TSE Andiamo “bene”
#41

Dio forse esiste, Clary, o forse no, ma non credo che abbia importanza. In ogni caso ce la dobbiamo cavare da soli.

Polina Troi-Riker Mezza betazoide


Arrivata alla porta del dottor Kaz, suonai il campanello, sperando che fosse in condizioni migliori di quanto temessi. Attesi qualche istante, e poi la voce sospettosa del dottor Kaz giunse finalmente dall'interno. Sembrava confuso e spaventato, e questo non fece che aumentare la mia preoccupazione.

«Dottor Kaz, sono l'infermiera Polina Riker. Sono qui per controllare le sue condizioni. Abbiamo bisogno di lei in infermeria, ma prima devo assicurarmi che stia bene» risposi, cercando di mantenere la calma nella mia voce.

Aspettai con ansia una risposta e il suo invito ad entrare, non volevo spaventarlo, anche se sapevo bene che ogni minuto contava. Dovevo essere forte e trovare una soluzione, nonostante il panico crescente dentro di me. Ero determinata a fare tutto il possibile per aiutare l'equipaggio della Voyager.. Dottore compreso.



I'm a perfectionist, so my bossiness definitely comes out.

Saff Zaldan

Alle parole del primo ufficiale, annuii.
«Sissignore.» dissi allentandomi di qualche passo, quando all'improvviso, qualcosa planò verso di noi, e mi abbassai istintivamente mentre uno degli ufficiali della sicurezza sparava verso l'alto. L'ombra dell'entità si rintanò tra gli alberi, lasciandoci con i nervi tesi.
Mentre facevamo ciò, un suono strano e inquietante provenne dalla foresta circostante. Istintivamente mi girai verso il rumore, il cuore che batteva forte nel petto, cercando di vedere cosa fosse, ma la vegetazione fitta rendeva difficile individuare la creatura. Il tricorder rilevava segnali di vita, ma non riuscivo a identificarli con precisione.

Mi allontanai leggermente per cercare altri campioni, quando una creatura simile a un grosso rettile emerse dalla vegetazione: le sue squame erano di un verde scuro, quasi nere, e si muoveva con una fluidità inquietante. Passò oltre noi, senza di degnarci di un altro sguardo, tuttavia.. una creatura aliena, simile a un serpente, si avvicinava lentamente

«Comandante, abbiamo compagnia» dissi, cercando di mantenere la calma mentre la creatura si avvicinava. L'ufficiale della sicurezza puntò il phaser verso di essa, pronto a sparare se necessario. La creatura emise un sibilo basso e sembrava essere attratta dai nostri movimenti, ma non mostrava segni di aggressività immediata.

«Resta calmo, e muoviti lentamente«» ordinai all'ufficiale che era rimasto più vicino a me, cercando di ricordare tutte le tecniche di comportamento che avevo imparato durante l'addestramento. Mi chinai a prendere un campione di una pianta che non avevo trovato prima, ma cercai di contattare un paio di volte la nave per chiedere se era arrivata una prima scansione che mi sembrava pertinente, attivando il comunicatore, ma non ricevetti risposta.

«Comandante, le comunicazioni devono essere interrotte. La nave non risponde.» dissi per poi guardare il comandante Paris e avvertirlo del fatto che le comunicazioni con la nave non erano disponibili al momento. «So che non dovrei dirlo, ma dobbiamo trovare un luogo sicuro e aspettare che le comunicazioni vengano ripristinate; non possiamo permetterci di affrontare queste creature senza un piano e non vorrei ucciderle tutte. Potrebbero servire all'ecosistema» dissi, cercando di mantenere la calma.


