TSE Incontri al ponte ologrammi
#11

Evitiamo di sperare che le cose vadano per il meglio, perché fin troppe volte, il meglio non accade.

Alexander Jansen Umano/Q

Ascoltando Haru parlare della pratica di meditazione vulcaniana che aveva chiamato Keethara, e ne rimasi affascinato, soprattutto dalla complessità e dalla profondità di tale metodo. Riflettei per un istante su come, anche nella mia vita, avessi cercato di trovare quel bilanciamento tra ragione e sentimento, spesso oscillando tra i due estremi a seconda delle circostanze. Un pensiero mi sfiorò improvvisamente, portandomi su un terreno più personale: non avevo mai conosciuto mio padre biologico. Mi chiesi per un istante se avrei mai trovato una spiegazione per i poteri che mi aveva lasciato. Potevo cambiare piccole cose, ma aveva davvero senso? Quella riflessione aggiunse una nuova dimensione alla mia introspezione, facendomi considerare le mie radici e il lascito di famiglia in un modo che non avevo mai fatto prima.

«È davvero interessante sentire della tua esperienza tra la Terra e Vulcano e come questo abbia influenzato il tuo approccio ai cambiamenti e alla ricerca di qualcosa di familiare» dissi ad Haru con ammirazione. La sua capacità di adattarsi e allo stesso tempo trovare conforto in elementi familiari era qualcosa che potevo capire, avendo anch'io cercato punti di ancoraggio nella mia vita durante i periodi di transizione, soprattutto dopo che mia madre si era risposata; ma l'idea di costruire qualcosa ad occhi chiusi, guidati solo dalla mente, mi sembrava una metafora potente non solo per la meditazione ma anche per la vita in generale. Spesso, ci trovavamo a navigare l'ignoto, affidandoci alla nostra intuizione e alla nostra capacità di percepire oltre il visibile.

«La pratica del Keethara suona come un metodo profondamente introspectivo e sfidante in un certo senso. Mi colpisce il modo in cui richiede una concentrazione totale e come possa offrire una finestra sul tuo stato mentale attuale. Credo che ci sia molto da imparare da un approccio così focalizzato.» riflettei ad alta voce. Mi chiedevo come sarebbe stato provare qualcosa del genere, riconoscendo il valore di un'attività che potesse allontanare le distrazioni e allo stesso tempo offrire un'opportunità di autoesame. Probabilmente avrei approfondito.

«Sono grato che tu abbia voluto condividere questa parte della tua pratica di meditazione con me. Mi ha fatto riflettere sulla mia ricerca di pace interiore e su come, a volte, la risposta possa risiedere in un'attività che richiede sia concentrazione che rilascio. Forse, in un certo senso, tutti noi costruiamo qualcosa ad occhi chiusi, cercando di trovare il nostro equilibrio nel processo.»  ammisi pensoso, considerando le mie riflessioni precedenti su mio padre e il significato dei poteri ereditati. Poi, con un movimento quasi automatico, mi ricordai che avevo bisogno di un tappetino, di una piccola palla da pilates, di bande elastiche per la resistenza e di un anello pilates per lavorare su tonicità e resistenza, perciò mi avvicinai al computer e chiesi ciò che mi serviva.

«Quando vuoi sono pronto.» dissi con un sorriso incoraggiante, il cuore ancora impegnato in quella ricerca di risposte che forse, attraverso la concentrazione e il rilascio del pilates, potrei iniziare a trovare.
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#12

In the end they'll judge me anyway so, whatever.

Haru Sunak Chekov Umano/Vulcaniano

Parlare con Alexander era davvero un piacere, l’uomo sembrava davvero interessato a quello che diceva e persino a provare cose nuove. Si tendeva a dare per scontato che chi lavorava in un’astronave come l’Enterprise fosse a prescindere una persona di mentalità aperta ma non era sempre così, molti lo facevano non per vero interesse nel viaggiare nello spazio e conoscere varie culture quanto più per fama o denaro. Haru non criticava le scelte altrui, dopotutto ognuno sceglieva le proprie priorità ma apprezzava le persone che mostravano curiosità e interesse per tutto ciò che era nuovo ed estraneo per loro. 
Non posso dire che all’inizio sia stata un’esperienza facile o piacevole ma una volta acquisita la consapevolezza, ho imparato ad apprezzare entrambi i miei pianeti d’origine.
Adesso poteva considerarsi fiero delle sue origini ma non soltanto per quanto riguardava il suo lato vulcaniano, anche la sua parte umana e tutte le etnie dei suoi parenti erano parte del suo essere ed amava ognuna di loro. A prima vista qualcuno si fermava solo sul fatto che fosse in parte umano e in parte vulcaniano ma non era solo quello, Haru aveva anche origini russe, americane, giapponesi e coreane e nel corso della sua vita aveva provato a cercare più informazioni possibili su tutte le culture della sua famiglia; aveva appreso molte cose ma aveva ancora tanto altro da imparare. 

