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TFB Andando verso New Vulcano
#11

T'Dal Zayrus

Vulcan

La guardai. Apprezzo la tua sincerità. Lo so, i miei sentimenti e non avrei mai affermato che sotto alla mia dura corazza a prova d'urto di vulcaniana tutta d'un pezzo, forse creata per sentirmi più vulcaniana di tanti alti vulcaninai, una di quelli che non ti aspetteresti mai che possedeva una metà umana, mi rende diversa, ma troppo diversa e spesso emarginata, i metà vulcaniani e metà umani non sono ben visti, soprattutto quando partono per la federazione. dissi con tranquillità per poi ascoltare la sua situazione per lei che era una betazoide. Non doveva essere facile. In quel momento, pensai che i sentimenti, seppur nella sterelità logica in cui li avevo relegati, mi avevano sempre aiutato ad analizzare e stare tranquilla. Fino a quel momento, c'era qualcosa che non andava.
Non ho nulla da nascondere, nei miei pensieri. E lo sai che non ho mai considerato il tuo essere betazione un problema, anzi. E poi non sembra interessante conoscere i fatti altrui.
Annuii quando mi chiese se erano già passati sette anni. Ripensai a quanto era successo, al dramma che avevo provato e allo spavento che mi ero presa. Avevo sentito ribollire il sangue, era stata un'esperienza davvero terribile e sapere che sarebbe tornato.. non l'avrei augurato a nessuno. L'avevo conosciuta in quella situazione e direi che aveva giovato entrambe e forse, il fatto che fosse in qualche modo la mia unica amica.. mi faceva sentire in qualche modo al sicuro.
Si, sette anni. Lo sento nel sangue, qualcosa sta cambiando. E credo che non sia solo per il.. chiusi gli occhi per un attimo, decidendo poi di chiamare le cose con il suo nome Ponn Farr. Credo che sia anche qualcosa d'altro e non vorrei che si trattasse di Mestral, il ragazzino a cui sono stata promessa.lasciai cadere il discorso, non avevo mai parlato nemmeno con lei di Mestral, ma ormai le carte erano in tavola.
Quando mi chiese se potevo provare quello che provava lei, dopo una fusione mentale, mi trovai ad annuire seppure distrattamente. Certo che posso, ma non credo sia appropriato. ammisi guardandola. Sapevo che lei poteva gestirli, ma io?
#12

Korinna Suder

Betazoid

"E poi non sembra interessante conoscere i fatti altrui" concluse T'Dal. Non potei fare a meno di ridacchiare "oh... non travisare, ogni tanto lo è: il tenente Allen s'è preso una cotta per il guardiamarina Hill, ma lei non sa cosa fare, perché ha un'amicizia complicata con un vulcaniano che non conosco e vorrebbe che diventasse qualcosa di più... ho perso il finale quando ci hanno trasferite, ma è meglio dei nostri oloromanzi" scherzai "io comunque faccio il tifo per Allen... faccio del mio meglio per non impicciarmi, ma ci sono alcune emozioni che sono più difficili di altre da zittire, è come se me lo urlassero nelle orecchie, poi provaci tu a farti gli affari tuoi!". Sorrisi, notando che sì... effettivamente c'era stato un cambiamento. Forse la vita della mia amica stava diventando più complicata, ma lei era più matura, più serena. Era forse la prima volta in assoluto che la sentivo pronunciare "Ponn Farr". Anni prima avrebbe preferito morire che ammettere l'esistenza di una cosa del genere con chiunque. "Mestral?" chiesi, afferrando la palla al balzo. Se sperava di accampare qualche vulcanianissima scusa per cambiare argomento era fuori strada. Non me ne aveva mai parlato. In effetti non sapevo nemmeno che anche su Vulcano fossero d'abitudine i matrimoni combinati. Trafficai con la consolle che avevo davanti, facendo comparire sullo schermo l'immagine di un betazoide sui trent'anni, all'ingresso del modulo abitativo di una stazione di ricerca. "Questo è il mio. Si chiama Nat... non lo vedo da quando avevo... boh? Due anni o giù di lì. Sto cercando di contattarlo, a quanto pare è un tipo sfuggente... ma se la testa è come il corpo stai sicura che non me lo faccio scappare" annunciai, facendo sparire l'immagine. T'Dal, nel frattempo, sembrava tornata alla sua abituale ritrosia: "Certo che posso, ma non credo sia appropriato" rispose alla mia proposta di una fusione mentale. "Appropriato?" chiesi perplessa "oh, andiamo! Resteremo bloccate su questa navetta per un bel po'... sai che se ti rifiuti ti torturerò finché non mi rivelerai a voce tutto quello che non mi hai mai raccontato di questo Mestral, vero?" scherzai.
#13