Giusto per puntare l'ovvio, almeno se siamo bloccati giù.. meglio che lo sappiano anche questi poveri disgraziati Laugh
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#42

Jarem Kaz

Trill Unito

La mente dell'ufficiale medico era confusa e la tensione di certo non lo aiutava a ragionare. Fu solo quando la voce di Polina lo informò che c'era bisogno di lui in infermeria che il trill si costrinse ad uscire da quel torpore che avvolgeva i suoi pensieri. C'era bisogno del suo aiuto... e se una cosa era riuscita a sopravvivere alla confusione causata dalla malattia era che lui era un ufficiale medico. L'ufficiale medico capo della Voyager.

Con quella consapevolezza Kaz si guardò attorno e realizzò che si trovava nella propria cabina. Un'occhiata verso la porta e si ricordò di Polina. L'infermiera. Avanti! disse dopo quello che sarebbe probabilmente parso un tempo interminabile a chiunque non fosse nelle sue stesse condizioni. Prontamente il computer interpretò quella risposta come un'indicazione a sbloccare il meccanismo di chiusura e la porta sibilò, aprendosi sulla stanza in penombra. Ci fu un istante di silenzio, poi il medico fece ricorso a tutta la sua determinazione per uscire da quella situazione di stallo. Sono qui... annunciò, facendosi forza per uscire dal nascondiglio improvvisato dietro alla poltrona della zona giorno, con le mani bene in vista per evitare che la donna potesse considerarlo un atto aggressivo. Che succede? si informò, rivolgendo un'occhiata interrogativa a Polina. Se l'infermiera in quel momento non avesse chiuso la propria mente a tutto ciò che la circondava, avrebbe percepito la confusione dell'uomo, tenuta a malapena a bada dalla determinazione e dal senso del dovere, in una strenua lotta contro la paura e un incombente senso di minaccia.

Nina

MOE Mark IX

Nina rimase sulla soglia per un lungo istante, rendendosi conto che non era stata programmata per quello: era concepita per essere un sistema di emergenza e disattivata non appena l'emergenza fosse terminata. Nessuno aveva previsto che si trovasse bloccata da sola, in infermeria, con dei pazienti che già erano monitorati dalla strumentazione a cui erano collegati e delle informazioni che momentaneamente non aveva la possibilità di riferire. L'ologramma interrogò il proprio programma in cerca di una qualche subroutine che potesse attivare in quella situazione, ma si rese conto, con la rapidità che solo una forma di vita artificiale poteva avere... che non esisteva niente del genere.

Nina fece un passo indietro e la porta si richiuse, poi si guardò attorno e, per la prima volta da quanto era stata attivata, si rese conto che non aveva la minima idea di come occupare il tempo. Si riscoprì a divagare, chiedendosi cosa facessero gli esseri biologici quando non avevano nulla da fare... e si rese conto di non averne la minima idea.
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#43

Dio forse esiste, Clary, o forse no, ma non credo che abbia importanza. In ogni caso ce la dobbiamo cavare da soli.

Polina Troi-Riker Mezza betazoide

Quando la porta del dottor Kaz finalmente si aprì, mi sentii pervasa da una strana miscela di sollievo e apprensione. Il mio istinto betazoide stava lottando per rimanere sotto controllo. Potevo percepire la confusione e la tensione nell'aria, ma dovevo rimanere concentrata sul mio compito. Ero l'unica infermiera disponibile in quel momento, e non potevo permettermi di perdere la calma.

«Dottore, la situazione in infermeria è complicata» iniziai, cercando di mantenere la voce ferma. «Nina ha rilevato una riduzione della carica virale in uno dei pazienti, però, c'è bisogno di un'autopsia, e con la dottoressa Saff ancora sul pianeta e le comunicazioni tagliate, non possiamo permetterci di disattivare Nina e perderne i dati. C'è anche qualcosa di strano nel comportamento degli infetti, sembra che stiano cominciando a riprendere una certa consapevolezza, anche se l'aggressività è ancora dominante.»

Mi sforzai di restare concentrata, tenendo a bada la mia parte betazoide, che tendeva a captare ogni minima emozione attorno a me. In quel momento, la confusione di Kaz e la mia stessa ansia erano quasi travolgenti, ma non potevo permettere che mi distraessero. C'era un lavoro da fare, e dovevamo farlo insieme.

