TFB Gli esploratori dell'Arca Perduta
#31

Where I come from, if someone saves your life, you don't stab them in the back.

James T. Kirk Umano

Jim ricambiò il complimento con un leggero sorriso: gli facevano piacere quelle dichiarazioni di fiducia ed affetto da parte dell'equipaggio, ma allo stesso tempo gli ricordavano che poi avrebbe dovuto dimostrarsi all'altezza di ciò che aveva fatto in passato. Non sarebbe stato un problema se fosse stata solo una questione di buona volontà… ma all'attivo poteva vantare il salvataggio della Terra, dell'umanità e forse dell'intero quadrante. Il suo pensare in maniera creativa ed agire al momento giusto erano stati solo parte degli elementi che avevano portato al successo, il resto era dovuto alle circostanze, all'aiuto e talvolta al sacrificio di chi aveva attorno. L'esperienza gli aveva insegnato che non c'era alcuna garanzia che quel particolare intreccio di contingenze si sarebbe ripetuto in futuro e che salvare la situazione non significava poter salvare tutte le persone coinvolte come avrebbe voluto. Per questo ridacchiò, sollevato, quando Haruka convenne che ciò che avevano fatto era pura follia farò il possibile... ammiccò, quando la giapponese si raccomandò di non ripetere una simile situazione.

Comunque credo di poter fare qualcosa per aiutarla nelle... iniziò, interrompendosi all'improvviso perché poco più avanti qualcosa, seminascosto tra gli arbusti, aveva attirato la sua attenzione. Izar! chiamò con decisione: ogni traccia di allegria, presente fino a pochi istanti prima, era completamente scomparsa dalla sua voce, mentre sbarrava la strada ad Haruka. Davies, distratto dal discorso e dal suo guardarsi attorno, non se ne rese conto in tempo e finì letteralmente addosso alla collega oh, mi perdoni! disse titubante, allungando il collo per capire cosa fosse successo così all'improvviso.

Pochi metri più avanti, seminascosta tra gli arbusti, faceva capolino l'uniforme rossa di Izar, disteso a terra sul sentiero. Jim fece segno a Morozov di andare a controllare restate qui aggiunse in direzione del gruppo di archeologi, indicando loro un vecchio albero nodoso dal tronco imponente che avrebbe potuto fornire loro una discreta protezione, mentre Morozov li superava con il phaser spianato per raggiungere il collega a terra. L'uomo sembrava semplicemente svenuto: attorno a lui non c'era alcun segno di colluttazione, né ferite sul suo corpo che potessero indicare un qualche tipo di incidente. Jim raggiunse prudentemente l'uomo a terra respira constatò, dandogli qualche generoso colpetto sulla spalla nel tentativo di risvegliarlo. Non rilevo alcuna presenza a parte noi in quest'area valutò Morozov, con lo sguardo che saltellava dal proprio tricorder alle piante circostanti forse si è inciampato ipotizzò, indicando una radice poco distante. Jim seguì lo sguardo dell'ufficiale addetto alla sicurezza: l'idea che un uomo esperto come Izar potesse farsi del male da solo in modo tanto stupido era effettivamente talmente assurda da sembrare plausibile. Oltretutto sembrava essere l'unica spiegazione possibile. Il capitano si concesse una smorfia insoddisfatta mentre raggiungeva il proprio comunicatore: Kirk a Enterprise, mi serve un teletrasporto in infermeria per il guardiamarina Izar annunciò. Non passò più di una manciata di secondi prima che il corpo steso a terra scomparisse tra la statica del teletrasporto e la voce seccata dell'ufficiale medico capo si intromettesse nella comunicazione Jim, si può sapere che avete combinato stavolta? chiese McCoy con fare sbrigativo.

È quello che vorrei sapere da te: ci siamo separati per una ventina di minuti. Abbiamo ritrovato Izar così… sospettiamo una caduta accidentale spiegò, cercando conferma nello sguardo di Morozov, ma il russo non sembrava aver trovato altre spiegazioni più convincenti nel frattempo: l'area era tranquilla, c'era qualche creatura aliena nei paraggi, tuttavia Izar non riportava alcun segno di aggressione, né di reazione allergica. Le tracce sul terreno lasciavano intendere che, per una volta, si fosse effettivamente trattato di sfortuna. Morozov si accucciò a studiarle con maggiore attenzione: tutto sembrava indicare che Izar fosse effettivamente inciampato sulla radice. Jim osservò i movimenti del russo, giungendo contemporaneamente alla stessa conclusione: ti terrò aggiornato nel caso in cui scoprissimo qualcos'altro comunicò al medico, chiudendo poi la conversazione.

