24-08-2024, 09:29 PM
La mia vita è dedicata alla grandezza di Cardassia. Ogni decisione, ogni azione è rivolta al bene del nostro popolo e alla sicurezza del nostro impero.
Mindur Damar Cardassiano
Non appena varcammo la soglia, mi voltai per rivolgere un’ultima occhiata a Torak. Era immerso nei suoi pensieri, già proiettato verso la complessità del progetto che lo attendeva. Perfetto. Tutto si stava muovendo nella giusta direzione; mentre ci avvicinavamo al corridoio, Ailam non poté fare a meno di commentare, «Potrei dire altrettanto, ma immagino che il vero divertimento per me inizierà una volta di fronte al dispositivo.»
«Sicuramente.» dissi pacatamente.
Dopo un istante, sentimmo la voce di Torak chiamarmi con una nota che tradiva una leggera urgenza, per quanto fosse bravo a mascherarla. «Damar!» Si alzò dalla sua poltrona con studiata lentezza, cercando di mantenere il controllo. Mi voltai verso di lui con la mia espressione usuale, un misto di cortesia e impassibilità. Era il momento in cui avrebbe ceduto, ne ero certo.
Avevo raggiunto il mio obiettivo. Tutto stava andando esattamente come previsto. Torak si era lasciato catturare dalla sua stessa curiosità, mentre Ailam, con la sua compostezza professionale, aveva svolto il suo ruolo alla perfezione. Era così prevedibile. Il vero lavoro era iniziato nel momento in cui avevo intuito quali leve toccare per spingere Torak verso la decisione che desideravamo. Non era stato difficile; era sempre lo stesso gioco di influenze, aspettative e, infine, l’offerta di qualcosa di irrinunciabile. E ora eccoci qui, al punto di non ritorno.
Quando Torak chiese, con apparente nonchalance, «Dove si trova?», sapevo che aveva già deciso di accettare. Tuttavia, la mia risposta doveva essere calibrata con attenzione. Dovevo dargli esattamente ciò che desiderava sapere, senza mai rivelare tutto. La verità, ma solo in parte.
«Il dispositivo si trova su Ibanar VII» dissi pacatamente.
Osservai attentamente la loro reazione. Vidi il modo in cui queste informazioni si sedimentavano nella loro mente. Ibanar VII non era un luogo che avrebbe attirato facilmente l'attenzione: un pianeta in gran parte desolato, disseminato di rovine lasciate dai Fondatori e da vecchie strutture del Dominio. La popolazione autoctona era ridotta e poco propensa a interferire. Era, in breve, il nascondiglio ideale per un dispositivo che poteva rappresentare una svolta o una minaccia, a seconda di chi lo possedesse.
Volevo lasciare che quelle informazioni facessero il loro corso, ma sapevo che Torak avrebbe voluto ulteriori dettagli, conferme che potessero tranquillizzarlo sul fatto che tutto fosse stato pianificato nei minimi particolari. E così proseguii, con la stessa calma e precisione.
«La località esatta è un sito remoto e ben nascosto, scelto appositamente per garantire la massima discrezione. I dettagli più specifici saranno forniti una volta che ci metteremo in viaggio, ma posso garantirle che ogni precauzione è stata presa per evitare occhi indiscreti.»
Il silenzio che seguì le mie parole era carico di tensione. Era quel tipo di attesa che separa la razionalità dal desiderio, quel momento in cui una persona deve decidere se fidarsi del proprio istinto o cedere alle proprie ambizioni. Vidi nei suoi occhi che la battaglia interiore era finita. L’avidità scientifica aveva prevalso. Sapeva che non poteva rinunciare a una scoperta del genere.
Fissai Torak, mantenendo il contatto visivo per qualche istante in più del necessario, giusto per lasciargli intendere che ogni passo in questa operazione era stato calcolato. «Ovviamente, avremo tutto il supporto logistico necessario per il trasporto e la sicurezza. Quanto tempo avete bisogno per prepararvi?» chiesi.