«Abbiamo bisogno di lei in infermeria. La dottoressa Saff sta ancora lavorando sul pianeta, e sembra che la squadra di sbarco stia impiegando più tempo del previsto. Io posso assisterla, ma c'è bisogno della sua guida per completare l'autopsia e prendere decisioni critiche.» aggiunsi, guardando il dottor Kaz con una speranza che non riuscivo a nascondere. Sapevo che non era nelle migliori condizioni, ma la sua esperienza era fondamentale. Attesi la sua risposta, sperando che fosse in grado di superare la confusione e di aiutarci a trovare una soluzione. Sapevo che il peso della responsabilità era grande, ma ero determinata a fare tutto il possibile per proteggere l'equipaggio e riportare la situazione sotto controllo.
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#44

Jarem Kaz

Trill Unito

Mh fu l'unica cosa che riuscì a rispondere il dottore, mentre cercava di dare un senso alle parole della giovane. Normalmente qualche giorno di riposo avrebbe consentito di superare la fase critica della malattia, ma il fatto che la fisiologia del simbionte lo rendesse immune, stava rendendo la situazione particolarmente difficile per il medico: con la confusione che lo aveva assalito, le personalità dei precedenti ospiti sembravano aver trovato via libera ed ora non era nemmeno del tutto sicuro di essere un medico. Jarem... ufficiale medico capo. Jarem. ricordò, più a se stesso che a una già preoccupata Polina. La giovane era ormai talmente vicina che l'uomo la afferrò per un braccio. Sì, ci sono. Sono io. disse l'uomo tra sé e sé, mentre annuiva con decisione. Andiamo in infermeria. convenne, con voce più decisa.

Fuori dalla cabina la situazione sembrava peggiorare di minuto in minuto. Le luci del corridoio avevano cominciato a sfarfallare ad intervalli irregolati, rendendo l'atmosfera particolarmente spettrale. I suoni metallici che riecheggiavano di tanto in tanto, non contribuiano certo a rasserenare l'ambiente. L'uomo mosse un paio di passi prima di fermarsi per rivolgere a Polina un'occhiata interrogativa. Da che parte è l'infermeria? chiese, evidentemente ancora confuso.

Nina

MOE Mark IX

Nina, non potendo disattivarsi e non avendo niente da fare, aveva deciso di rimanersene immobile in un angolo dell'infermeria, ma anche un solo minuto per un programma in grado di compiere miliardi di operazioni al secondo era un tempo incredibilmente lungo. Non era programmata per provare emozioni, ma nel momento stesso in cui vide la porta aprirsi e Polina entrare in compagnia del dottore, fu abbastanza sicura di aver provato la cosa più vicina che potesse esistere a un senso di sollievo. Sapete cos'è successo? si informò, non avendo ricevuto più alcun aggiornamento da quando l'ufficiale della sicurezza si era allontanato per scoprire la ragione del guasto alle comunicazioni. Fu in quel momento che anche le luci in infermeria cominciarono a sfarfallare e Nina con esse.

Sembra esserci qualche problema nei miei emettitori olografici disse, più per completezza che perché ritenesse che i due biologici potessero non averlo notato. Fortunatamente i campi di forza che circondavano i bioletti erano alimentati da un sistema indipendente che non sembrava essere stato colpito, ma poteva essere solo questione di tempo... crede sia possibile farli controllare da un tecnico? chiese l'ologramma, lanciando un'occhiata pensierosa in direzione degli emettitori: non era per il proprio programma che era preoccupata, sapeva che, se gli emettitori fossero saltati, il computer l'avrebbe semplicemente disattivata... ma sapeva anche quanto fosse importante la propria presenza in quel momento e per poter prestare assistenza in sicurezza non poteva permettersi di perdere coesione all'improvviso.
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#45

Dio forse esiste, Clary, o forse no, ma non credo che abbia importanza. In ogni caso ce la dobbiamo cavare da soli.

