22-07-2018, 08:41 PM
Era nella sala d’attesa dell’ufficio teletrasporti ormai da cinquantacinque minuti. Non c’era assolutamente nessuna ragione per aspettare, né tantomeno c’era alcuna ragione per arrivare tanto in anticipo, eppure terminato il suo leggerissimo bagaglio si era diretta alla base della federazione per attendere l’orario che l’avrebbe fatta arrivare perfettamente puntuale a bordo della Voyager. Avrebbe potuto dilungarsi in qualcuna delle attività ricreative con cui gli esseri umani amano trascorrere il tempo: bere un caffè al bar, passeggiare per 5th Avanue, fare spese frivole, leggere. Eppure non trovava soddisfacente nessuna di quelle pratiche, del tutto superflue dal momento che il tempo non sarebbe trascorso più velocemente, né tantomeno con maggiore piacevolezza. Per questa ragione aveva deciso semplicemente di attendere. Era stata un’intera giornata d’attesa. Era lì da cinquantasette minuti esatti quando si alzò decisa a dedicare gli ultimi due minuti e quarantacinque secondi ai convenevoli. Sebbene non fosse affatto impaziente, né tanto meno in ansia, agitata, o frettolosa, ma come sempre perfettamente calibrata ed immobile, l’addetto al teletrasporto le sorrise quando lei gli rivolse i suoi saluti e le chiese se si sentisse nervosa. Heron la registrò come una di quelle strane domande retoriche degli umani che servono per rimarcare l’ovvio, così sebbene fosse una deduzione inesatta rispose con un cenno cordiale. «E’ il mio primo giorno sulla Voyager», confermò sottolineando a sua volta l’ovvio, era una di quelle cose che tendono a assicurare una conversazione piacevole, ma leggera, per quanto paradossalmente inutile. «Andrà benissimo, vedrà», a quel punto avrebbe dovuto rispondere con un ringraziamento generico, ma Heron continuò a descrivere l’ovvio una decisione che di lì a pochi secondi avrebbe riconsiderato, «ne sono sicura, sebbene le probabilità che accada qualcosa di catastrofico mentre sono a bordo siano matematicamente incalcolabili». L’espressione accigliata dell’uomo la colse impreparata così si limitò a posizionarsi sulla piattaforma di teletrasporto. Ci vollero esattamente venticinque secondi di preparazione più trenta di teletrasporto perché battendo le palpebre si ritrovasse a bordo della nave spaziale. L’accolse il benvenuto del primo ufficiale in divisa e il tenente Mendel di cui T’Pal le aveva parlato. Scese dalla pedana di teletrasporto per fermarsi ad una distanza socialmente accettabile dai due individui. «La ringrazio, Primo Ufficiale, piacere di conoscerla» esordì con la rituale formula di risposta umana, sebbene in fin dei conti la conoscenza di un nuovo individuo non le provocasse alcun piacere se non un’intensa attività dei circuiti neuronali, che registravano ogni minimo dettaglio del volto, della corporatura, del timbro di voce. «Piacere di conoscere anche lei, Tenente Mendel, T’Pal mi ha parlato molto di lei, la considera con rispetto e ammirazione per i miglioramenti a cui si è sottoposta. Ne sono anch’io molto affascinata, spero di poter fare un’analisi accurata delle sue funzioni se me lo permette».