Le rovine non erano ormai molto distanti e, a non più di una decina di metri di fronte a loro, si trovava la collina ricoperta di vegetazione che poche ore prima aveva attirato l'attenzione di Jim. Rimanga qui a tenere d'occhio l'area, ma si faccia mandare qualcuno di supporto: finché non sapremo cosa è accaduto realmente, meglio essere prudenti. ordinò il capitano in direzione di Morozov. Solo allora si rivolse nuovamente in direzione dei tre ricercatori, che erano rimasti ad osservare la scena da qualche passo più in là Liepmann, mi dà una mano? chiese, raggiungendo un'apertura nella struttura: l'aveva creata lui stesso, era grande a sufficienza da poter scivolare all'interno con un po' di fatica, ma con l'aiuto dell'archeologo contava di riuscire ad allargarla il tanto necessario da poterla attraversare comodamente con tutta l'attrezzatura. All'interno avrebbero trovato una sala interamente ricoperta dagli stessi simboli che avevano notato sulla struttura del ponte. L'illuminazione fornita dalle torce sarebbe andata a rafforzare quella naturale, fornita da alcune muffe bioluminescenti che ricoprivano parte della parete. Qua e là alcuni pannelli con dei computer integrati nella struttura avrebbero forse consentito loro di recuperare ulteriori informazioni, se gli ufficiali avessero trovato un modo per riattivarli… ma senza una fonte di energia compatibile, avrebbero continuato per secoli a custodire i loro segreti.

La butto lì... se riusciamo a sbrigarci ad entrare, gli alieni possono mettere KO anche Morozov prima che abbia tempo di chiamare una squadra della sicurezza Tongue poi si potrebbe fare che l'edificio è schermato e i comunicatori all'interno non funzionano, così anche se McCoy scopre che non si è inciampato, non può comunicarcelo.
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#32

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Haruka Abe Umana

Il capitano si era offerto di aiutarla. Riguardo a cosa non era ben chiaro, considerando che non aveva terminato la frase, ma Haruka non si sarebbe sorpresa se, in una delle successive missioni, si fossero fermati a studiare una cultura aliena. Per un brevissimo istante assaporò quella speranza, poi il tono della voce di Kirk spostò la sua attenzione sulla possibile emergenza in corso. Allarmata, si fermò bruscamente. Non fece in tempo a comprendere cosa stesse succedendo che qualcuno le venne addosso, spingendola di un passo in avanti. Alle immediate scuse di Davies, rispose con un Non si preoccupi, sollevata che si trattasse solo di lui e non di un attacco nemico. Ma cosa stava succedendo?

Seguendo le indicazioni del capitano, Haruka si spostò assieme allo staff non combattente al riparo del grosso albero. Fu solo allora che notò la presenza sul sentiero del corpo esanime del guardiamarina Izar. A quella visione, si ritrovò a trattenere il respiro. La conferma che era ancora vivo giunse poco dopo, alleviando di un poco la sua tensione. Osò rilassarsi solo quando fu accertato che doveva essersi trattato di un incidente e Izar fu teletrasportato a bordo.

Rimase in silenzio mentre riprendevano la marcia, preferendo osservarsi attentamente attorno a continuare la conversazione interrotta. Incidente o meno, un po' di prudenza era d'obbligo dopo quanto era successo. Arrivati di fronte alle rovine, la sua preoccupazione fu sostituita da una certa eccitazione. Lì dentro poteva esserci la chiave per una svolta nelle loro ricerche!

Attese che Liepmann e il capitano allargassero l'apertura, per seguire il gruppo nella struttura. È meravigliosa. Sussurrò, osservando per qualche istante la visione davanti a lei per poi avvicinarsi ad una delle pareti ed illuminare con la torcia le sue iscrizioni. I simboli erano gli stessi ma ciò non significava necessariamente qualcosa. Haruka percorse l'intera parete, decidendo per prima cosa di osservare l'intera composizione: come si ripetevano i simboli, e la loro posizione rispetto ad elementi architettonici come colonne o pannelli del computer. Non parrebbe un motivo decorativo. Constatò infine. Ci sono degli elementi che si ripetono, certo, ma non quanto in una decorazione geometrica. Le iscrizioni sono posizionate in modo da essere ben visibili, e non sono presenti in punti dove altri elementi architettonici potrebbero comprometterne la leggibilità. Era un linguaggio, quindi? Haruka propendeva per un sì, ma avrebbero avuto bisogno di altro per accertarsene. Siamo in grado di riattivare i computer? Domandò, preferendo lasciare che fosse qualche collega più esperto a toccarli per primo. Lei era un ufficiale A&A, non un ingegnere o un tecnico informatico.
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#33

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James T. Kirk Umano

Non appena entrarono all'interno della struttura, l'entusiasmo dei ricercatori invase la stanza, tanto che Jim cominciò a sentirsi quasi di troppo: non si intendeva molto di linguistica, né di archeologia. Gli era evidente che quello fosse un ritrovamento importante, ma apprezzarne a pieno le ragioni ed i dettagli non rientrava nella sua formazione. Oltretutto aveva già dato un'occhiata a quella struttura la mattina stessa e per lui la cosa aveva perso parte del fascino della novità, così mentre i tre disponevano i propri strumenti, il capitano si limitò ad illuminare distrattamente le pareti mentre seguiva i discorsi dei tre. Ora che glielo facevano notare, in effetti la disposizione dei simboli era curiosa, quasi fosse un messaggio più che una decorazione.