Polina Troi-Riker Mezza betazoide

Le parole del dottore mi avevano messo in agitazione. Era evidente che stava lottando per mantenere il controllo, per ricordare chi fosse e quale fosse il suo ruolo. Quando mi afferrò per il braccio, cercai di mostrargli un sorriso rassicurante, ma dentro di me l'ansia stava crescendo. Dovevo tenerla a bada, altrimenti rischiavo di trasmetterla anche a lui. Sentivo la sua confusione come una marea che cercava di trascinarmi con sé, ma non potevo permettermi di cedere.

«Va tutto bene, dottore» gli dissi con voce calma, anche se avrei voluto correre fuori di lì. O magari svegliarmi da quel brutto incubo, perché doveva essere un incubo vero? «L'infermeria è da questa parte.» Lo guidai lungo il corridoio mentre le luci continuavano a sfarfallare, creando ombre inquietanti. Ogni tanto, un rumore metallico riecheggiava in lontananza, come se qualcosa o qualcuno si stesse muovendo nelle viscere della nave. Era una situazione che avrebbe messo a dura prova i nervi di chiunque, ma per Kaz, che stava già combattendo contro la sua stessa mente, doveva essere ancora più difficile.

Quando finalmente arrivammo in infermeria, mi sentii sollevata nel vedere Nina ancora lì, anche se il suo stato instabile mi preoccupava. Il fatto che fosse capace di percepire una sorta di “sollievo” al nostro arrivo mi fece quasi sorridere. Era strano pensare a un programma olografico come a qualcosa di più di un semplice strumento, ma in quel momento avevamo bisogno di lei più che mai.

«Non so cosa sia successo alle comunicazioni» risposi, cercando di mettere in ordine le informazioni nella mia testa mentre parlavo. «Abbiamo bisogno di stabilizzare gli emettitori olografici, altrimenti rischiamo di perdere anche te e senza di te, non possiamo andare avanti con l'autopsia né monitorare i pazienti in sicurezza.» per poi guardare Kaz.

«Dottore, possiamo occuparci della situazione tecnica mentre lei riprende in mano il controllo dell'infermeria,» dissi con un tono che speravo fosse fermo e sicuro. «Se riusciamo a mantenere Nina attiva, possiamo completare l’autopsia e capire cosa stia accadendo con il virus. Forse troveremo qualcosa che ci permetta di elaborare una nuova strategia, magari con il ritorno della dottoressa Saff.» dissi, non credendoci nemmeno un istante di un ritorno a breve termine della squadra di sbarco.

Mi resi conto che stavo parlando più a me stessa che a lui. Cercavo di convincermi che avevamo ancora delle opzioni, che potevamo ancora fare qualcosa, ma con le comunicazioni interrotte e l’accesso limitato, dovevo essere creativa. Almeno avevo l'impressione di rendermi utile in un mometo del genere.

«Nina, ci serve un modo per attirare un tecnico qui. Forse possiamo inviare un segnale d’emergenza direttamente attraverso i sistemi della nave, bypassando le comunicazioni principali. Se c'è qualcuno ancora operativo nei livelli inferiori, potrebbe riceverlo e aiutarci.» dissi, ricordando una cosa che avevo origliato da una delle discussioni di mio padre che aveva fatto qualche anno prima, non ricordavo fosse stato con lo zio Jean-Luc o con Sorek. Forse dati i miei ricordi, non troppo nitidi a riguardo, la prima opzione era quella corretta.  Sarebbe andato a buon fine? Sarebbe riuscito a qualcosa? Non ne avevo idea.