T'Dal Zayrus

Vulcan

Guardavo la ragazza con attenzione, commentando semplicemente la situazione riguardo i tenente Allen e il guardiamarina. Situazione alquanto imbarazzante. avrei tenuto le orecchie tese, per curiosità, ma non avrei scoperto nient'altro.
Non so se quando tornerò ci saranno sviluppi, ma se hanno bisogno di un parere vulcaniano, credo che verranno a cercare a me quasi all'istante. E comunque, credo che con un pò di logica, riusciresti a farti.. gli affari tuoi. risposi cercando di far sottointendere che stavo scherzando ed era una battuta. Triste, ma per i miei standard, era già il massimo a cui si poteva aspirare.
Quando mi chiese Mestral? io la guardai con l'aria più innocente del mondo. Mestral. risposi con una scrollata di spalle, per poi guardare la foto di un betazoide sulla trentina. Lo guardai memorizzandone alla svelta i tratti, per poi rispondere Mhm. Lo troverai, senza dubbio. la mia amica era una persona tenace e non avevo dubbi che riuscisse a farlo in breve tempo. Dopo poco aggiunsi Devi sapere che avevo dimenticato questo discorso fino ad un paio di giorni fa. All'eta' di 7 anni sono stata telepaticamente unita con un giovane vulcaniano di nome Mestral; meno di un matrimonio ma più di un fidanzamento, l'unione ci avrebbe ricongiunti non appena raggiunta la giusta età.. Nonostante il rifiuto dell'epoca, voglio dargli una seconda possibilità. Non fare quella faccia, non ho mai rivelato questa informazione a nessuno. Vorrei poterti raccontare qualcosa di più, ma è complicato, non so molto di Mestral, ricordo solo che era un ragazzino magro dagli occhi chiari e che lavora alle scienze vulcaniane.. A parte questo, è un'incognita. ammisi, richiamando una foto dal mio pianeta natale. Un membro molto rinomato delle scienze vulcaniane.
D'accordo, alla vada per la fusione mentale, come sempre e come ben sai, le porte si aprono a doppio senso. dissi staccandomi dal monitor. Avrei cercato di mostrarle solo qualcosa della mia vita. Rari spezzoni, ma avrei cercato di evitare i ricordi riguardanti mio padre, non volevo ritornarci. Misi le mani sulle sue tempie e feci un mezzo sorriso. Pronta?
#14