Se solo avessimo una chiave di lettura, forse potremmo comprendere la funzione di questa struttura rispose Davies, in tono vagamente frustrato. Si trattava sicuramente di una civiltà avanzata, questi hanno tutta l'aria di essere dei computer… come è possibile che siano scomparsi senza lasciare traccia se non qualche artefatto, se disponevano di avanzati sistemi informatici? chiese, forse a se stesso, forse ai colleghi. Non sarebbe la prima civiltà altamente tecnologica a scomparire lasciando poche se non nessuna traccia… se non sbaglio è stata proprio l'Enterprise a rinvenire tracce dei costruttori dell'obelisco su Amerind si intromise Liepmann, alzando brevemente lo sguardo dall'analizzatore che stava tarando.

Sì, dev'essere stato due o tre anni fa... ero nella squadra di sbarco confermò Jim trattenendo un sorriso mentre realizzava che negli anni una persona normale avrebbe imparato a tenere le mani lontane dalle tecnologie aliene sconosciute eppure, proprio mentre Haruka chiedeva se fossero in grado di riattivare i computer, stava tastando una delle console in cerca di un pulsante di avvio o un'apertura che gli consentisse di dare un'occhiata all'interno. Per attivarlo dovrei capire come funziona. Non vedo sensori... è possibile che vada attivato manualmente, ma non ci sono pulsanti e non rilevo fonti di energia. Vedete qualcosa che somigli ad un pannello di accesso? si informò, continuando a seguire il profilo della console finché incontrò una specie di interruttore Forse ho qualcosa...! annunciò, facendo scattare la leva. Subito un sibilo attraversò la stanza ed una crepa si aprì nella parete.

Per una frazione di secondo, Jim contemplò l'idea di ordinare a tutti di uscire, ma subito il sibilo si fermò. Credo sia una porta valutò il capitano, studiando il profilo curiosamente regolare della crepa che si era aperta nella parete mentre scansionava l'aria con il tricorder per accertarsi che fosse ancora respirabile. Potrebbe esserci un'altra stanza, forse da lì è possibile avviare i computer ipotizzò, posando il tricorder su una delle console. Abe, mi passerebbe quel treppiede? chiese con l'intenzione di utilizzarlo come leva per forzare l'apertura.
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#34

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Haruka Abe Umana

Haruka comprendeva pienamente la frustrazione di Davies. Se solo avessero avuto tra le mani una chiave di lettura, qualcosa di equivalente a quello che la Stele di Rosetta era stata per la lingua egizia, avrebbero potuto risolvere il mistero davanti a loro. La presenza di computer era però promettente. Molto. Non solo forniva loro un indizio sul livello di tecnologia della civiltà che stavano studiando, ma era possibile che al loro interno ci fosse qualcosa in grado di aiutarli: video o audio che fornissero loro esempi della lingua parlata o, se fossero stati fortunati, un qualche sistema di traduzione in una lingua a loro familiare. Se l'analisi dei simboli non poteva fornire loro ulteriori indizi, forse valeva la pena concentrarsi sui computer.

Il problema era: avevano con loro qualcuno di esperto in archeologia della tecnologia? Il capitano stava cercando di attivare uno dei terminali, ma Haruka non aveva idea se potesse essere una buona idea toccarli senza fare prima analisi approfondite. Non sarebbe meglio... Iniziò a dire ma, prima che potesse completare la frase, il capitano fece scattare una leva e un sibilo attraversò la stanza. La giapponese trattenne il respiro, sopraffatta da una sensazione di calamità incombente. La fine del mondo che temeva però non avvenne: la struttura resse e non scattò alcuna trappola. L'unico cambiamento fu l'apertura parziale di una porta nascosta. Si era aperta solo di uno spiraglio ma, ora che sapevano della sua esistenza, non sarebbe stato difficile forzarla.

La preoccupazione sostituita dalla curiosità, Haruka si affrettò a recuperare il treppiede richiesto dal capitano. Non era esattamente pensato per essere usato come leva, ma fece il suo lavoro. Una volta che il varco fu sufficientemente largo per poter passare, il treppiede era diventato inutilizzabile. Visto com'era ridotto, Haruka immaginava che sarebbe finito direttamente nel sistema di riciclaggio della nave. Sarebbe stato più rapido replicarne uno analogo che tentare di ripararlo.

