolo, nonchè del motivo della sua presenza, i non-umani erano trattati al pari degli umani, e la Federazione poteva contare non solo su un'unità politica, ma anche culturale e sociale, se così si poteva intendere. Mentre su Qo'nos la situazione era molto peggiore: i Klingon avevano occupato numerosi pianeti, sfruttando le popolazioni locali e dichiarandosi sovrani, e nonostante la potenza militare e la disciplina visibili da tutti, faticavano a mantenere il controllo su tutti i pianeti che componevano l'Impero.
In quel locale, si sentiva a casa; il barman sapeva già quello che voleva e glielo preparava in pochi secondi, poi era libero di fraternizzare con gli avventori, donne, per la maggior parte.
Alexander stava sorseggiando un drink in uno dei tanti locali situati nella zona della grande città adibita alla "vita notturna". Era in compagnia di una bellissima andoriana, dai lineamenti fini e voce dolce e sensuale, proprio come piaceva a lui. L'aveva conosciuta pochi istanti prima, abbordandola con una scusa del tipo "signorina, le è caduta la borsa", borsa che lei aveva poggiato sullo sgabello alto posizionato alla sua destra e che magicamente era scivolata a terra; lei lo aveva subito ringraziato e lui ne aveva approfittato per offrirle da bere.
Stava "imparando l'arte", come dicevano i terrestri; si era ricreduto ormai già da tempo sull'idea del finto benessere federale che su Qo'nos gli adulti inculcavano nelle menti dei bambini nei primi anni del loro insegnamento: dipingevano la Federazione come una setta esclusiva, marchiata di ordine e disciplina e pronta a scatenare un attacco su vasta scala contro ogni nemico.
Lo svago e le attività spensierate che si stavano svolgendo ad esempio in quel locale quella stessa sera, esattamente come si svolgevano ogni sera risalendo forse fino a tre-quattrocento anni prima, raccontavano ben altre storie rispetto alla definizione di guerrafondai senza scrupoli.
Iniziava a sentirsi a casa, per parecchi motivi: innanzitutto per il lungo tempo da cui risiedeva sulla Terra, iniziava anche a capire che a prescindere del suo grado e ruolo, nonchè del motivo della sua presenza, i non-umani erano trattati al pari degli umani, e la Federazione poteva contare non solo su un'unità politica, ma anche culturale e sociale, se così si poteva intendere. Mentre su Qo'nos la situazione era molto peggiore: i Klingon avevano occupato numerosi pianeti, sfruttando le popolazioni locali e dichiarandosi sovrani, e nonostante la potenza militare e la disciplina visibili da tutti, faticavano a mantenere il controllo su tutti i pianeti che componevano l'Impero.
In quel locale, si sentiva a casa; il barman sapeva già quello che voleva e glielo preparava in pochi secondi, poi era libero di fraternizzare con gli avventori, donne, per la maggior parte.