Korinna Suder

Betazoid

Ridacchiai alla battuta di T'Dal... non tanto per la battuta in sé, quanto piuttosto per l'idea che un vulcaniano si mettesse a fare dell'umorismo: aveva del paradossale, ma era un buon segno. Fui felice di scoprire che la mia amica credeva nelle mie possibilità di rintracciare questo Nat... sapevo che non sarebbe stato facile, ma in fondo era meglio così: il mio gusto per il mistero e le novità era finalmente solleticato da qualcosa. Un qualcosa di abbastanza forte da mettere in secondo piano la tristezza, la confusione e le difficoltà di lasciare la Flotta. Poi avrei finalmente rivisto i miei genitori, li avrei nuovamente sentiti... comunicare da dietro un monitor non era la stessa cosa. Osservai la foto che T'Dal mi mostrava "come sempre e come ben sai, le porte si aprono a doppio senso" mi annunciò. Mi limitai ad annuire, lasciando che si avvicinasse. Per quanto mi riguardava non avevo questioni irrisolte né segreti. L'unica cosa che non avevo mai rivelato a nessuno era la spinosa faccenda del coinvolgimento della Sezione 31 nella nostra ultima missione... un segreto che tuttavia non avevo la minima intenzione di nasconderle, visto il mio ritiro: era bene che qualcuno del giro sapesse cosa stava succedendo. L'ammiraglio Sheppard poteva considerarlo il mio ultimo "regalo". Sorrisi. In fondo in quel modo avrei mantenuto la mia parola: non avrei detto niente a nessuno. "Pronta" risposi, lasciando cadere tutte le mie difese mentali: lì nel bel mezzo dello spazio non ne avevo bisogno, volevo invece accogliere la mia amica, permettendo che scoprisse quello che voleva, nella speranza che capisse che non c'era niente di male nel lasciarsi andare, nel vivere fino in fondo la natura delle cose, volevo farle sentire che non rendeva più vulnerabili, ma più forti. Con le razze senza capacità telepatiche era facile coltivare le emozioni dei singoli, sopire quelle negative, instillare qualche pensiero che da soli non avrebbero mai avuto, senza che si accorgessero di nulla. Con i vulcaniani non avevo mai provato, ma speravo che T'Dal mi avrebbe permesso di interferire se nei suoi pensieri avessi trovato qualcosa che la faceva soffrire.
#15

T'Dal Zayrus

Vulcan

Unii la mia mente con la sua. Decisi di mostrarle qualcosa prima, qualsiasi cosa. Le mostrai una versione di me e Mestral da bambini, all'unione, la mia riluttanza e la mia paura. L'abbraccio che ci eravamo dati, la promessa che sarebbe andato tutto bene e ci saremmo ritrovati. Un paio di uscite e poi, persi di vista.
Eppure, nonostante non avessi voluto, ecco riproporsi, lentamente, come tante piccole scene di teatro, che componevano come tessere di un puzzle tutto ciò che concerneva mio padre: tutto passò di fronte ai nostri occhi.
Il bullismo subito quando ero piccola. Il mio rifiuto del mio essere umano, che sembrava affliggere solo me, anche se non ero esattamente metà vulcaniana e metà umana. Il mio rifiuto di diventare una sacerdotessa, la lettera di raccomandazione di un mio professore che potevo usare per l'entrata della Federazione, mio padre che accolse la notizia con distacco, Elieth che con la fredda razionalità ammise di essere contento per la scelta, il saluto freddo che io e mio padre ci eravamo dati alla partenza, con la promessa di tornare presto sul discorso. La notizia della morte di mio padre e mio fratello, il pianto disperato di mia madre, il mio dolore, l'abbraccio di mio fratello. Fragilità emotiva. La lettera di ammissione della federazione. Freddezza. Gli incubi frequenti e l'eterna insoddisfazione. La paura, la frenesia, poi il freddo e il vuoto. La logica e la calma imposta. La partenza per la federazione, accolta con apparente entusiamo. Il mio disagio nel tornare a casa su Vulcano. Il Ponn Farr, la sorpresa mischiata a paura e sensazioni indescrivibili. La mancanza di aria. La morte certa. La salvezza e la mia chiusura in me stessa. L'esplosione di Vulcano mentre ero all'accademia e la disperazione, il mio chiudere tutti i ponti con la mia gente, fino a che non sarei stata pronta per tornare a casa. La telefonata di Elieth e la paura che era svanita lasciando spazio al sollievo. Il freddo della logica che ancora, copriva tutto e mi faceva vedere tutto da dietro un vetro.
Fino a che.. ecco una scena chiave.