Al di là del varco, l'ambiente era buio. Haruka provò ad illuminarlo con la torcia, rendendo visibili quelli che sembravano alti parallelepipedi in metallo. Erano posti in maniera regolare appena al di là della porta, ai due lati di un passaggio delimitato da piastrelle di colore più chiaro. Sono... monoliti? Si ritrovò a dire, pensierosa, mentre la sua mente cercava collegamenti utili. Che avessero un qualche valore religioso? Si avvicinò ad uno di essi, attenta a non toccarlo, e scoprì che la sua superficie era riflettente. Non quanto uno specchio, ma abbastanza per permetterle di vedersi.

Mi son limitata a descrivere l'area più vicina alla porta in modo da lasciarti libertà di aggiungere. La mia idea sui monoliti è che siano una specie di archivio dati (culturale, magari). Al momento sono spenti in quanto il sistema di alimentazione è da riavviare o roba simile ma, una volta accesi, reagiranno a suoni e rumori (nostro input per capire che gli alieni comunicano per via musicale) con... boh, immagini, suoni o riproduzioni olografiche. Ma sentiti libera di modificare la mia idea, soprattutto se non fosse compatibile con quello che avevi in mente.
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#35

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James T. Kirk Umano

Non appena era riuscito ad allargare di qualche decina di centimetri l'apertura, Jim si era infilato tra i due battenti e puntellata la schiena contro uno di essi, si era messo a spingere l'altro con i piedi... e un piccolo aiuto da parte di Liepmann. Ok, così dovrebbe andare annunciò il capitano, abbandonando la sua posizione appollaiata tra i due battenti per tornare a recuperare il tricorder. Lasciate entrare prima me suggerì, forse in un eccesso di prudenza, mentre puntava la propria torcia verso la nuova stanza. Subito altri tre fasci di luce si unirono al suo, illuminando a giorno le pareti mentre gli studiosi cercavano di cogliere ogni dettaglio: gli alti parallelepipedi accanto alla porta, il grande obelisco al centro della sala, le decorazioni che raggiungevano il soffitto e le grandi superfici riflettenti davano a quella sala un'aria mistica.

Ehi! Avete visto? chiese Davies, indicando il monolite accanto al capitano. Jim si voltò per seguire il suo sguardo con fare interrogativo. Visto cosa? si informò perplesso. Mi presti il tricorder! disse lo studioso senza nemmeno osservarlo, lo sguardo concentrato sul parallelepipedo. Jim gli rivolse un'occhiata interrogativa mentre gli consegnava lo strumento, aspettando di lì a breve di ricevere delucidazioni in merito. Davies prese il tricorder e lo avvicinò a uno dei monoliti, lo allontanò, poi tornò ad avvicinarlo nuovamente tra gli sguardi incerti degli altri. Quando parlò di nuovo, c'era una sfumatura delusa nella sua voce: Sono sicuro che per un momento si fosse mosso qualcosa... disse, provando una terza volta e poi ancora, senza ottenere alcun risultato.

Jim lanciò un'occhiata attorno forse era il riflesso di Abe suggerì riappropriandosi del tricorder per lanciare una nuova scansione e fu allora che, come aveva fatto notare Davies, qualcosa sfarfallò per una frazione di secondo. Avete visto? volle accertarsi il ricercatore. Sì, stavolta l'ho visto anch'io confermò Jim, voltandosi per cercare Haruka con lo sguardo ed accertarsi che non fosse il suo riflesso. Abbiamo un polarizzatore dinamico in laboratorio, me lo faccio mandare si intromise il capo archeologo, raggiungendo il proprio comunicatore Liepmann a laboratorio sei... chiamò, senza ottenere risposta.

L'espressione dell'archeologo si fece seccata L'edificio deve essere schermato, esco un momento avvertì per poi avviarsi in direzione dell'apertura che conduceva all'esterno. Doveva aver appena raggiunto la radura attorno all'edificio, quando si sentì un tonfo sordo, come se qualcosa si fosse abbattuto sul terreno coperto di sterpaglie. Liepmann, tutto bene? chiamò Jim, interrompendo un istante il proprio lavoro per ascoltare la risposta, ma questa non arrivò. Liepmann? provò di nuovo, prima di decidersi ad andare a controllare.

Il capitano aveva mosso forse non più di un paio di passi fuori dall'apertura quando notò il corpo di Liepmann steso a terra. Più avanti, ad una cinquantina di metri verso est, l'uniforme rossa di quello che avrebbe potuto essere Morozov risaltava tra i cespugli. Jim imprecò mentalmente, tornando rapidamente sui propri passi. Nell'esatto istante in cui si mosse nuovamente verso l'apertura, qualcosa sibilò accanto a lui, scomparendo tra i cespugli. D'istinto il capitano cercò riparo all'interno, mentre una raffica di proiettili fischiava tutt'attorno. Il suo rientro repentino e l'espressione scossa avevano allertato Davies che era uscito dalla seconda stanza per andare a controllare che succede? si informò l'uomo.