Il Keethara è decisamente introspettivo e spesso non è facile neanche per un vulcaniano. Se in quel momento la mente non è abbastanza equilibrata, sicuramente chi lo pratica non riuscirà a creare una struttura armonica quindi, quando osserverà il suo lavoro, potrà capire il suo stato mentale e lavorarci su. 
Era felice di sapere che condividere con qualcuno la cultura vulcaniana potesse essere d’aiuto, era sempre bello poter apprendere in quelle occasioni. Haru si fermò un attimo a pensare alle parole del collega, effettivamente non aveva tutti i torti nell’affermare che in un certo senso tutti si trovavano a tentare di costruire qualcosa per trovare il proprio equilibrio.
Per me è un piacere condividere ciò che so della mia cultura, penso sia sempre utile sia per chi ne parla che per chi ascolta perché si imparano nuove cose e si scoprono punti di vista diversi. Per esempio la tua frase mi ha fatto riflettere, non avevo mai pensato al fatto che nella vita tutti noi ci troviamo a dover costruire qualcosa per cercare di trovare un nostro equilibrio, è davvero un punto di vista interessante.
Lasciò che l’altro facesse le sue modifiche, notando che aveva selezionato oggetti che gli umani usavano per esercizi che aiutavano sia il corpo che la mente.
Fece un cenno quando il collega disse di essere pronto, anche lui aveva tutto il necessario per poter cominciare, così diede il via al programma di meditazione. Il computer impiegò qualche istante per elaborare gli input dati e finalmente la porta del ponte ologrammi si aprì per permettere ai due di entrare nella simulazione. Haru poteva già assaporare la sensazione di relax che il luogo emanava.

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#13

Evitiamo di sperare che le cose vadano per il meglio, perché fin troppe volte, il meglio non accade.

Alexander Jansen Umano/Q

L'approccio di Haru alla sua eredità culturale, così ricca e variegata, mi ispirava profondamente. Era chiaro che la sua apertura e la sua capacità di abbracciare tutte le parti di sé non derivassero solo dalla sua educazione vulcaniana e umana, ma anche dal desiderio di onorare e comprendere le diverse culture che fluivano nelle sue vene.
«Le tue parole riguardo la tua famiglia, mi ricorda che tutti noi condividiamo la stessa ricerca di comprensione e appartenenza. Da una parte, posso dirti che non conosco mio padre, quello biologico intendo e forse non avrei dovuto essere così... chiuso nei suoi confronti, ma non ho mai apprezzato il suo rapporto con mia mamma. Il tuo modo è più maturo di affrontare la situazione. Alla fine non capisco se alcuni miei lati caratteriali siano dovuti a lui.» dissi, sinceramente impressionato dalla storia di Haru e dalla sua apertura nel condividere la propria cultura, tanto che decisi di condividere qualcosa di me.

Ascoltando le parole di Haru riguardo al Keethara e alla costruzione di qualcosa che potesse rappresentare il nostro equilibrio interiore, pensai che la metafora non poteva essere più azzeccata, specialmente per me: c'erano momenti in cui per dare risposte a mia figlia, cercavo risposte e significati nelle mie radici e nelle mie esperienze. La possibilità di esplorare queste riflessioni attraverso una pratica così complessa e significativa come il Keethara mi faceva sentire più vicino a Haru, non solo come collega, ma come compagno di viaggio in questa ricerca di autoconsapevolezza.

Appena entrati nella simulazione, il senso di pace e serenità che ci accoglieva era palpabile. Il luogo olografico scelto da Haru era evidentemente progettato per facilitare uno stato di meditazione e introspezione profonda. Guardai Haru con un misto di gratitudine e rispetto, pronto a immergermi in questa nuova esperienza. La sua disponibilità a condividere un pezzo così intimo della sua cultura e il suo essere mi commuoveva.