"Sei così giovane" disse un vecchio professore di medicina dell'accademia fissando la T'Dal poco più che adolescente che sedeva davanti a sè "eppure hai lo sguardo vecchio, come se avessi vissuto per secoli. Cosa ti è capitato? Ti senti bene? In fondo hai visto Vulcano esplodere, anche se da dietro un monitor"
Un mio pensiero interruppe i miei pensieri vuoti.
Chissà se arriverà mai il momento in cui non sentirò più niente. Il dolore è costante, come se avessi lo stomaco pieno di topi. Mi pare di provare solo questo adesso. Non c'è una parte di me che non prova dolore.
"Le posso assicurare, dottore, che è solo stanchezza. E l'esplosione non compromette i miei studi in accademia." L'omettere una verità. Il silenzio.
"So dei tuoi incubi, sono tornati recentemente. Ne vuoi parlare? So che sono molto frequenti. Vuoi parlarne con qualcuno? Magari vuoi provare a tornare a casa." iniziai a sentire rimbombare quelle parole. Tornare a casa. Ed ecco instillarsi nuovamente la paura. Il silenzio, la calma forzata, il gelo che bloccò ogni sentimento e lasciava dietro il silenzio.
Dico davvero, non c'è bisogno di preoccuparsi.
Se ha bisogno di me, sa dove trovarmi, T'Dal."
Si signore.


Ed era proprio quella versione di me, giovane adolescente dagli "occhi vecchi" che faceva i primi passi nella mente di Korinna. Silenziosamente, lentamente.
Ero io, la me stessa più genuina. Quella impaurita, quella che si sentiva sola. Cercai un ricordo di Korinna. Uno qualsiasi, che mi guidasse.
#16

Korinna Suder

Betazoid

Freddo, tristezza, dolore, più di quanto fosse umanamente possibile sopportare mi assalirono all'improvviso. Impiegai qualche istante a rendermi conto che quelle emozioni non mi appartenevano e l'istinto mi suggerì di chiudere rapidamente la mia mente, come avrei fatto in una stanza piena di gente. Dovetti fare appello a tutta la mia esperienza, tutte le ore passate ad esercitarmi, ma riuscii a controllare quell'impulso, permettendo a T'Dal di andare avanti, di mostrarmi la sua vita. All'inizio erano solo immagini confuse, scene che scorrevano troppo velocemente per poter essere afferrate. Era un tipo di telepatia molto diverso da quello a cui ero abituata, più profondo, più intimo. Mai avrei immaginato che una razza come i vulcaniani potesse nascondere una simile gamma di emozioni a tal punto che perfino io riuscivo a percepirne solo una debole eco. Mi si strinse il cuore nel vedere la freddezza di quella famiglia; qualcosa tentava di convincermi che era giusto così, che mostrare emozioni era sbagliato, pericoloso... ma non mi lasciai tentare: abbracciai quella giovane T'Dal. Sapeva che suo fratello e suo padre le volevano bene e cercai di falsare il suo ricordo, dando forza a quella convinzione perché riuscisse ad aggrapparvisi, perché capisse che quello che aveva fatto per loro era sufficiente e riuscisse finalmente a lasciarli andare. Per un attimo mi sentii persa: insoddisfazione, paura... era come camminare un un edificio pericolante, volevo aiutarla, ma non sapevo da che parte cominciare. Il Ponn Farr che tanto odiava... e anche qui controllo, sensi di colpa. Fui tentata di mettere mano a quel ricordo, ma qualcosa mi suggerì che non me l'avrebbe mai perdonato. Più mi addentravo nei suoi ricordi più mi rendevo conto di quanto fosse orgogliosa, di come volesse... e potesse... affrontare tutto ciò che avevo visto. Lasciai quel mio pensiero accanto alle sue insicurezze, in modo che se ne ricordasse ogni volta. Nascondendosi dietro alla sua logica, se preferiva.