Mentre aspettavo che Nina processasse l’idea, sentii un nodo allo stomaco. Dovevo mantenere il controllo, non solo per me stessa, ma per l'intero equipaggio. Avrei potuto crollare in un secondo, ma non era il momento per farlo.
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#46

Jarem Kaz

Trill Unito

Kaz si lasciò cadere sulla sedia della scrivania, raccogliendo la propria testa tra le mani per qualche secondo mentre cercava di fare ordine nel caos che in quel momento la stava affollando. Da qualche parte, in un angolo della sua mente, c'era la distinta impressione che fosse suo dovere fare qualcosa e l'uomo fece ricorso a tutto il suo addestramento per riuscire a farsi strada tra quel mare di emozioni che non riconosceva come proprie. Prese un respiro profondo, poi un secondo e via così, finché il chiacchiericcio nella sua testa parve diminuire, dandogli un istante di tregua. Solo allora aprì nuovamente gli occhi e si alzò per sintetizzare un'altra dose del farmaco contro la febbre iktariana, per poi iniettarselo.

Lentamente i suoi pensieri cominciarono a fluire di nuovo, la situazione a farsi più chiara. L'infermeria sembrava abbandonata a se stessa con un'infermiera evidentemente sotto stress a gestirla e un medico olografico progettato per prendere ordini, non per sostituire un vero medico. Polina aveva parlato di un'autopsia e non fu difficile intuire di chi si trattasse: uno dei pazienti sui bioletti era stato coperto con un telo da capo a piedi e i dati collegati al bioletto comprendevano il suo nominativo. Trasferisco il paziente all'obitorio e inizio a preparare l'autopsia. Riker, non perda tempo con quel programma, segnali il malfunzionamento ai tecnici e poi mi raggiunga giù in obitorio, se non può eseguire l'autopsia dovremo occuparcene noi. disse sbrigativo, mentre recuperava i diari della dottoressa Saff per controllare cosa fosse successo in sua assenza, prima di lasciare la stanza.

Nina

MOE Mark IX


Nina lanciò un'occhiata in direzione dell'ufficiale medico capo: era chiaro dalla sua subroutine di riconoscimento del comportamento che non nutrisse una grande considerazione nei suoi confronti, ma visto che il suo precedente tentativo di comunicare con lui si era concluso con il medico che terminava bruscamente il suo programma, valutò che non fosse il caso di rivolgersi a lui, sebbene ritenesse che ciò che stava facendo non fosse corretto: con l'accesso che la dottoressa Saff le aveva dato alle cartelle e ai diari medici, poteva monitorare l'assunzione di farmaci di tutti i pazienti, ufficiali medici compresi, e quella che Kaz aveva appena preso era una dose superiore alle norme consentite, che gli avrebbe molto probabilmente causato una serie di effetti collaterali. In condizioni normali un altro ufficiale medico glielo avrebbe fatto notare o lo avrebbe tenuto sotto controllo... ma quella non era una situazione normale.

I malfunzionamenti agli emettitori, tuttavia, richiedevano un'attenzione più immediata. Avvio il programma di diagnostica annunciò, mentre già interrogava gli emettitori sull'origine del malfunzionamento ... sembra essere un malfunzionamento nella rete di energia continuò, ricevendo quelle informazioni mano a mano che la diagnostica interrogava le varie componenti hardware. Il che spiegherebbe anche il problema con le luci... si permise di aggiungere, alzando lo sguardo verso il soffitto. Forse per gli esseri umani quel continuo sfarfallare dell'illuminazione della stanza non costituiva un grosso problema, ma per i suoi sensori era un inferno: compensare quelle variazioni irregolari richiedeva grandi risorse di elaborazione e rischiava di surriscaldare l'elaboratore centrale, oltre a rallentare il suo programma.