Un... ehm... piccolo contrattempo... rispose Jim, cercando di non allarmare il ricercatore. Kirk a Enterprise... chiamò, sperando che la sua posizione sulla soglia gli consentisse di far arrivare il segnale alla nave, ma quella non doveva essere la sua giornata fortunata. Liepmann e Morozov erano a terra e, improvvisamente, l'incidente di Izar sembrava assumere tutt'altro significato. Abe! Davies! Controllate se ci sono altre porte! chiese mentre estraeva il phaser. Nel frattempo, all'esterno, era improvvisamente calato un preoccupante silenzio...

Vedi se vuoi trovare una porta o meno, ho un intero alfabeto di piani alternativi xP
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#36

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Haruka Abe Umana

All'esclamazione di Davies, Haruka interruppe un momento la sua osservazione del monolite per voltarsi verso di lui. A quello stadio, qualsiasi osservazione poteva rivelarsi un indizio prezioso. Era possibile che quanto il collega aveva notato fosse stato il riflesso di qualcuno o un gioco di luce, ma valeva la pena controllare. Stavi facendo qualcosa di particolare quando è successo? Domandò, mentre si spostava di qualche passo per non rischiare di invalidare l'esperimento col suo riflesso o con la luce della sua torcia. Non semplice, considerando che erano praticamente circondati da monoliti semi-riflettenti, ma si sarebbero accontentati. Riportata l'attenzione sul suo monolite, Haruka estrasse il tricorder e fece partire un'analisi dopo l'altra. Il suo scopo era duplice: da una parte voleva scoprire di che materiale era fatto, dall'altra voleva vedere se riusciva a farlo reagire in qualche modo. Il monolite non aveva ancora dato alcun segno di vita quando l'Avete visto? di Davies e la conferma del capitano riportarono la sua attenzione sul resto del gruppo. Se l'era perso. Era successo di nuovo e lei se l'era perso. Sospirò e, mentre Liepmann si dirigeva verso l'uscita per contattare la nave, riprese le sue analisi. Se era successo due volte, poteva accadere una terza. Doveva solo capire da cosa quella reazione venisse scatenata.

Concentrata com'era sul monolite, non si accorse che qualcosa non andava fino a quando iniziarono gli spari. Cosa sta...!? Cominciò a domandare, prima che l'ordine del capitano la interrompesse. Quello che stava succedendo era evidente: erano sotto attacco e bloccati in un edificio schermato. Se non fossero riusciti a trovare una seconda uscita, le cose si sarebbero messe male. Sia per loro che per la meraviglia archeologica che li circondava. Chiunque fosse il loro attaccante, non aveva pensato ai danni che avrebbe arrecato alle rovine? Haruka poteva non essere un'archeologa, ma aveva una gran voglia di prenderlo a schiaffi.

Infilandosi tra i monoliti, l'antropologa raggiunse la parete e cominciò a percorrere il perimetro della stanza. Il cuore a mille, fece partire una scansione della superficie dopo l'altra... inizialmente senza risultati, poi finalmente il bip del tricorder giunse come un'ancora di salvezza. Credo di aver trovato qualcosa! Esclamò. C'era una porta nascosta davanti a lei, ne era certa. Il problema era capire come aprirla. Se considerava come il capitano aveva aperto la prima, doveva esserci una piccola leva nascosta da qualche parte. Non vedeva terminali del computer, ma c'era un'altra serie di scritte e... una decorazione in basso rilievo che raffigurava uno di quei serpenti dalle protuberanze simili a foglie che abitavano il pianeta. Che abbia un qualche significato nella cultura nativa? Si ritrovò a domandarsi, prima che una nuova raffica di spari riportasse la sua attenzione sull'emergenza in corso. La porta. Doveva aprire la porta.

E allora la vide. La bocca del serpente era spalancata e la leva era lì, camuffata come uno dei suoi denti. La fece scattare e la porta davanti a lei si aprì con un forte cigolio. Diversamente dalla prima si aprì completamente, senza fatica, ma ciò che scoprì al di là di essa non fu la foresta né una nuova stanza. Haruka imprecò. Ho trovato una scala. Gridò per avvertire i colleghi. Non credo sia un'uscita, però. Porta verso il basso.
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#37

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James T. Kirk Umano

Jim considerò rapidamente la nuova opzione: quella scala poteva portare verso un tunnel sotterraneo e magari ad un'uscita situata altrove, ma anche dimostrarsi una strada senza uscita che li avrebbe intrappolati nelle profondità dell'edificio, con diversi metri di terra sopra la testa che sarebbero andati ad aggiungersi alla schermatura dell'edificio rendendo, se possibile, ancora più improbabile l'idea di potersene andare di lì senza un aiuto esterno. D'altra parte prima o poi il fatto di non ricevere comunicazioni avrebbe fatto preoccupare qualcuno sull'Enterprise e sarebbero certamente venuti a cercarli. La sparizione di una squadra prevedeva una lunga serie di precauzioni e Spock sarebbe stato particolarmente prudente nel cercare di raggiungerli. Aspettare era forse la decisione più prudente, ma non necessariamente la migliore: Morozov e Liepmann erano a terra in campo nemico. Probabilmente ancora vivi, ma chi avrebbe potuto dire ancora per quanto?