"Se ha bisogno di me, sa dove trovarmi, T'Dal" concluse il professore di medicina. Ancora freddo, paura, silenzio. Avevo ormai capito che quello era il suo modo per affrontare le cose... ma forse potevo farle capire che non era l'unico modo. Mi accorsi che mi cercava e la accolsi, lasciandole sfogliare le pagine della mia vita: un'immagine della casa di famiglia, immersa nel verde. I fiori colorati del giardino, i semi che raccoglievo e curavo con pazienza, la magia di veder sbucare prima un germoglio, poi una piantina. La mia piantina... e mia madre al mio fianco, pronta ad entusiasmarsi come se quella fosse stata la prima piantina che vedeva nascere in vita sua. Mio padre assente per lavoro, il vuoto che aveva lasciato in casa e l'attesa del suo ritorno: la mamma intenta a cucinare e io e i miei fratelli impegnati in improbabili cartelli di bentornato, disegnati con i colori che sporcavano mani e tavolo. Una gita al museo con papà, che sapeva tutto e ci raccontava le strane usanze di alieni dai volti strani. Alcuni mettevano un po' paura, ma papà ci spiegava come riusciva a fare andare d'accordo tutti. L'ammirazione per mio padre, i suoi racconti su quella grande famiglia chiamata "Federazione", le sue speranze, i miei sogni, il desiderio di diventare come lui, il test per entrare all'accademia... le prime delusioni.

"Puoi ritentare l'anno prossimo" disse mio padre, sedendosi accanto a me sulla panca in veranda. Scossi la testa: "non credo di volerlo" risposi, delusa. Era una vita che sognavo di entrare all'accademia. L'avevo immaginata come un posto pieno di gente curiosa, generosa... e l'avevo scoperta un posto pieno di gente maleducata, falsa e ambiziosa... ma la cosa che più mi aveva terrorizzata era quel senso di insoddisfazione che avevo percepito un po' dovunque. Come poteva mio padre lavorare con gente del genere e considerarlo una cosa meravigliosa? Lo sentii sorridere e ne ricercai la ragione tra i suoi pensieri: "viviamo in un universo pieno di forme di vita, alcune culture non sono mai riuscito ad accettarle, ma tutte mi hanno insegnato qualcosa. Devi capire se è quello che vuoi. Se deciderai di entrare all'accademia dovrai confrontarti con culture diverse, imparare a convivere con loro... non sarà facile, ma saremo al tuo fianco. E ci saremo anche se decidessi di rimanere qui. Potresti diventare una linguista, entrare all'universitò di Betazed... che ne dici?" mi rispose telepaticamente. Appoggiai la schiena contro il muro di casa, osservando il sole tramontare. "Credo che l'accademia sarà una gran bella avventura" risposi, pensandolo davvero... e nonostante tutto... sì. Lo era stata. Forse era proprio questa la ragione per cui ora, lasciare tutto, era tanto difficile...
#17

T'Dal Zayrus

Vulcan

Sin dall'inizio cercai in qualche modo di non fare sentire il peso dei miei dannatissimi sentimenti a Korinna e una parte di me, si aggrappò ad una rarissima fiamma, che fosse speranza?, che la betazoide riuscisse a sostenere tutto. Sapevo che non era facile, perchè i miei sentimenti erano più profondi e incasinati in confronto a quelli di altre specie, forse anche quelle degli umani. I miei pensieri erano diversi, spesso l'unico era davvero mio fratello che era in parte riuscito sostenerli da una parte, era davvero complicato per me che ci ero abituata "a resistere", a gettare una coperta gelata su tutto che mi sconvolgeva. Una parte di me, era come se gridasse nelle mie orecchie rivedendo quelle scene che non dovevo cedere, che i sentimenti erano qualcosa di sbagliato, un errore, un qualcosa che dovevo imparare a cancellare a piccoli passi. Era così doveva essere sempre, anche se per altri poteva essere sbagliata. Mi aggrappai per un istante a questa consapevolezza, quando Korinna abbracciò la "piccola me", quella che si stava approcciando per davvero a tutto il processo, quella che mostrava cosa mi era successo e che tremava, come se avesse paura. E in effetti, quella versione di me, ne aveva.. nonostante lo sguardo era il mio, quello serio, quello "vecchio". Forse avevo iniziato a capire cosa volesse dire quel dottore, forse il mio animo non era ancora pronto. Dovevo affrontare un paio di questioni irrisolte.