L'idea dell'infermiera di bypassare le comunicazioni principali non era male, c'era solo un piccolo problema: sono un medico, non un ingegnere: non so come bypassare le comunicazioni spiegò Nina con tono dispiaciuto. Tuttavia... aggiunse, lanciando un'occhiata ai pazienti distesi sui bioletti. Prese nuovamente il tricorder medico per controllare le condizioni del tenente Kentar e, di nuovo, lo strumento parve confermare ciò che aveva cercato di comunicare al capitano il tenente Kentar è un ingegnere, secondo i miei dati sta rispondendo positivamente alla cura. Penso di poterlo risvegliare... ma non sono sicura che il dottor Kaz approverebbe fu costretta ad ammettere, considerando come l'uomo l'aveva trattata fino a quel momento.
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#47

Dio forse esiste, Clary, o forse no, ma non credo che abbia importanza. In ogni caso ce la dobbiamo cavare da soli.

Polina Troi-Riker Mezza betazoide

La situazione in infermeria era tesa, ed io sentivo crescere dentro di me una morsa sempre più stretta. Non avevo mai avuto così tanta responsabilità sulle spalle, e il peso di ogni decisione che prendevo sembrava moltiplicarsi con il passare dei minuti. Cercavo di mantenere la calma, di tenere sotto controllo la mia natura betazoide, ma ogni tanto avvertivo delle onde di emozioni travolgenti che facevo fatica a ignorare.

Kaz sembrava immerso nel suo mondo, confuso e affaticato dalla febbre iktariana. Quando si lasciò cadere sulla sedia, il suo viso tirato, capii che era al limite, proprio come me. Ma mentre io cercavo disperatamente di tenere insieme i pezzi della situazione, lui lottava semplicemente per mantenere la lucidità. Lo osservai in silenzio, chiedendomi come avrebbe gestito le cose.

Quando parlò dell'autopsia, fui colta di sorpresa. «Riker, non perda tempo con quel programma, segnali il malfunzionamento ai tecnici e poi mi raggiunga giù in obitorio...» Le sue parole mi scossero, ma cercai di mantenere il controllo. Lo guardai mentre si alzava e lasciava la stanza, apparentemente più determinato dopo aver sintetizzato una dose extra del farmaco

Le parole di Nina mi riportarono alla realtà. Il malfunzionamento del sistema energetico e delle comunicazioni ci stava lasciando sempre più isolati. Il panico cominciava a farsi strada dentro di me, ma lo tenni sotto controllo a fatica. Kaz era il capo medico, ma chiaramente non in condizione di fare scelte lucide; mentre mi concentravo sulle parole di Nina, una possibilità si fece strada nella mia mente. Il tenente Kentar era un ingegnere e, stando alle analisi di Nina, stava rispondendo bene alla cura. Forse, solo forse, poteva aiutarci a sistemare la situazione. Sapevo, però, che Kaz non avrebbe approvato il risveglio di un paziente in fase di recupero. Esitavo, consapevole del rischio, ma non avevamo molte altre scelte.

«Nina... risveglia il tenente Kentar» dissi, con una calma che non sentivo davvero. «È la nostra unica possibilità. Se possiamo evitare di compromettere ulteriormente la situazione, dobbiamo farlo. Il dottor Kaz potrebbe non essere d'accordo, ma in questo momento dobbiamo agire per il bene dell'equipaggio. Se il dottore chiede qualcosa, sono pronta a prendermi la responsabilità».

Sentii un'ondata di determinazione attraversarmi mentre pronunciavo quelle parole. Mio padre mi avrebbe detto che il comando non era mai facile, ma che prendersi le responsabilità era ciò che definiva un vero ufficiale. Se tutto fosse andato storto, ne avrei affrontato le conseguenze ma per ora, dovevo pensare a salvare l'equipaggio. Dopo aver dato l'ordine, mi rivolsi rapidamente al terminale più vicino e segnalai il malfunzionamento del sistema energetico e delle comunicazioni ai tecnici, sperando che potessero intervenire il prima possibile.