«Ti voglio ringraziare davvero, per questa opportunità. Sono davvero onorato di poter condividere questo spazio con te, ma per avermi fatto conoscere il Keethara. Sento che non solo mi aiuterà a comprendere meglio la cultura vulcaniana, ma mi fornirà anche preziosi strumenti per la mia personale ricerca di equilibrio.» Le mie parole erano sincere, e l'entusiasmo per quello che stavamo per fare era genuino. La possibilità di immergersi completamente in un ambiente così diverso da quello abituale era uno dei privilegi di lavorare su una nave come l'Enterprise, e la consapevolezza di questo fatto rendeva Alexander ancora più grato per l'opportunità. La meditazione Keethara, un concetto fino ad ora estraneo a lui, prometteva di essere un'esperienza illuminante, non solo per la mente ma anche per l'anima.

"È sorprendente come possiamo viaggiare così lontano nello spazio, incontrare civiltà diverse e ancora trovare modi per esplorare le profondità della nostra mente" riflettei, guardandomi intorno, era tutto davvero meraviglioso.
«Prima di iniziare le nostre routine, posso chiederti dove si trova questo posto? È a dir poco stupendo e mi piacerebbe portarci mia figlia nel caso di una licenza. »
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#14

In the end they'll judge me anyway so, whatever.

Haru Sunak Chekov Umano/Vulcaniano

Rimase qualche minuto a riflettere sulle parole di Alexander prima di dargli una risposta. Non si reputava in grado di dare una risposta approfondita, dato che non aveva tutti i dati per poterlo fare, ma voleva almeno cercare di dare una propria lettura.
Dipende tutto da quello di cui hai bisogno, almeno secondo il mio parere. Se pensi che tuo padre possa darti le risposte ad alcune domande o aiutarti a capire parti di te stesso, allora forse dovresti provare almeno ad avere un confronto con lui. Se invece ritieni che non sia necessario e pensi che non possa darti nessuna risposta, allora non dovresti dispiacerti di essere chiuso nei suoi confronti, soprattutto se ha fatto cose che non approvi.
Fece una pausa, chiedendosi se dovesse o meno condividere la sua esperienza personale per dare una spiegazione più completa. Si rese conto che quello che aveva passato poteva essere un buon esempio per far comprendere cosa significasse fare una ricerca delle proprie origini.

La mia famiglia è piuttosto legata, nonostante tutto i miei genitori avevano sottovalutato l’importanza delle mie origini e mi stavano crescendo solo come un umano. Sono vulcaniano per un quarto e può sembrare poco ma quella piccola parte ha comunque un impatto importante sulla mia vita e non coltivarla mi aveva portato ad avere problemi comportamentali. Fortunatamente i miei bisnonni hanno colto il mio disagio e mi hanno aiutato a trovare un equilibrio, se non fosse per loro forse non sarei qui a lavorare come biologo. Per questo penso sia importante tenere conto delle proprie origini, a volte non si può farne a meno.
La simulazione riguardava una delle sue spiagge californiane preferite, aveva molti ricordi positivi legati a quel posto e spesso si trovava a passare lunghi periodi davanti a quel mare durante il suo periodo da studente dell’Accademia della Flotta stellare. Spesso quando era particolarmente agitato si sedeva in spiaggia e fissava il mare fino a quando non raggiungeva la pace interiore, la mente ritornava lucida e poteva dedicarsi nuovamente ai suoi impegni. 

Per me è un onore, inoltre se hai interesse di scoprire di più sulla cultura vulcaniana, sono sempre disponibile per parlarne. Se invece hai bisogno di un parere o un consiglio per la ricerca del tuo equilibrio personale, puoi contare su di me, ognuno ha un’esperienza diversa ma forse conoscere dettagli di un’altra potrebbe aiutarti a trovare la tua strada.
Haru era sempre ben disposto ad aiutare, ancora di più per il fatto che capiva quanto fosse difficile trovare un equilibrio; anche lui era stato aiutato in passato e certamente non voleva che qualcuno dovesse affrontare quel percorso da solo. 