Guardavo i suoi ricordi e mi ritrovai a sorridere seppur debolmente, mentre guardavo la casa della famiglia immersa nel verde, sembrava così tanto verde, un verde a cui non ero abituata. Vidi i fiori, le piantine che crescevano e Korinna con quella che doveva essere sua madre a curarli, la loro gioia. Guardavo tutto quello che voleva mostrarmi con viva curiosità. Avevo provato i sentimenti legati alla lontananza del padre che conoscevo molto bene, avevo visto l'eccitazione di scrivere e abbellire cartelloni colorati di cui mi chiedevo l'effettiva utilità, ma ad un certo punto furono i musei che avevano attratto la mia attenzione. Le avevano messo paura, soprattutto le faccie lievemente distorte di alcune delle statue. Io inclinai il capo e ricordai di avere letto qualcosa in proposito, mi ricordavano un capitolo di un vecchissimo tomo che mio padre mi aveva regalato anni prima. Mi guardavo intorno ammirata e poi ascoltai la discussione con suo padre.
Doveva essere un uomo saggio e comprensivo, nella mia esistenza non sapevo come si gestivano certe cose e mi limitai a metterle una mano sulla spalla con fare gentile. Abbozzai un sorriso. Non era dovuto essere facile per lei, ma cercai di farle capire che dopo tutto stava facendo la scelta migliore e che comunque non l'avrei abbandonata.

Ad un certo punto mi venne un'idea. Volevo farle vedere un pensiero felice, che non avevo mai condiviso con nessuno. Forse dopo tutte quelle cose brutte che le avevo fatto vedere, mi sentivo in debito.
La mia piccola casa nella città mercantile di Vulcana Regar. Era uno di quei classici giorni in cui ero ancora una bambina di quattro anni circa con i propri sentimenti, che lentamente si stava approcciando alla logica seguiva il proprio padre che mi portava in giro con il suo fare tranquillo e pacato, tenendo le mani un pò dietro la schiena un pò lungo i fianchi mantenendo una figura perfettamente eretta. Io cercavo di imitarlo, ma dato che molto spesso tenevo gli occhi puntati su di lui inciampai. Mi guardò con aria seria, facendo un cenno di rialzarmi. T'Dal, alzati e sistemati i pantaloni, li hai sporcati di terra. disse con tranquillità, indicando il punto giusto dove li avevo sporcati e mi misi ad aggiustarli sotto la sua supervisione. Non appena ebbi la sua approvazione, mi mise dietro la schiena e camminammo così per qualche istante.
Devi fare attenzione a dove metti i piedi, rimanendo ben dritta. Con un pò di pratica ci riuscirai nei migliore di modi. Ti porto a vedere una cosa. Mi ritrovai a sorridergli mentre mi fissava con i suoi occhi blu intensi di cui avevo ereditato il colore e l'intensità. Nemmeno Elieth li aveva così, bensì molto più chiari. Il suo sguardo fiero era stato qualcosa di impagabile e lo seguii.
#18