Mi girai verso Ailam, che aveva guadagnato un poco della mia simpatia in tutto questo processo, mi chiesi se anche Torak ci sarebbe riuscito alla fine della missione. «Sembra che la nostra piccola gitarella stia prendendo forma, ma il vero divertimento per voi due sta per iniziare, come ha detto lei stesso.» La mia voce era carica di quella cortesia fintamente calorosa che utilizzavo nei momenti di tensione.
«Sicuramente.» dissi pacatamente.
Dopo un istante, sentimmo la voce di Torak chiamarmi con una nota che tradiva una leggera urgenza, per quanto fosse bravo a mascherarla. «Damar!» Si alzò dalla sua poltrona con studiata lentezza, cercando di mantenere il controllo. Mi voltai verso di lui con la mia espressione usuale, un misto di cortesia e impassibilità. Era il momento in cui avrebbe ceduto, ne ero certo.
Avevo raggiunto il mio obiettivo. Tutto stava andando esattamente come previsto. Torak si era lasciato catturare dalla sua stessa curiosità, mentre Ailam, con la sua compostezza professionale, aveva svolto il suo ruolo alla perfezione. Era così prevedibile. Il vero lavoro era iniziato nel momento in cui avevo intuito quali leve toccare per spingere Torak verso la decisione che desideravamo. Non era stato difficile; era sempre lo stesso gioco di influenze, aspettative e, infine, l’offerta di qualcosa di irrinunciabile. E ora eccoci qui, al punto di non ritorno.
Quando Torak chiese, con apparente nonchalance, «Dove si trova?», sapevo che aveva già deciso di accettare. Tuttavia, la mia risposta doveva essere calibrata con attenzione. Dovevo dargli esattamente ciò che desiderava sapere, senza mai rivelare tutto. La verità, ma solo in parte.
«Il dispositivo si trova su Ibanar VII» dissi pacatamente.
Osservai attentamente la loro reazione. Vidi il modo in cui queste informazioni si sedimentavano nella loro mente. Ibanar VII non era un luogo che avrebbe attirato facilmente l'attenzione: un pianeta in gran parte desolato, disseminato di rovine lasciate dai Fondatori e da vecchie strutture del Dominio. La popolazione autoctona era ridotta e poco propensa a interferire. Era, in breve, il nascondiglio ideale per un dispositivo che poteva rappresentare una svolta o una minaccia, a seconda di chi lo possedesse.
Volevo lasciare che quelle informazioni facessero il loro corso, ma sapevo che Torak avrebbe voluto ulteriori dettagli, conferme che potessero tranquillizzarlo sul fatto che tutto fosse stato pianificato nei minimi particolari. E così proseguii, con la stessa calma e precisione.
«La località esatta è un sito remoto e ben nascosto, scelto appositamente per garantire la massima discrezione. I dettagli più specifici saranno forniti una volta che ci metteremo in viaggio, ma posso garantirle che ogni precauzione è stata presa per evitare occhi indiscreti.»
Il silenzio che seguì le mie parole era carico di tensione. Era quel tipo di attesa che separa la razionalità dal desiderio, quel momento in cui una persona deve decidere se fidarsi del proprio istinto o cedere alle proprie ambizioni. Vidi nei suoi occhi che la battaglia interiore era finita. L’avidità scientifica aveva prevalso. Sapeva che non poteva rinunciare a una scoperta del genere.
Fissai Torak, mantenendo il contatto visivo per qualche istante in più del necessario, giusto per lasciargli intendere che ogni passo in questa operazione era stato calcolato. «Ovviamente, avremo tutto il supporto logistico necessario per il trasporto e la sicurezza. Quanto tempo avete bisogno per prepararvi?» chiesi.
Mi girai verso Ailam, che aveva guadagnato un poco della mia simpatia in tutto questo processo, mi chiesi se anche Torak ci sarebbe riuscito alla fine della missione. «Sembra che la nostra piccola gitarella stia prendendo forma, ma il vero divertimento per voi due sta per iniziare, come ha detto lei stesso.» La mia voce era carica di quella cortesia fintamente calorosa che utilizzavo nei momenti di tensione.