Spostò lo sguardo dal suo interlocutore alla spiaggia in cui si trovavano e sorrise, il suo volto totalmente sereno mentre sembrava ritornare ai tempi in cui era un giovane studente.
Questa è la simulazione di una spiaggia non molto lontana dall’Accademia della Flotta Stellare, quando studiavo lì e avevo bisogno di un po’ di tempo per me stesso, mi rifugiavo in questa spiaggia per ritrovare il mio equilibrio. 
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#15

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Alexander Jansen Umano/Q

Ascoltai con attenzione le parole di Haru, riflettendo sulla sua esperienza e su come, nonostante le nostre differenze, avessimo molto in comune nel cercare di capire noi stessi e il nostro posto nel mondo. «Apprezzo sinceramente il tuo consiglio e la tua disponibilità a condividere la tua esperienza. La tua storia sul trovare equilibrio con la tua eredità vulcaniana mi fa riflettere sull'importanza delle nostre radici e su come influenzino chi siamo. E, se non sbaglio, immagino dal tuo cognome che i tuoi bisnonni potrebbero essere figure piuttosto note... non deve essere stato facile per te crescere in una famiglia così importante e devo ammettere che anche il mio padre adottivo è una figura molto nota - un avvocato - e questo ha portato le sue sfide. Rifletterò sinceramente su quanto mi hai detto e se vorrai ti farò sapere che cosa succederà.» ammisi, riflettendo su un aspetto personale della mia vita.

Mi guardai intorno, assorbendo l'atmosfera serena della spiaggia californiana nella simulazione. «Questo luogo è davvero incredibile. Comprendo come possa aver aiutato a ritrovare la tua pace interiore e per quanto riguarda la cultura vulcaniana, sarei davvero interessato a saperne di più. Credo che ci sia molto che posso imparare da te e dalla tua esperienza.» commentai, ancora immerso nell'ambiente tranquillo.

Realizzando che forse avevo deviato troppo dal nostro scopo originale di rilassarci e meditare, aggiunsi rapidamente: «Mi scuso, Haru. Dovevamo concentrarci sul rilassarci e invece mi sono lasciato andare un po' troppo nelle chiacchiere.» Offrii un sorriso per chiedergli scusa, riconoscendo il bisogno di tornare allo spirito di pace e contemplazione che il luogo olografico e la nostra sessione di meditazione richiedevano.

«Ma davvero, grazie per questo momento e per essere così aperto e disponibile nei miei confronti Significa molto per me» conclusi, con un tono di gratitudine, pronto a lasciarmi coinvolgere nuovamente dalla calma della spiaggia e dall'opportunità di trovare un equilibrio interiore al fianco di Haru.
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#16

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Haru Sunak Chekov Umano/Vulcaniano

Non accadeva sempre che qualcuno apprezzasse i suoi consigli, spesso le persone si sentivano quasi offese nelle sue proposte quando Haru voleva semplicemente aiutare. Non obbligava nessuno ad ascoltarlo, era il primo  a non farlo quando reputava non buoni i consigli ricevuti; non capiva perché molti li percepissero come un qualcosa di negativo. 
Alexander aveva accennato al suo cognome, fece un cenno con la testa per confermare le parole del collega.
Sì, molti dei miei parenti hanno una carriera illustre nella flotta. Immagino che hai associato il mio cognome a Pavel Chekov e ti confermo che è il mio bisnonno.
Si fece pensieroso quando si trovò a ricordare quante volte era stato sottovalutato o sopravvalutato a causa della sua famiglia, era una cosa che Haru non aveva mai tollerato ma era riuscito a dimostrare il suo valore al di là del suo nome. 

Ammetto che a volte il mio cognome influiva molto sulla valutazione, ho sempre cercato di spiegare agli altri che dovevano valutarmi solo per le mie capacità e non per quello che la mia famiglia aveva fatto. A volte sono stato ascoltato e altre volte ho dovuto dimostrarlo con le mie forze. 
Scosse leggermente la testa, nonostante ancora non aveva iniziato la meditazione, aveva apprezzato la chiacchierata con il collega. Non è un problema, apprezzo che sei così interessato alla mia cultura e che abbia sentito il desiderio di pormi delle domande o di raccontarmi qualcosa. Anche io ti ringrazio per essere aperto a quello che dico e visto che entrambi abbiamo apprezzato, magari possiamo continuare questa chiacchierata in un secondo momento.
Dovevano rilassarsi ora ma Haru ci teneva a far capire al collega che avrebbe apprezzato continuare a parlarne, erano usciti molti temi interessanti che meritavano un approfondimento. Il suo carattere gli imponeva di concedersi un po’ di tempo per la meditazione ma non aveva intenzione di perdere l’opportunità di continuare quel discorso, proporre un altro giorno per parlarne era la soluzione più appropriata e sperava che l’altro accettasse. 
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#17

Evitiamo di sperare che le cose vadano per il meglio, perché fin troppe volte, il meglio non accade.