Korinna Suder

Betazoid

Stavo ancora pensando a quanto mi mancasse mio padre quando mi resi conto che non era mio padre che stavo guardando e che la bambina che si era appena inciampata sui propri piedi non ero io. Non potei fare a meno di sorridere intenerita da quella scena: questo era un lato di T'Dal che non conoscevo. Per me era sempre stata un ufficiale della flotta... razionalmente sapevo che doveva aver avuto un'infanzia anche lei, per quanto strana... ma mi riusciva difficile riconoscerla in quella bambina. "Alzati e sistemati i pantaloni" la rimproverò il vulcaniano che era con lei. Rimasi combattuta per un istante, persa tra la disapprovazione per quei pantaloni sporchi di terra e qualcosa che dentro di me si ribellava; non c'era niente di male! Vidi la piccola rialzarsi, sistemarsi e lo sguardo del vulcaniano mi colpì: fiero di me... di lei. Era tutto così confuso, lontano dai valori in cui credevo... e allo stesso tempo sembrava tutto così giusto... no. Non andava affatto bene. Quella cosa mi piaceva sempre meno: il padre di T'Dal era un mostro, tutta la sua famiglia... era malata! I suoi pensieri... completamente fuori di testa e la cosa peggiore era che mi stavo lasciando contagiare da quella follia! Basta. Non ero di aiuto così. Cercai nuovamente i miei pensieri e li usai per proteggermi, per alzare le mie difese naturali e respingere quella presenza estranea... ma più provavo ad allontanarla più un mal di testa martellante sembrava volermi rendere difficile la cosa.
#19

T'Dal Zayrus

Vulcan

Sentii il fatto che Korinna iniziava a sentirsi a disagio, e stava a sentirsi poco bene. Decisi così di lasciare la presa, lasciando la sua mente libera da ogni mia intromissione e la guardai desolata. Quella persona ero io, i miei sentimenti, la mia vita incasinata eppure piena di una propria logica: da noi su vulcano i bambini venivano educati diversamente, non venivano aiutati, ma semplicemente banalizzando forse fin da piccola abituati a cavarcela.
Rimasi a lungo in silenzio, guardando davanti a me: quella era la mia famiglia, le persone a cui ero legata e da cui comunque sarei sempre tornata.
Mi dispiace. mi limitai ad ammettere guardandola per un istante.
#20

Korinna Suder

Betazoid

Sentii T'Dal ritrarsi, ma non riuscii del tutto ad allontanarla da me. Riuscivo ancora a percepirla, nonostante ora si trovasse a un paio di passi di distanza. Chiusi gli occhi con forza, piegando leggermente la testa, massaggiandomi le tempie con le mani. Non sapevo cosa pensare... era tutto così confuso... passò un lungo istante, durante il quale nessuna delle due disse niente. Poi fu T'Dal a rompere il silenzio: "Mi dispiace" si scusò. Sospirai, mi raddrizzai sulla mia sedia, scossi la testa, senza sapere bene cosa rispondere. La verità era che non riuscivo ad accettarlo. Capivo che per lei fosse giusto, che non aveva altra scelta. Ma sentivo anche che la faceva soffrire... e a me era stato insegnato che qualunque cosa facesse soffrire era sbagliata... e quello era uno sbaglio di proporzioni plenetarie. Non potevo accettarlo, a maggior ragione dopo aver sentito quello che una simile cultura aveva fatto alla mia amica. Il mal di testa stava rapidamente passando e, piano, piano, i miei pensieri stavano riprendendo il giusto corso, permettendomi di ragionare di nuovo, di dare il giusto posto a tutto ciò che avevo visto: "non ti preoccupare. Sopravviverò" risposi, recuperando il mio sorriso. Un sorriso forzato. Al momento mi riusciva stranamente difficile... mi alzai, passeggiando avanti e indietro nello spazio limitato che la navetta consentiva. Qualcosa non andava. Mi fermai all'improvviso, riuscendo finalmente a intercettare quel pensiero che mi infastidiva. Posai la mano sullo schienale della sedia della vulcaniana: "T'Dal... credi che potremo continuare ad essere amiche, anche se non riesco ad accettare quello che ti hanno fatto i tuoi genitori, quello che ti ha fatto la tua gente, né quello che adesso stai facendo a te stessa?" mi informai.
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