Non li lascio là fuori... annunciò Jim, dando voce ai propri pensieri. Il vero problema era attraversare la radura. Se solo fosse riuscito a raggiungere il grande albero nodoso avrebbe avuto una discreta protezione da cui poter chiamare la nave e da lì a ribaltare le sorti dello scontro il passo sarebbe stato breve. Ma se voleva arrivare al bosco aveva bisogno di distrarre i tiratori nemici il tempo necessario a raggiungere la posizione e non c'era molto che avesse a disposizione: la strumentazione aliena non sembrava funzionare e a loro era rimasto poco più che qualche tricorder. Lo zaino che avevano utilizzato per trasportare la strumentazione era rigido e, in mancanza di una migliore protezione, sarebbe forse riuscito a risparmiargli qualche proiettile, ma non appena avesse lasciato la struttura, sarebbe stato bersagliato da ogni direzione.

Abe! Mi serve il suo aiuto! chiamò, posando il phaser sulla console accanto a sé, mentre armeggiava con uno dei tricorder per estrarne la cella di alimentazione ok, questo è il piano... annunciò depositando anche la cella di alimentazione mentre raggiungeva lo zaino abbandonato in un angolo della stanza per strapparlo a metà con il coltellino da campo, in modo da poterlo utilizzare come un improvvisato giubbotto anti-proiettile. Cercherò di raggiungere il bosco, ma ho bisogno che mi faccia del fuoco di copertura disse, indicandole il phaser che aveva appoggiato sulla console. All'altezza di quel cumulo di terra, farò cadere la cella di alimentazione del tricorder. Se riesce a colpirla, la sabbia sollevata dall'esplosione dovrebbe consentirmi di raggiungere l'altro lato della radura senza che riescano a vedermi spiegò, sapendo che quel piano richiedeva un buona dose di fortuna per funzionare… ma visto che in passato non gli era mai mancata, non aveva motivo di ritenere che questa volta le cose sarebbero andate diversamente.

Se riuscirò a raggiungere un riparo chiamerò i rinforzi e risolveremo questa situazione in pochi minuti. Se qualcosa dovesse andare storto… chiudetevi nella struttura. Non appena a bordo si accorgeranno di non riuscire a contattarci, il comandante Spock manderà comunque una squadra a cercarvi. rassicurò i due. Mi dica quando è pronta. aggiunse, deciso a non darle il tempo di ricordarsi che aveva difficoltà persino a centrare un bersaglio grande il doppio di quella cella energetica o che la sola idea di tenere in mano un'arma tendeva a farla star male. Davies, d'altra parte, non aveva seguito l'addestramento militare della Flotta Stellare e non sarebbe stato una scelta migliore. Se volevano che quel piano funzionasse, Haruka doveva fare la sua parte.

Se ti riesce cerca di non colpire me >_<' *totale fiducia nelle capacità di Haruka dopo averla vista combattere*
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#38

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Haruka Abe Umana

C'era la possibilità, seppur minima, che quella scala li avrebbe portati in salvo. Tentare di scenderla avrebbe potuto avere senso ma era anche un rischio che non potevano permettersi di correre. Per quanto ne sapevano, quella non era un'uscita di emergenza ma portava al sistema di alimentazione delle rovine o a qualcosa del genere. In tal caso si sarebbero ritrovati bloccati nell'edificio, senza possibilità di fuga. No, l'opzione del capitano era l'unica possibile. O quasi l'unica. Non sarebbe meglio attendere i rinforzi? Domandò Haruka, mentre si avvicinava con cautela all'ingresso e quindi al capitano, attenta a non rendersi un bersaglio. L'Enterprise non sa che siamo sotto attacco ma c'è una buona probabilità che Izar non sia caduto ma sia stato stordito. Appena McCoy se ne renderà conto... Haruka si interruppe. C'erano troppi "se" nel suo discorso. Non potevano sapere con certezza che Izar fosse stato stordito dal nemico: per quanto inusuale, una caduta era possibile. Poteva anche essere stato punto da qualche insetto. Tra l'altro, non era nemmeno detto che sarebbero riusciti a resistere il tempo necessario perché McCoy si rendesse conto della situazione e Spock mandasse i rinforzi. Dei loro addetti alla sicurezza, uno era in infermeria e l'altro era steso a terra appena lì fuori. In grado di combattere c'erano solo Kirk e lei. O forse solo Kirk, considerando che lei non era esattamente una tiratrice provetta.

