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TFB Destroying an Empire to win a war is no victory
#1

Nérios Aev s'Rehu

Vulcan/Romulan

Ancora mezzo addormentato, Syvar poteva sentire sotto di lui la morbidezza del materasso su cui era disteso e il dolce peso delle calde coperte che ricoprivano il suo corpo. Con gli occhi ancora chiusi, si ritrovava in un mondo scuro, velato dal rosso del sole che filtrava tra le sue palpebre.  Doveva essere giorno, poté considerare, mentre la sua coscienza pian piano riaffiorava dalla dolce oscurità del sonno. Era giorno e i raggi del sole filtravano dalla finestra. Doveva essere nella sua camera, nella villa del padre a Ki Baratan. Mentre il pensiero gli cadeva sul patrigno Maiek, d’un tratto Syvar si ritrovò sveglio. Col cuore che batteva a mille, aprì leggermente gli occhi e mosse impercettibilmente il collo, per osservare cosa lo circondava. No, non si trovava nella sua camera: quella era la cabina di un’astronave e la luce che era filtrata tra le sue palpebre non era quella del sole ma quella delle fioche luci artificiali della cabina. E, dal design e dalle dimensioni della camera, Syvar poté rendersi conto di non trovarsi su di un’astronave qualsiasi, e soprattutto non su di un’astronave romulana. Non si trovava sulla IRW Khazara o su di un’altra nave della Galae, e questo significava che non era nelle mani del generale s'Kiell o del pretore s'Khev, ma sulla piccola nave vulcaniana di suo padre, la Ti'Mur, ora unità di spionaggio della Tal’Shiar. E, da come erano andate le cose, non era nemmeno sicuro che fosse una buona notizia sapere di essere nelle mani del suo patrigno, Maiek s'Rehu, il presidente della Tal’Shiar.

Quando fu certo di essere il solo nella cabina, Syvar si permise di alzarsi a sedere, smettendo di fatto di fingere di star dormendo. In verità, era ben cosciente di come il fatto che non ci fosse nessuno con lui non dimostrasse che non c’era nessuno a sorvegliarlo: la Ti’Mur, da quando era stata revisionata dalla Tal’Shiar, era una nave estremamente sicura, dove nulla poteva accadere al di fori dello sguardo degli occhi elettronici del sistema di sorveglianza. Di conseguenza, con ogni probabilità in plancia c’era qualcuno che lo stava monitorando dal terminale del computer e, salvo distrazioni, in quel momento stava informando chi di dovere del fatto che lui si era svegliato.  Quindi doveva muoversi velocemente. Buttando le coperte malamente di lato e senza preoccuparsi per il fatto di essere in pigiama, il ragazzo si alzò e si diresse a passo spedito verso la porta. Per quanto non si aspettasse che fosse aperta, mise la mano sul sensore, in modo da accertarsene e poi, più rapidamente possibile, smontarlo (con qualsiasi cosa che avesse trovato di utile nell’alloggio) e sabotarlo. Così, quando imprevedibilmente la porta si aprì al suo tocco, Syvar non poté fare a meno di trasalire. Non era prigioniero? O Maiek non si preoccupava dell’eventualità che lui uscisse dalla stanza. Probabilmente, a quel punto, il suo patrigno si stava facendo una bella risata davanti al terminale, ma non per questo il romulano aveva intenzione di arrendersi. Magari era impossibile sfuggire alla Tal’Shiar, ma lui era un agente della Tal’Shiar quindi poteva avere qualche possibilità. Avrebbe raggiunto l’hangar e avrebbe rubato uno shuttlecraft… e… e sarebbe stato centrato, con ogni probabilità, da un raggio phaser della Ti’Mur. D’un tratto lucido e calmo, Syvar si rese conto che i suoi piani erano particolarmente inutili e piantati in aria. Non sarebbe riuscito a fuggire così facilmente, non alla Tal’Shiar e non al suo patrigno. E, in ogni caso, se era ancora vivo significava che Maiek s’Rehu non lo voleva morto. Quindi perché tentare la fuga? Aveva diverse domande da fare al suo patrigno e avrebbe preteso che quel bastardo gli spiegasse le sue azioni. Non se ne sarebbe andato da lì fino a quando il presidente della Tal’Shiar non avesse risposto alle sue domande. Un obbiettivo irraggiungibile? Forse sì, forse no, dopotutto lui era il figlioccio del presidente e il legittimo imperatore. Magari la sua furia valeva ancora qualcosa.
Con un sospiro, Syvar rientrò nell’alloggio da cui era appena uscito e aprì il guardaroba. Prima si sarebbe cambiato, poi sarebbe andato in plancia a pretendere spiegazioni. Anche perché un imperatore in pigiama non è di sicuro il massimo.
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