14-03-2019, 12:03 AM
Life doesn't entail awareness and I don't know if awareness implies life. Though my firmware imposes me to safeguard both of them: therefore, as I am sentient although not "alive" to you, I want to exist.
N'veyan Krivakh | Vulcan (Android)
Ciò che N'veyan riuscì a registrare fu un lampo proveniente dalla sua sinistra e fece appena in tempo a chiudere gli occhi per non danneggiare i suoi sensori ottici.
Il colpo balzò via la creatura, o quantomeno la sua testa e la parte anteriore del duo corpo, tirandosi dietro sul terreno il resto dell'animale, come un sasso legato a una corda. Il cerchio che aveva disegnato attorno all'androide si strinse ma non abbastanza da attorcigliarlo.
Riaperti gli occhi, osservò la bestia sdraiata integra ma inerte, con le piccole zampe sollevate dal terreno. Gli si avvicinò. Gli si avvicinò immediatamente, ignorando per un attimo i suoi colleghi e il duo campione ma l'animale non reagì, lo stesso durante la breve scansione del tricorder medico. Il suo genoma combaciava al 98,8% con quello della luscengola terrestre e per il 73,2% con la vipera, non che ciò implicasse la sua appartenenza a una delle due specie (d'altra parte di luscengole lunghe più di sei metri non se nerano mai viste) ma era sufficiente per leggerne i parametri vitali: bassi, ma presenti. Era in uno stato simil-comatoso, non aveva abbastanza dati per stabilire se reversibile o meno. Non riuscì a impedirsi una smorfia che gli piegò le labbra in segno di tristezza.
Forse degli stimolanti lo avrebbero fatto rinvenire. Si riprese. In ogni caso, era vivo. Lo erano tutti.
È incosciente, non ci attaccherà. Probabilmente le dobbiamo la vita, tenente, fu il suo modo di dire grazie, accompagnando le parole a uno sguardo e un assenso. Non riuscì a fare di più, per quanto fosse stato lui a suggerire di sparare. La logica lo imponeva per il bene della squadra e non se ne pentiva. Ma non poteva essere felice di aver rischiato la vita di un animale che viveva lì per salvare la loro che erano entrati nel suo territorio.
Fece un check-up del suo stato e si accorse di una bruciatura sulla manica sinistra della divisa, insufficiente a scoprire la pelle sottostante, appena increspata per l'elevata temperatura dell'attrito con il colpo, ma priva di lesioni. Sarebbe stato difficile in caso contrario spiegare l'assenza del benché minimo inverdire. Sperò comunque che a nessuno venisse in mente di controllarlo più seriamente. Fin'ora se l'era sempre cavata, ma ogni visita era sempre un potenziale rischio.
Per quanto riguardava il suo fiore... Di peggio non si poteva avere. Il colpo aveva strappato via due dei petali e la corolla era annerita, perdendo completamente il suo colore vivace. Lo stelo era piegato in modo innaturale.
Strinse le mascelle ma fu pragmatico.
Preleviamo in fretta i campioni suggerì al suo collega chimico e insieme si diedero da fare. Non voleva che altri visitatori della fauna locale li sorprendessero.
In pochi minuti recuperarono sia il fiore ( o ciò che ne restava) che i muschi, riponendo ordinatamente nei contenitori e nelle provette con dei campioni magnetici.
Abbiamo finito esordì, con lo zaino di nuovo sulle spalle e aria decisa, poi si voltò a guardare la bestia inerme.
Non potevano portarla via per curarla: era troppo grande per un contenitore in stirolite, ed era abbastanza certo che nessuno avesse portato una gabbia.
Il colpo balzò via la creatura, o quantomeno la sua testa e la parte anteriore del duo corpo, tirandosi dietro sul terreno il resto dell'animale, come un sasso legato a una corda. Il cerchio che aveva disegnato attorno all'androide si strinse ma non abbastanza da attorcigliarlo.
Riaperti gli occhi, osservò la bestia sdraiata integra ma inerte, con le piccole zampe sollevate dal terreno. Gli si avvicinò. Gli si avvicinò immediatamente, ignorando per un attimo i suoi colleghi e il duo campione ma l'animale non reagì, lo stesso durante la breve scansione del tricorder medico. Il suo genoma combaciava al 98,8% con quello della luscengola terrestre e per il 73,2% con la vipera, non che ciò implicasse la sua appartenenza a una delle due specie (d'altra parte di luscengole lunghe più di sei metri non se nerano mai viste) ma era sufficiente per leggerne i parametri vitali: bassi, ma presenti. Era in uno stato simil-comatoso, non aveva abbastanza dati per stabilire se reversibile o meno. Non riuscì a impedirsi una smorfia che gli piegò le labbra in segno di tristezza.
Forse degli stimolanti lo avrebbero fatto rinvenire. Si riprese. In ogni caso, era vivo. Lo erano tutti.
È incosciente, non ci attaccherà. Probabilmente le dobbiamo la vita, tenente, fu il suo modo di dire grazie, accompagnando le parole a uno sguardo e un assenso. Non riuscì a fare di più, per quanto fosse stato lui a suggerire di sparare. La logica lo imponeva per il bene della squadra e non se ne pentiva. Ma non poteva essere felice di aver rischiato la vita di un animale che viveva lì per salvare la loro che erano entrati nel suo territorio.
Fece un check-up del suo stato e si accorse di una bruciatura sulla manica sinistra della divisa, insufficiente a scoprire la pelle sottostante, appena increspata per l'elevata temperatura dell'attrito con il colpo, ma priva di lesioni. Sarebbe stato difficile in caso contrario spiegare l'assenza del benché minimo inverdire. Sperò comunque che a nessuno venisse in mente di controllarlo più seriamente. Fin'ora se l'era sempre cavata, ma ogni visita era sempre un potenziale rischio.
Per quanto riguardava il suo fiore... Di peggio non si poteva avere. Il colpo aveva strappato via due dei petali e la corolla era annerita, perdendo completamente il suo colore vivace. Lo stelo era piegato in modo innaturale.
Strinse le mascelle ma fu pragmatico.
Preleviamo in fretta i campioni suggerì al suo collega chimico e insieme si diedero da fare. Non voleva che altri visitatori della fauna locale li sorprendessero.
In pochi minuti recuperarono sia il fiore ( o ciò che ne restava) che i muschi, riponendo ordinatamente nei contenitori e nelle provette con dei campioni magnetici.
Abbiamo finito esordì, con lo zaino di nuovo sulle spalle e aria decisa, poi si voltò a guardare la bestia inerme.
Non potevano portarla via per curarla: era troppo grande per un contenitore in stirolite, ed era abbastanza certo che nessuno avesse portato una gabbia.