Non importa, mi ha convinto. Facciamolo. Decise infine, per quanto dentro di sé stesse morendo. Se c'era qualcosa che odiava del suo lavoro, era trovarsi in situazioni come quella. Appena fosse uscito, la vita del capitano sarebbe stata nelle sue mani. Se lei non fosse riuscita a centrare la cella di alimentazione, non osava nemmeno pensare a cosa gli sarebbe successo. Cercando di non pensarci troppo, Haruka si posizionò ed estrasse il phaser. Poteva non essere una combattente ma era stata addestrata per quello: ce l'avrebbe fatta. Doveva solo crederci. Trasse alcuni profondi respiri, nel tentativo di calmarsi, e controllò di avere a tiro tutti i punti necessari: la zona da dove provenivano gli spari, l'area che avrebbe attraversato Kirk e il cumulo di terra. Sono pronta.

Si pentì di quelle sue parole appena Kirk lasciò il suo riparo. Il fuoco di copertura non fu un problema ma, quando Kirk raggiunse il cumulo di terra e lasciò cadere la cella di alimentazione del tricorder, Haruka era un fascio di nervi. Continuò col fuoco di copertura fino a quando il capitano non fu più all'interno di quello che sarebbe stato il raggio d'azione dell'esplosione, poi fece fuoco sulla cella di alimentazione. Mancandola. Un'imprecazione le sfuggì dalle labbra. Fece fuoco di nuovo ma, ancora una volta, non ci fu alcuna esplosione. Non ce la farò mai. Fu l'assurdo pensiero che attraversò la sua mente, ma Haruka si costrinse a riscuotersi. No, non poteva permettersi di pensarla così. Ce l'avrebbe fatta, punto. Non aveva altra scelta.

Con la coda dell'occhio notò dei movimenti tra la vegetazione mentre faceva fuoco per una terza volta. Che il nemico avesse capito cosa stava cercando di fare? Non ebbe il tempo di scoprirlo, perché subito dopo aver premuto il grilletto ci fu il boato di un'esplosione e si alzò una nuvola di sabbia. Ce l'aveva fatta. Non ci poteva quasi credere, ma aveva colpito quella dannatissima cella di alimentazione!
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#39

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James T. Kirk Umano

Nonostante la determinazione nelle parole di Haruka, il suo tono di voce sembrava suggerire l'esatto contrario. Ehi! la richiamò bonariamente Jim si fidi di me, ne usciremo vivi promise ho affrontato situazioni molto peggiori di questa, stavolta direi che abbiamo un buon 70% di probabilità che fili tutto liscio disse, esagerando di proposito quella stima, ma non tanto perché Haruka potesse ritenerla assurda. In fondo doveva solo riuscire a superare una trentina di metri allo scoperto, praticamente un'inezia al confronto di assaltare senza supporto una base di ricerca romulana o sfuggire ad un inseguimento di giganti alieni. Cosa mai sarebbe potuto andare storto? Quando Haruka diede il proprio benestare Jim annuì allora io vado. Tre… due… uno... contò per poi tuffarsi all'esterno.

I colpi di proiettile non si fecero attendere, ma Jim era già riuscito a guadagnare almeno tre o quattro metri prima che qualcosa impattasse con il suo improvvisato giubbotto antiproiettile. Un altro metro e lasciò cadere la cella, poi cambiò bruscamente direzione e poi di nuovo, tentando di confondere il più possibile i suoi assalitori. Tecnicamente la cella avrebbe già dovuto esplodere, ma qualcosa sembrava essere andato storto. Un proiettile gli sibilò accanto all'orecchio, tanto vicino che, se si fosse solo voltato in quel preciso istante, lo avrebbe probabilmente centrato sul naso. Il capitano vide un piccolo masso di fronte a sé, sul quale era spuntato un arbusto, e vi si gettò dietro, utilizzandolo come protezione.

In quel momento la cella esplose, oscurando la radura con una nube di polvere e, rapido, Jim riprese la sua corsa verso il bosco. Qualcuno gridò qualcosa in un linguaggio incomprensibile, ci furono altri colpi concitati, poi il silenzio.

Jim si concesse qualche istante per riprendere il fiato, finalmente al sicuro dall'altra parte della radura. Da quella posizione non poteva vedere Davies e Haruka e non aveva modo di contattarli per comunicare che era riuscito a portare a termine almeno la prima parte del piano, così decide di non perdersi in ulteriori indugi ed estrasse il comunicatore. Kirk a Enterprise, codice 39. Mi serve un phaser e richiedo supporto. tagliò corto. Ricevuto rispose immediatamente la voce di Spock e pochi istanti dopo un phaser si materializzò accanto al capitano. Un'altra manciata di secondi e un'intera squadra nelle uniformi rosse della sicurezza, apparve tra gli alberi, già in posizione per aprire il fuoco.