Alexander Jansen Umano/Q

Ascoltai Haru mentre confermava le sue radici familiari e parlava delle sfide che aveva dovuto affrontare a causa del suo cognome. Era interessante e in qualche modo rassicurante vedere che anche qualcuno con un'eredità tanto illustre come la sua avesse dovuto percorrere un cammino simile al mio nel trovare la propria strada. Avrei voluto fargli un sacco di domande, chiedergli che tipo fossero i suoi bisnonni, o i suoi genitori, ma se c'era una cosa che mi dava fastidio era.. proprio quella, dover rispondere sempre alle domande riguardo mio padre, quando io non ero lui e alla fine, ero praticamente scappato di casa. Pensai che per lui potesse essere una cosa simile.

«Capisco bene il significato del tuo cognome e le sfide che comporta... Da un lato ci si sente orgogliosi di essere membri di una certa famiglia, dall'altro le aspettative possono gravare pesantemente; ma è evidente che tu hai saputo dimostrare il tuo valore per quello che sei e non solo per il nome che porti, il che è davvero ammirevole.» dissi ad Haru, condividendo la sua esperienza.

Poi, decidendo di lasciare spazio a Haru per la sua meditazione, scelsi di concentrarmi sul mio allenamento di pilates, così dissi: «In ogni caso, sono d'accordo, sarebbe ottimo continuare questa conversazione in un altro momento»

Dopo un breve riscaldamento, iniziai un esercizio di bilanciamento, con la palla posizionata sotto i miei piedi mentre le mie mani erano a terra, in posizione di plank. Il mio obiettivo era mantenere la stabilità, tuttavia, proprio mentre sentivo di avere un buon controllo, un pensiero fugace mi distrasse - chissà cosa stavano combinando mia figlia e il cane - e in un attimo, la palla mi sfuggì, rotolando via. Sbuffai leggermente, frustrato dalla mia distrazione, ma poi raccolsi la palla e mi rimisi in posizione, determinato a non lasciare che un piccolo errore mi scoraggiasse.

Successivamente, mi preparai per l'esercizio chiamato "The Hundred", una parte cruciale del Pilates. Disteso sulla schiena, alzai le gambe in posizione a tavola e sollevai la testa e le spalle dal suolo, iniziando a muovere le braccia con energia, respirando in maniera ritmica. Il movimento richiedeva ogni fibra di concentrazione e controllo, coinvolgendo ogni parte del mio corpo.

Terminato "The Hundred", mi sentii più stanco del previsto e non avevo finito tutti gli esercizi che mi ero previsto. La fatica si manifestò non solo nei muscoli, ma anche nella mia respirazione. Mi concedetti un momento per riposare, disteso sulla mia schiena, e mi girai verso il mare, osservando le onde che si infrangevano dolcemente sulla spiaggia virtuale. La vista del mare olografico era calmante, un contrasto piacevole all'intensità dell'esercizio che avevo appena completato.

Mentre osservavo le onde, la tranquillità del luogo mi avvolse. Mi sentii gratificato per la possibilità di condividere questo spazio con Haru, riconoscendo l'importanza di bilanciare il dialogo e l'ascolto con il tempo dedicato al silenzio e alla riflessione personale. Era davvero meraviglioso, mi dissi che potevo tranquillamente riposare ancora un attimo.


I due esercizi che mi piacciono meno, soprattutto il secondo... Laugh
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#18

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Haru Sunak Chekov Umano/Vulcaniano

Sono orgoglioso della mia famiglia, quello senza dubbio, ma ammetto che avrei evitato certamente alcuni sguardi o commenti inappropriati. Sì, penso di aver dimostrato il mio valore, non avrei accettato nessun avanzamento di carriera o proposta se avessi avuto il sospetto che fosse dovuto al mio cognome e non al mio merito.
Non era una questione di mancanza di modestia, Haru era semplicemente sincero e riusciva a guardare le cose con oggettività senza tenere conto della modestia o altri sentimenti simili. Era sincero quando parlava di rifiutare possibili offerte sospette e in passato lo aveva anche fatto in realtà; non c’era motivo di mentire e non giudicava nemmeno chi preferiva usare il suo cognome per ottenere qualcosa, non approvava ma era un modo per raggiungere un obiettivo, la coscienza era di chi decideva di usare quello piuttosto che i suoi sforzi.
Fece un cenno di assenso quando Alexander affermò di voler continuare la discussione in un altro momento ed era felice di saperlo, almeno ora potevano concentrarsi nelle loro differenti tecniche di rilassamento senza sentire di aver perso un’occasione.
Si mise a sedere sotto all’ombrellone e, mentre preparava il necessario per la tecnica di meditazione, si mise a osservare curiosamente quello che il collega stava facendo; fu solo un breve momento prima di mettersi in posizione e chiudere gli occhi.
Si concentrò sul suono del mare e lentamente iniziò a isolarsi da ciò che lo circondava; per il momento c’erano solo lui e il mare. Quando si rese conto di essere riuscito a entrare almeno nella prima fase della meditazione, iniziò a tastare i blocchi che ora si trovavano davanti a lui per scegliere quello che, secondo la sua mente, poteva essere il più adatto per la base. Una volta saggiato le forme con il tocco e averle visualizzate nella sua mente, iniziò a tentare di comporre la sua struttura tenendo rigorosamente gli occhi chiusi. Il mare scandiva il tempo ma allo stesso tempo Haru non percepiva quanto fosse passato realmente, non riusciva nemmeno a captare più i suoni provenienti dal collega; tutto ruotava solo sulla costruzione che stava facendo con i blocchi. 

