TSE Recuperare e studiare il dispositivo, grazie
#31

La mia vita è dedicata alla grandezza di Cardassia. Ogni decisione, ogni azione è rivolta al bene del nostro popolo e alla sicurezza del nostro impero.

Mindur Damar Cardassiano

Non appena varcammo la soglia, mi voltai per rivolgere un’ultima occhiata a Torak. Era immerso nei suoi pensieri, già proiettato verso la complessità del progetto che lo attendeva. Perfetto. Tutto si stava muovendo nella giusta direzione; mentre ci avvicinavamo al corridoio, Ailam non poté fare a meno di commentare, «Potrei dire altrettanto, ma immagino che il vero divertimento per me inizierà una volta di fronte al dispositivo.»
«Sicuramente.» dissi pacatamente.
Dopo un istante, sentimmo la voce di Torak chiamarmi con una nota che tradiva una leggera urgenza, per quanto fosse bravo a mascherarla. «Damar!» Si alzò dalla sua poltrona con studiata lentezza, cercando di mantenere il controllo. Mi voltai verso di lui con la mia espressione usuale, un misto di cortesia e impassibilità. Era il momento in cui avrebbe ceduto, ne ero certo.

Avevo raggiunto il mio obiettivo. Tutto stava andando esattamente come previsto. Torak si era lasciato catturare dalla sua stessa curiosità, mentre Ailam, con la sua compostezza professionale, aveva svolto il suo ruolo alla perfezione. Era così prevedibile. Il vero lavoro era iniziato nel momento in cui avevo intuito quali leve toccare per spingere Torak verso la decisione che desideravamo. Non era stato difficile; era sempre lo stesso gioco di influenze, aspettative e, infine, l’offerta di qualcosa di irrinunciabile. E ora eccoci qui, al punto di non ritorno.

Quando Torak chiese, con apparente nonchalance, «Dove si trova?», sapevo che aveva già deciso di accettare. Tuttavia, la mia risposta doveva essere calibrata con attenzione. Dovevo dargli esattamente ciò che desiderava sapere, senza mai rivelare tutto. La verità, ma solo in parte.

«Il dispositivo si trova su Ibanar VII» dissi pacatamente.

Osservai attentamente la loro reazione. Vidi il modo in cui queste informazioni si sedimentavano nella loro mente. Ibanar VII non era un luogo che avrebbe attirato facilmente l'attenzione: un pianeta in gran parte desolato, disseminato di rovine lasciate dai Fondatori e da vecchie strutture del Dominio. La popolazione autoctona era ridotta e poco propensa a interferire. Era, in breve, il nascondiglio ideale per un dispositivo che poteva rappresentare una svolta o una minaccia, a seconda di chi lo possedesse.

Volevo lasciare che quelle informazioni facessero il loro corso, ma sapevo che Torak avrebbe voluto ulteriori dettagli, conferme che potessero tranquillizzarlo sul fatto che tutto fosse stato pianificato nei minimi particolari. E così proseguii, con la stessa calma e precisione.

«La località esatta è un sito remoto e ben nascosto, scelto appositamente per garantire la massima discrezione. I dettagli più specifici saranno forniti una volta che ci metteremo in viaggio, ma posso garantirle che ogni precauzione è stata presa per evitare occhi indiscreti.»

Il silenzio che seguì le mie parole era carico di tensione. Era quel tipo di attesa che separa la razionalità dal desiderio, quel momento in cui una persona deve decidere se fidarsi del proprio istinto o cedere alle proprie ambizioni. Vidi nei suoi occhi che la battaglia interiore era finita. L’avidità scientifica aveva prevalso. Sapeva che non poteva rinunciare a una scoperta del genere.

Fissai Torak, mantenendo il contatto visivo per qualche istante in più del necessario, giusto per lasciargli intendere che ogni passo in questa operazione era stato calcolato. «Ovviamente, avremo tutto il supporto logistico necessario per il trasporto e la sicurezza. Quanto tempo avete bisogno per prepararvi?» chiesi.

Mi girai verso Ailam, che aveva guadagnato un poco della mia simpatia in tutto questo processo, mi chiesi se anche Torak ci sarebbe riuscito alla fine della missione. «Sembra che la nostra piccola gitarella stia prendendo forma, ma il vero divertimento per voi due sta per iniziare, come ha detto lei stesso.» La mia voce era carica di quella cortesia fintamente calorosa che utilizzavo nei momenti di tensione.

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#32

On Cardassia, family is everything.