A poco poterono le primitive armi degli assalitori contro una squadra bene organizzata e, ben presto, i colpi cessarono. Mettete in sicurezza l'area! ordinò la voce del tenente-comandante Zorith mentre verificava personalmente che non ci fossero forme di vita aliene ancora in movimento. Jim abbassò il phaser, abbandonando il proprio riparo per tornare verso l'edificio. Tutto a posto qui dentro? volle accertarsi, cercando Davies e Haruka con lo sguardo. Capitano, cosa facciamo con gli alieni? lo interruppe Zorith. Jim ritornò verso l'esterno. Morozov e Liepmann erano stati teletrasportati a bordo e degli umanoidi vestiti di stracci erano distesi a terra uno accanto all'altro, storditi. Il loro aspetto non ricordava alcuna specie che Jim conoscesse ed era probabilmente la ragione per cui nemmeno i tricorder erano riusciti a distinguerli dalla fauna locale.

Le avevo promesso che le avrei dato una mano con le sue ricerche... scherzò Jim in direzione di Haruka, indicando con un cenno della testa gli umanoidi a terra. Guardi qui: ha idea di che specie sia? chiese, accucciandosi accanto ad uno di essi per osservarlo meglio.

La mia idea è che gli alieni siano arrivati sul pianeta qualche generazione fa con una nave che però è andata distrutta in orbita (le anomalie gravitazionali rilevate dall'Ent erano quello che rimane della nave madre e la sonda è andata distrutta perché si è schiantata con uno dei frammenti in orbita). I tizi che ci hanno aggrediti sono arrivati sul pianeta decenni prima con un guscio di salvataggio e sono rimasti bloccati lì. Con il tempo si sono inselvatichiti e ci hanno aggrediti perché li abbiamo spaventati, ma non sono cattivi (così spiega perché nella role seguente consideriamo il pianeta un posto sicuro), dobbiamo solo riuscire a parlarci e capirci.
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#40

It is worthwhile studying other peoples, because every understanding of another culture is an experiment with our own.

Haruka Abe Umana

L'entusiasmo di Haruka scemò rapidamente. Era riuscita a far esplodere la cella di alimentazione, ma ciò non significava necessariamente che l'operazione fosse andata a buon fine. Dalla sua posizione non riusciva a vedere Kirk e, a causa della schermatura, non aveva modo di contattarlo. La giapponese voleva rimanere ottimista ma, in un'azione azzardata come quella, erano tante le cose che potevano andare male. 70% di possibilità un corno. Sussurrò tra sé e sé, arrabbiata con sé stessa per essersi fatta convincere così facilmente. Ne avevano parlato proprio prima di pranzo, di quanto fosse importante avere qualcuno a fermarli quando stavano per buttarsi nel pericolo senza necessità. Avrebbe dovuto fare le veci di Spock e fermare il capitano, al posto di supportarlo in quella pazzia!

Fu solo quando sprazzi di un famigliare rosso spiccarono tra la vegetazione che Haruka osò rilassarsi. Erano in salvo, l'Enterprise aveva mandato una squadra. Rimase in allerta sulla soglia, osservando i colleghi mettere in sicurezza l'area. Solo quando gli aggressori furono a terra e Kirk la raggiunse, Haruka finalmente ritirò il suo phaser. Qui tutto a posto, Confermò. ma ha rischiato di farmi prendere un colpo, capitano. Per un attimo, ho temuto il peggio. Le operazioni "alla Kirk" non facevano per lei. Alla fine tutto era andato per il meglio, ma continuava a pensare che l'uomo avesse corso un rischio eccessivo. Come stanno Liepmann e Morozov?

Le successive parole del capitano fecero spuntare un sorriso sul suo volto. Se c'era qualcosa che poteva farle dimenticare rapidamente lo spavento preso, era la promessa di una ricerca antropologica. Haruka seguì Kirk fino agli alieni, accucciandosi anche lei per osservarli meglio. Erano umanoidi ma ogni similitudine con le specie che conosceva finiva lì. La loro testa ricordava nella forma quella di un pesce: grandi occhi ai due lati, cresta simile a pinne, e quelle che sembravano branchie atrofizzate sul retro. La loro pelle era bluastra e in alcuni punti ricoperta da fini scaglie. Sembrerebbe una specie anfibia che si è abituata a vivere sulla terraferma. Rispose. Haruka era decisamente incuriosita: come era finita una comunità anfibia in quella foresta? Non sembrava essere l'habitat adatto a loro. Non so riconoscerne la specie, ma consiglio un controllo sul database per sicurezza. Haruka non conosceva tutte le specie che la Federazione aveva incontrato fino a quel momento. Dubitava che quella specifica specie si trovasse sul database, ma non poteva esserne certa al 100%.

Mi sono ispirata agli Antediani, che sono una delle specie di Star Trek che reputo più particolari. Se volessimo, potrebbero essere proprio loro discendenti: negli anni 2360 sono pochi ad averli incontrati, nella nostra epoca saranno sconosciuti. Il loro pianeta natale è nel quadrante Alpha o Beta, quindi sarebbe fattibile.  Thinking
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