Mi voltai di nuovo verso Nina, che si preparava a risvegliare il tenente Kentar. L'attesa mi sembrava interminabile. Fissavo il bioletto con ansia, pregando che il risveglio del tenente fosse senza complicazioni. Mi sentivo nervosa, ma cercavo di mascherare le mie emozioni dietro una facciata di calma. La mia parte betazoide faceva fatica a trattenere le sensazioni di paura e incertezza, ma non potevo lasciarmi andare al panico.

Finalmente, il monitor del bioletto emise un suono familiare, segno che il tenente Kentar si stava risvegliando. Respirai profondamente e mi avvicinai per verificare le sue condizioni. I suoi occhi si aprirono lentamente e, anche se sembrava ancora confuso, era sveglio. Mi preparai a spiegargli la situazione, ma sapevo che dovevamo agire in fretta. Le sue capacità ingegneristiche avrebbero potuto fare la differenza.

«Tenente Kentar, abbiamo bisogno del suo aiuto. Il sistema energetico e le comunicazioni sono compromessi, e siamo bloccati. Può fare qualcosa per sistemare la situazione?», gli chiesi con un tono deciso ma rassicurante.

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#48

Nina

MOE Mark IX

D'accordo rispose Nina, mentre già stava sintetizzando uno stimolante per risvegliare l'ingegnere. Non ci volle molto perché il farmaco iniziasse a fare effetto, i valori indicati dal monitor cominciarono ad oscillare, poi l'uomo mosse leggermente le dita. Prima furono piccoli movimenti ritmici, poi più decisi, finché non sussultò, spalancando gli occhi all'improvviso con un'espressione di panico stampata in volto. Nina si avvicinò, assicurandosi di essere nel campo visivo del bajoriano. Tenente, sono Nina, il medico olografico. annunciò con voce calma, nonostante la sua interfaccia continuasse a sfarfallare ad intervalli irregolari cerchi di respirare a fondo, ho bisogno che si calmi prima di disattivare il campo di contenimento. Ha capito? chiese, lasciandogli un istante per guardarsi attorno.

Il volto del bajoriano si piegò in una smorfia, come se avesse appena mangiato qualcosa di disgustoso, infatti deglutì un paio di volte. Tenente Kentar, come si sente? Riesce a capire quello che dico? provò ancora l'ologramma, sapendo che probabilmente gli sarebbe servito qualche minuto prima di riuscire a focalizzare la situazione, dopo giorni passati preda di uno dei peggiori virus che avessero mai incontrato. Ciò che l'uomo rispose non fu molto rassicurante: fu un verso inintellegibile, grave e aggressivo. Nina scosse la testa, recuperando il tricorder medico per un'ulteriore analisi che confermava ciò che già sapeva: Kentar stava rispondendo alla cura. Le tracce del virus nel suo corpo erano ormai minime. Non rilevava segni di danni irreversibili. Perché, allora, il suo comportamento era rimasto quello degli altri infetti? Non capisco... ammise, trasferendo i dati del tricorder al monitor, in modo che anche Polina potesse vederli al di là del campo di forza. Dovrebbe capire ciò che gli sto dicendo... precisò sconsolata.

Sono... dove sono? biascicò Kentar, quasi non ricordasse più come muovere la propria bocca. Nina si voltò nuovamente verso il paziente, recuperando il suo sorriso cordiale come se l'uomo avesse appena chiesto una pomata per l'orticaria, invece che essersi appena ripreso da una patologia mortale. In infermeria. E' stato contagiato da un virus alieno e ha passato quasi due settimane in stato di incoscienza disse, semplificando la situazione e glissando su uno o due dettagli. Come si sente? chiese, sfarfallando di nuovo. Il tricorder che aveva tra le mani cadde a terra e l'ologramma attese che la sua interfaccia si stabilizzasse un poco prima di raccoglierlo e appoggiarlo su un tavolino.

Che sta succedendo? chiese Kentar, con un'aria un po' più lucida, mentre il suo sguardo passava dal medico olografico alle luci altrettanto instabili dell'infermeria.
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