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#19

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Alexander Jansen Umano/Q

Mentre Haru si dedicava alla sua meditazione, profondamente assorto nella costruzione con i blocchi e completamente isolato dal mondo esterno, io decisi di eseguire ancora qualche esercizio di Pilates, cercando di approfittare di quel momento di tranquillità. Ciascun movimento era meditato, un tentativo di allineare mente e corpo, ma mi resi conto che la mia mente era in tumulto, simile a una pallina impazzita che rimbalza senza sosta. Nonostante il mio sforzo per rilassarmi, la pace sembrava sfuggirmi.

Dopo un po', mi fermai, accettando che forse era meglio per me rientrare. La mia testa continuava a lavorare a pieno ritmo, rendendomi difficile trovare la serenità che cercavo. Mi voltai verso Haru, che era ancora immerso nella sua meditazione, e gli dissi, quando ebbi l'impressione di non disturbarlo «Ti ringrazio davvero per aver condiviso con me questo spazio e la tua meditazione. Apprezzo molto la tua compagnia e l'opportunità di condividere questo momento di pace, anche se la mia mente sembra avere altri piani»

Gli offrii un sorriso, sperando di non disturbarlo troppo con la mia partenza. «Penso che per me sia meglio rientrare ora. La mia testa sta lavorando come una pallina impazzita, e forse ho bisogno di un diverso tipo di rilassamento... prima che torni Lily e tutti i miei piani saltino.»

Salutai Haru con un gesto del capo, pieno di gratitudine per la sua comprensione e la sua amicizia. Poi, mi diressi verso l'arco della simulazione, quel confine invisibile che separava il mondo virtuale da quello reale. Con un ultimo sguardo alla spiaggia olografica, ricca di ricordi e momenti di riflessione, attraversai l'arco, lasciandomi alle spalle il suono del mare e la tranquillità di quella spiaggia virtuale, ma portando con me il senso di connessione e l'apprezzamento per il tempo condiviso con Haru.
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#20

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Haru Sunak Chekov Umano/Vulcaniano

Era difficile visualizzare la costruzione che stava creando, segno che era arrivato proprio al limite e che aveva decisamente bisogno di quella meditazione. Si era stancato troppo in quei giorni e aveva portato la sua mente al limite, fortunatamente quell’esercizio l’avrebbe aiutato a migliorare, a buttare via tutto lo stress mentale. I suoi pensieri stavano diventando più lucidi ora e la sua struttura più stabile ma si fermò quando sentì la voce dell’altra persona presente in quella stanza.
Aprì lentamente gli occhi e si voltò verso il diretto interessato, non sapeva quanto tempo fosse passato ma sicuramente aveva ancora bisogno di continuare.
Per me è stato un piacere, spero che riuscirai comunque a trovare un modo di rilassarti. Se hai bisogno di questa simulazione in futuro, puoi dirmelo e ti darò tranquillamente l’accesso.
Era serio quando diceva che era stato un piacere, dopotutto non l’aveva disturbato se non per avvisarlo che andava via.
Ti auguro una buona giornata, io penso che rimarrò ancora un po’ a meditare.
Dopo aver fatto un cenno della testa per salutarlo, torno a chiudere gli occhi per riprendere da dove era stato interrotto. Sentì l’altro uscire e  proprio in quel momento la sua mente tornò a focalizzarsi sulla struttura; sembrava che la concentrazione fosse migliore di prima, segno che la meditazione stava avendo gli effetti sperati.


Role conclusa! 
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