Ailam Darhe'el Cardassiano

Quando Torak chiamò Damar, Ailam rilasciò mentalmente un sospiro di sollievo. Era andata. Non sarebbe stato costretto a lavorare con un sostituto trovato all'ultimo ma avrebbe collaborato con un esperto. Non sapeva granché dell'ingegnere ma si fidava del giudizio dei Servizi Segreti: se Damar diceva che era il migliore, lo era. Ailam poteva solo sperare di essere la sua altezza: genio o meno, era indubbio che gli mancasse esperienza. No, sperare non è il termine giusto. Pensò. Mi impegnerò al massimo per dimostrarmi degno della fiducia offertami.

Mentre si prometteva quello silenziosamente, Torak aveva proseguito a parlare, accettando ufficialmente l'incarico. Alla sua domanda finale, Ailam tornò a prestare la sua completa attenzione alla conversazione. Ibanar VII? Ripeté, con un lieve tono interrogativo. Era quasi certo di aver già sentito nominare quel sistema ma faceva fatica a collegare il nome con le necessarie informazioni. Non importa, farò qualche ricerca prima della partenza.

Qualche ora farebbe comodo. Ammise. Ho già un kit pronto in laboratorio per queste evenienze, ma vorrei passare da casa per recuperare il resto del necessario. Vestiti, scarpe adatte e tutta quell'oggettistica che serviva per la vita di tutti i giorni e l'igiene personale. Avrebbe dovuto anche avvisare i suoi, possibilmente di persona. Sua madre dava già di matto con Regis lontano da casa, non gli sembrava il caso di lasciarle solo un messaggio sul comunicatore. Qualcosa di particolare che consiglia di portare? Domandò, non sapendo esattamente cosa lo aspettasse sul pianeta. Ho il permesso di venire armato?
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#33

L'arte è fatta per disturbare, la scienza per rassicurare.

Elan Torak Cardassiano

Elan non era mai sceso su Ibanar VII, ma conosceva il pianeta... e non in positivo. Ai tempi dell'occupazione da parte del Dominio, i Fondatori vi avevano stabilito una delle proprie basi, militarizzando l'area circostante. La nave su cui lavorava all'epoca era entrata un paio di volte nel sistema e ogni volta che si erano fermati in orbita attorno al pianeta, i membri dell'equipaggio che per un motivo o per l'altro erano scesi lo descrivevano come un luogo uscito da un incubo. Erano ormai passati diversi anni da allora, ma Elan non poté fare a meno di provare comunque un vago senso di inquietudine, che fece del proprio meglio per nascondere. Capisco rispose laconico, mentre rifletteva silenziosamente su quell'informazione.

Non solo si trattava di un sistema remoto, ma se era stata presa ogni precauzione per evitare occhi indiscreti, presumubilmente quelle stesse misure avrebbero evitato comunicazioni discrete e non. Senza contare che il fantomatico "luogo segreto" sarebbe stato, con buona probabilità, protetto da misure atte a prevenire non solo la fuga di notizie, ma anche di testimoni. Se qualcuno avesse voluto liberarsi di un personaggio scomodo, quello era certamente il luogo migliore. Lo sguardo dell'uomo si fece serio mentre valutava quell'eventualità. Aveva qualche asso nella manica che forse gli avrebbe consentito di ingannare le tecnologie dell'intelligence... ma scappare da un pianeta militarizzato a fini di ricerca sarebbe stato difficile, se non impossibile, persino per lui. Avrebbe dovuto affidarsi alla buona fede di Damar, il che non sembrava al momento una pospettiva particolarmente allettante.

Mi dia un'ora rispose Elan, quando Damar chiese quando potevano essere pronti a partire: i propri bagagli li aveva già preparati nel caso in cui quella visita al suo laboratrio si fosse rivelata più un tentativo di omicidio che una chiacchierata, ma contava di utilizzare quel tempo per recuperare una serie di dispositivi dal magazzino, che avrebbero reso più semplice contattare un eventuale soccorso nel caso in cui l'uomo che li aveva reclutati si fosse dimostrato meno interessato al dispositivo e più ad altri scopi. Non vedo l'ora di poter cominciare disse sincero, condendo le proprie parole con un tono ossequioso che solitamente non gli apparteneva, nella convinzione che se non avesse creato ulteriori problemi, le sue prospettive di sopravvivenza sarebbero state molto più rosee. A differenza di Ailam, tuttavia, non aveva la minima intenzione nemmeno di considerare l'idea di presentarsi disarmato.
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